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- Il numero di comunità energetiche che si occupano di questioni sociali (ad esempio la povertà energetica) stanno crescendo.
- Una buona notizia ma se il decreto ministeriale fosse arrivato prima, oggi avremo 400 comunità energetiche in più.
È ormai un dato di fatto che le comunità energetiche rinnovabili stiano diventando l’anima della transizione energetica. Energetica e sociale: dopo il decreto del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase), pubblicato a gennaio e riguardante le modalità di incentivazione per l’energia condivisa, stanno emergendo molti esempi di produzione e autoconsumo di energia elettrica da fonti rinnovabili che conseguono anche fini sociali, le cosiddette comunità energetiche rinnovabili e sociali (Cers).
Ricordiamo che cosa sono le comunità energetiche rinnovabili: sono gruppi di soggetti – persone fisiche, piccole e medie imprese, enti locali, istituti religiosi – che si associano per condividere l’energia autoprodotta da fonti rinnovabili. Il fine è quello di creare “benefici ambientali, economici o sociali”. In questo senso, le comunità energetiche vanno oltre il risparmio in bolletta (garantito dal minor prelievo di elettricità dalla rete) e si propongono come mezzi di contrasto della crisi climatica e della povertà energetica, nell’ottica di una transizione “giusta” per l’ambiente e per la coesione sociale.
Ad oggi, secondo i dati del Gestore dei servizi energetici (Gse), sono 154 i progetti di energia condivisa (tra comunità energetiche e progetti di autoconsumo, ad esempio un condominio che si alimenta con i propri pannelli fotovoltaici) realizzate nel nostro paese. Numeri importanti ma che avrebbero potuto essere molto più alti: la causa è da ricercare nei ritardi burocratici e normativi, oggi avremmo potuto contare almeno 400 comunità energetiche rinnovabili in più, come sostengono i numeri del rapporto 2024 di Legambiente sulle comunità energetiche.
Per fortuna, alcune comunità energetiche sono diventate operative ancor prima del decreto del Mase, diventando – pur tra mille difficoltà – delle storie di successo, dei casi di studio. Tra queste, è nota la Cer di Gagliano Aterno, in provincia de L’Aquila, che intreccia alla produzione di energia elettrica condivisa il ripopolamento del paese. Ci sono poi due esempi di comunità energetiche dove l’aspetto sociale è predominante, come nei casi delle Cers di Misano Adriatico, realizzata dalla società Plangreen e che mette al centro il welfare aziendale, e di Vallette di Torino che rappresenta un esempio virtuoso – e originale – in cui un istituto religioso aiuta i soggetti più fragili del territorio attraverso la produzione di elettricità da fonti rinnovabili.
La rinascita di Gagliano Aterno
La storia di Gagliano Aterno è quella di una comunità colpita dallo spopolamento che, per invertire la rotta, ha puntato (anche) sulla realizzazione di una comunità energetica. Nel 2021, in anticipo di due anni rispetto al decreto ministeriale che incentiva le comunità energetiche, il comune abruzzese ha sostenuto i costi di due impianti fotovoltaici. Il progetto, nato dal basso e sviluppato grazie allo strumento delle assemblee pubbliche, sin dall’inizio è andato ben oltre la convenienza economica, trasformandosi in un’iniziativa più ampia mirata al ripopolamento e alla tutela dei paesi delle aree interne.
Gagliano Aterno, antico borgo della valle Subequana con meno di 240 abitanti, è stato tristemente segnato dal sisma del 2009 e registra uno degli indici di invecchiamento più alti all’interno della regione. Tra il 1951 e il 2019, il numero di residenti del comune si è ridotto di oltre il 78 per cento. Oggi, la potenza installata dei due impianti è pari a 50 kW ma per rendere autosufficiente la comunità servirebbero 400 kW, un obiettivo che l’amministrazione punta a raggiungere reinvestendo i proventi della rivendita e degli incentivi all’autoconsumo riconosciuti dal ministero. Ma toccherà all’assemblea decidere come impiegare effettivamente gli utili: lo statuto della comunità energetica, infatti, prevede la possibilità di reinvestire i ricavi anche per esigenze e interventi di interesse generale.
