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- Il governo australiano ha introdotto il divieto di estrarre uranio dall’area protetta di Jabiluka.
- Si tratta di una vittoria per gli aborigeni, che considerano questo luogo sacro.
- Il provvedimento mette fine a decenni di battaglie legali.
Con una mossa senza precedenti, il ministro delle miniere australiano del Territorio del Nord, Mark Monaghan, ha stabilito un divieto permanente all’estrazione di uranio in un territorio abitato dagli aborigeni e situato ai confini del Kakadu national park. Questo vasto stato, in gran parte desertico, si estende dal nord dell’Australia fino al cuore rosso di Uluru e Alice Springs.
Il divieto si allinea a recenti provvedimenti simili, come il divieto di attraversamento delle “cascate orizzontali” di Horizontal falls e l’importante decisione di vietare l’arrampicata sul monolito di Uluru-Ayers Rock, entrambi luoghi considerati sacri dagli aborigeni, proprio come la zona di Jabiluka.
Rispetto per i desideri degli aborigeni Mirarr
Con questo provvedimento, il primo ministro Anthony Albanese ha posto l’accento sul “legame duraturo” tra la terra e le popolazioni indigene. Il giacimento di Jabiluka, uno dei più grandi depositi di uranio di alta qualità a livello globale, si trova vicino al Kakadu national park, una vasta area tropicale ricca di gole e cascate, resa celebre dal film Crocodile dundee. Il parco è anche noto per le sue lagune abitate dai giganteschi coccodrilli marini, i più grandi rettili viventi, che possono superare i sei metri di lunghezza. I confini del Kakadu saranno ampliati per includere Jabiluka, rispettando così i desideri della comunità Mirarr, che da decenni si oppone all’estrazione mineraria in quella zona.
“La comunità voleva la certezza che non ci sarebbero state estrazioni di uranio sulle loro terre”, ha dichiarato Albanese durante un discorso a Sydney, rivolgendosi ai sostenitori del Partito laburista. “Questo significa che il territorio di Jabiluka rimarrà intatto”.
Una vittoria dopo lunghe battaglie legali
Nel 2017, vicino a Jabiluka, gli archeologi hanno scoperto un’antica collezione di asce e utensili in pietra, risalenti a decine di migliaia di anni fa. Questo ritrovamento, secondo Albanese, testimonia “il profondo e duraturo legame tra gli aborigeni e gli abitanti delle isole dello Stretto di Torres con la nostra terra”. Il popolo Mirarr ha custodito queste terre per oltre 60mila anni e l’area è ricca di alcune delle più antiche opere d’arte rupestre al mondo.
Scoperto negli anni Settanta, questo giacimento è stato al centro di lunghe battaglie legali, durate decenni (celebri le manifestazioni di protesta a Sidney nel 1999), tra le comunità indigene e le compagnie minerarie, rimanendo uno dei più grandi depositi di uranio non sfruttati a livello globale. La Energy resources of Australia, una società controllata da Rio Tinto, deteneva precedentemente i diritti di sfruttamento minerario a Jabiluka: ora, la Gundjeihmi aboriginal corporation, che rappresenta i proprietari tradizionali Mirarr di Jabiluka, ha potuto mettere in atto il provvedimento, rifiutando la richiesta della Energy resources of Australia di estendere il suo contratto di concessione.
La protezione dei siti indigeni è diventata una questione centrale in Australia, soprattutto dopo che, nel 2020, la società Rio Tinto ha distrutto i rifugi rocciosi di Juukan Gorge, vecchi di 46mila anni. Nel frattempo, l’opposizione conservatrice australiana ha promesso di promuovere la costruzione di centrali nucleari in tutto il Paese se vincerà le prossime elezioni, sfidando un divieto sul nucleare in vigore da 26 anni.