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È tra i settori più inquinanti in assoluto, insostenibile in molti sensi, ambientale e sociale. Dallo smaltimento della sovrapproduzione alle condizioni di lavoro nelle fabbriche di confezionamento, dall’inquinamento causato dagli stabilimenti al consumo di acqua, la moda ha molte sfaccettature ambigue. Soprattutto quando parliamo della fast fashion, caratterizzata da qualità bassa e prezzi bassi perché i veri costi vengono riversati sull’ambiente e sui lavoratori. Per diminuire l’impatto e migliorare la sostenibilità del settore, la tecnologia è un potente alleato e un approccio che abbracci innovazione e ricerca può portare buoni risultati.
Come nel caso di Creazioni digitali, azienda del distretto comasco specializzata nella stampa tessile digitale che utilizza, unica in Italia, le tecnologie innovative della multinazionale israeliana Kornit digital: le due imprese hanno unito le rispettive competenze e hanno stretto una partnership per favorire la transizione verso un settore tessile più sostenibile.
I nuovi macchinari permettono infatti di migliorare due aspetti fondamentalmente: da una parte riducono il consumo di acqua necessaria per la stampa dei tessuti e dall’altra accorciano la filiera, concentrando diversi passaggi nello stesso luogo, all’interno della stesso strumento.
Meno acqua e più efficienza nel processo di stampa
I numeri divulgati dai laboratori di ricerca della multinazionale sono sbalorditivi: una stampa water smart, che riduce il consumo di acqua quasi a zero, permetterebbe di risparmiare cinquemila litri di acqua per ogni mille metri lineari di tessuto rispetto ai processi di stampa digitale standard. Se si considerano le quantità enormi del settore della moda è chiaro che il vantaggio a livello ambientale sia molto elevato.
Questo risparmio si traduce anche in termini economici, come ha potuto provare in prima persona Roberto Lucini, amministratore delegato di Creazioni digitali. Un’azienda che stampa, infatti, non solo deve sostenere il costo dell’acqua consumata, ma anche quello della depurazione dei reflui di scarico che, normalmente, incide in modo ancora più consistente sul processo produttivo. Ma se non c’è acqua, questo costo non deve essere sostenuto.
On demand: snellire la filiera del tessile a livello globale
La nuova tecnologia permette di concentrare in un’unica macchina diversi passaggi del processo di stampa, senza disperdere energie o consumare risorse inviando il tessuto in luoghi diversi per essere lavorato. In questo modo la logistica viene alleggerita e si producono anche meno emissioni.
Questa semplificazione permette una maggiore efficienza e redditività anche sulle piccole quantità e per questo apre a potenzialità legate al modello di produzione e di acquisto. In questo modo, assecondando le tendenze del settore, si sta andando sempre più rapidamente verso una moda on demand che sia allo stesso tempo anche sostenibile economicamente e produttivamente.
La filiera che stiamo sperimentando oggi, infatti, è lunga e presenta molte rigidità, soprattutto quando contempla la delocalizzazione di determinati processi in paesi terzi. Grazie alle innovazioni che si stanno affacciando sul mercato, invece, sarà sempre meno necessario spostare la produzione negli stati dove le normative ambientali sono più lasche e il costo della manodopera è più basso, così come le garanzie offerte ai lavoratori. In queste nazioni si abbattono i costi attraverso le economie di scala, che si traducono in enormi quantità di prodotto riversato sui mercati occidentali, attraverso trasporti intercontinentali che incidono a loro volta sull’impronta di carbonio di abiti che rischiano di non essere mai indossati. Si stima infatti che il 30 per cento della produzione a magazzino rimanga invenduta e finisca in discarica o bruciata.
Pionieri di nuovi modelli di produzione
Velocizzando il processo produttivo si accorcia anche il tempo tra la progettazione del capo e il momento dell’acquisto, e si avvicinano idealmente stilisti e consumatori. È proprio questo nuovo modello di business e di filiera che permette a Differently enabled, una startup inglese, di produrre su misura abiti per portatori di disabilità a prezzi accessibili un tempo impensabili. Secondo il fondatore Craig Crawford, ognuno deve avere il diritto di relazionarsi con la moda ed esprimersi attraverso di essa, perché vestirsi bene fa sentire bene.
Le potenzialità della moda in piccoli numeri ha convinto anche Joshua Scacheri a produrre le collezioni di Love hero, il suo brand di abbigliamento environmentally conscious, proprio in Italia sugli impianti di Creazioni digitali. “Vogliamo essere sicuri di avere il minimo impatto sul nostro pianeta, pertanto vogliamo produrre vicino a casa. Abbiamo sede a Londra e la migliore opzione per noi è produrre qui in Italia”, spiega Scacheri.
CreoCenter per la sperimentazione nel distretto comasco
Per facilitare la transizione verso questo nuovo modello, Creazioni digitali ha realizzato CreoCenter, un centro di ricerca all’interno dei propri spazi a Lurate Caccivio (Co) dove giovani e startup possono sperimentare nuovi processi utilizzando le nuove tecnologie water smart a stampa digitale, effettuare campionature ma anche piccole e grandi produzioni. Per accedere al centro gli interessati possono rivolgersi all’azienda e presentare il proprio progetto. Sono le nuove generazioni le vere protagoniste di questa iniziativa, perché i giovani di oggi saranno i decisori e gli stilisti del futuro, e perché è a loro che sarà lasciato un mondo, si spera, un po’ più pulito.
Tendenze, tradizione e nuove generazioni
Il settore oggi è agile e veloce, le mode cambiano rapidamente e i consumatori vogliono esprimere la propria personalità anche attraverso la scelta dell’abbigliamento che indossano. Senza dimenticare però che proprio dai giovani arrivano le richieste di una moda che abbia una responsabilità ambientale e sociale, che sia equa e supportata da una narrativa ricca di significato. Con una produzione più mirata, quindi, è possibile liberare la creatività pur rimanendo nel solco della sostenibilità, abbreviare i tempi di produzione e aumentare la flessibilità per adattarsi meglio alle necessità del mercato. E, soprattutto, produrre per quanto possibile solo il necessario, così che qualcuno indossi i capi prodotti e non rimangano su uno scaffale, invenduti e poi smaltiti con alti costi sociali e ambientali.