Inoltre, la comunità va avanti grazie al coinvolgimento di esperti di comunità energetiche provenienti dall’esterno, cioè da altri comuni di altre regioni italiane. Infatti, dal 2022, a Gagliano è attivo il progetto Neo – Nuove esperienze ospitali, una scuola “di attivazione di comunità e transizione ecologica”, che ha visto arrivare giovani da tutta Italia che hanno scelto di passare sei mesi in paese per mettere in pratica le proprie conoscenze. Il bando per l’edizione 2024 è aperto anche quest’anno, mentre il progetto si allarga a tutti i comuni della valle Subequana.
A Misano Adriatico, un modello di welfare aziendale
Alle porte di Misano Adriatico, in provincia di Rimini, al confine con Riccione, si trova la prima Comunità energetica italiana dedicata al welfare aziendale. A svilupparla è stata Plangreen, azienda che offre servizi di riqualificazione energetica, nel marzo dell’anno scorso, quando ha trasferito la propria sede nella zona industriale di Misano. La nuova sede, autonoma al 95 per cento grazie all’energia solare, vede un tetto ricoperto di pannelli fotovoltaici, che non solo provvedono al fabbisogno energetico dello stabilimento, ma consentono anche la vendita del surplus prodotto.
I proventi derivati dall’immissione di energia in rete vengono reinvestiti in politiche di welfare aziendale o distribuiti tra i dipendenti sotto forma di benefit economici. Inoltre, parte del surplus energetico viene condiviso con le altre aziende della stessa zona industriale. Da qui la nascita di un’ulteriore Cer, denominata Clorofilla, che estende la politica di welfare aziendale sostenuta dall’energia rinnovabile a una parte della zona industriale di Raibano, che comprende diverse aziende di Riccione, Misano e Coriano.
Il riscatto delle chiese nelle comunità energetiche
Ci sono Cer che forniscono alle chiese l’opportunità di tornare ad avere un ruolo aggregativo, come in passato, con particolare attenzione per le fasce più fragili della società. Il 30 ottobre scorso, ad esempio, sono stati inaugurati i pannelli solari sul tetto della chiesa Santa Maria di Nazareth di Torino. Grazie a un finanziamento da 23mila euro da parte della Fondazione Compagnia di San Paolo, si è costituita la Comunità energetica rinnovabile Vallette, prime Cers torinese, composta dalla chiesa e otto soci scelti tra diversi profili di fragilità economica.
Sul tetto della chiesa è stato installato un impianto fotovoltaico, con una capacità di circa 20 kWp. L’obiettivo è abbattere il costo della bolletta di chi si trova in difficoltà economica, oltre a essere uno strumento concreto per ridurre le emissioni di gas serra. Da un punto di vista economico, i pannelli solari installati consentono alle famiglie di risparmiare circa il 15 per cento sull’energia elettrica. Inoltre, gli esperti del progetto hanno accompagnato le famiglie in un piccolo percorso di formazione sui migliori orari di utilizzo del fotovoltaico, così come sugli elettrodomestici più adatti.
Tra l’altro, oltre a finanziare la Cer Vallette, la Fondazione Compagnia di San Paolo ha realizzato una guida sulle comunità energetiche, in continuo aggiornamento e facilmente scaricabile dal sito della fondazione stessa. La Fondazione ha altresì attivato uno sportello diretto con esperti in ambito economico, tecnico, sociale e giuridico e ha creato una piattaforma digitale che attraverso l’intelligenza artificiale risponde ai quesiti più disparati in ambito Cer.
La conferma di come le strutture religiose abbiano intrapreso un percorso lungimirante sul tema delle comunità energetiche, rivelando in certi casi una sensibilità più spiccata di quella esibita da molte amministrazioni comunali o imprese, va segnalato il libro di Giuseppe Milano, ingegnere e giornalista ambientale, autore di Comunità energetiche. Esperimenti di generatività sociale e ambientale. Nel libro, Milano intervista don Valerio Pennasso, referente della comunità energetica di Rodello, in provincia di Cuneo. “Abbiamo innescato un nuovo processo democratico, basato su una campagna di ascolto e di confronto con la cittadinanza, che puntasse da un lato a far comprendere i vantaggi ambientali e sociali della solarizzazione e dall’altro a illustrare gli aspetti più tecnici ed economici del progetto”.
Ma oltre a sostenere le situazioni di disagio energetico del territorio, la comunità energetica di Rodello dimostra che le esperienze più significative sono quelle dal basso. Delineando un futuro ricco e trasversale per le Cers di tutta Italia, di modo che diventino sempre più dei presidi di riferimento per la coesione sociale. Perché è solo così che si può costruire una transizione energetica più equa e giusta.