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Centinaia di scavatrici sono state schierate in un’isola dell’Indonesia, come un plotone d’esecuzione. Il loro obiettivo è dare esecuzione al più grande progetto di deforestazione in corso attualmente nel mondo. Un’area semplicemente gigantesca, che si estende per una superficie pari a 112 volte quella di Washington, capitale degli Stati Uniti, Washington, sarà infatti disboscata.
“Così risolviamo le crisi alimentari e climatiche”
La sorprendente iniziativa è stata avviata nella provincia di Papua, situata sull’isola oceanica indonesiana della Nuova Guinea (l’altra parte del territorio, a Est, è posseduta dallo stato della Papua Nuova Guinea). Una zona considerata incontaminata – lontana dai grandi centri abitati come Giacarta – e che non a caso ospita alcune tra le ultime grandi foreste tropicali della macro-regione Asia-Pacifico, ricchissima di biodiversità. Ciò nonostante il governo – d’accordo con un gruppo di imprese private, tra le quali figurano nomi noti come Danone, Barry Callebaut, Mondalez e Kellogg – ha deciso di abbattere gli alberi per far spazio a coltivazioni di riso e canna da zucchero.
Quest’ultima sarà almeno in parte destinate alla produzione di biocarburanti. Assieme al riso, il governo assicura che si potranno “risolvere le crisi alimentari e climatiche mondiali”. Inoltre, l’Indonesia, che ad oggi è il primo importatore mondiale di zucchero, punta a diventare autosufficiente entro il 2027.
Per le ong il progetto causerà emissioni per un miliardo di tonnellate di CO2
Motivazioni che non sono apparse convincenti agli occhi delle organizzazioni non governative ecologiste indonesiane: “Si tratta di una pessima notizia, perché questo progetto mette a rischio gli obiettivi climatici dell’Indonesia, azzerando gli sforzi condotti negli ultimi cinque anni per ridurre la deforestazione legata alle produzioni di olio di palma, caucciù e carta”, ha spiegato al quotidiano francese Novethic Amanda Hurowitz, responsabile dell’aria Asia presso Mighty Earth. Secondo le associazioni, l’esecuzione del progetto potrebbe provocare la dispersione nell’atmosfera di circa un miliardo di tonnellate di CO2.
L’Indonesia ha già perso circa il 25 per cento delle proprie aree forestali dal 1990, e l’obiettivo è stato sempre di far spazio a colture (soprattutto olio di palma) o progetti minerari. Si tratta di dati inquietanti, tenuto conto che la foresta della nazione asiatica è considerata il terzo “polmone” della Terra, dopo Amazzonia e bacino del Congo.