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- In Mozambico è in corso una guerra civile, mascherata da scontri con i jihadisti, dal 2017.
- Nonostante si trovi al terzo posto in Africa come riserve di gas, il Mozambico è tra gli ultimi dieci paesi al mondo per indice di sviluppo umano.
- L’estrazione di combustibili fossili sta accelerando la crisi del paese africano.
Il 10 maggio, la città di Macomia, nel distretto settentrionale della provincia di Cabo Delgado, Mozambico, è stata presa d’assalto da un gruppo armato legato allo Stato Islamico (Is) che ha assaltato negozi e magazzini. Più di 700 persone sono scappate nei boschi circostanti e almeno 9 sono state uccise, secondo Human Rights Watch. I combattenti hanno reclutato anche bambini soldato, cioè al di sotto dei 13 anni, una pratica che rappresenta un crimine contro l’umanità.
Non è la prima volta che Cabo Delgado viene scossa da attacchi di questo tipo: l’ultimo era stato a febbraio, quando si sono verificati diversi raid in città e villaggi con conseguenti omicidi e rapimenti. Il Mozambico è un paese africano ricco di risorse naturali (tra cui rubini e grafite) e si trova al terzo posto in Africa per riserve di gas, preceduto solo da Nigeria e Algeria. Questa ricchezza ha fatto sì che qui si concentrassero diversi interessi in campo energetico da parte di diverse multinazionali e paesi europei. Tra cui l’Italia.
Mozambico vittima dell’accaparramento delle risorse
Nonostante il boom del settore degli idrocarburi negli ultimi dieci anni, il Mozambico rimane tra le ultime dieci posizioni nell’indice di sviluppo umano secondo l’Onu, registrando addirittura un peggioramento di due posizioni tra il 2015 e il 2021. Con un’economia poco diversificata, il paese africano – che di recente ha annunciato un maxi-piano di transizione energetica – è particolarmente dipendente dagli aiuti allo sviluppo e dall’industria del fossile.
Le principali attività estrattive si concentrano nei distretti di Mocímboa da Praia e Palma, come ricostruisce l’organizzazione ReCommon. Al largo delle coste mozambicane, nel bacino di Rovuma, la multinazionale italiana Eni ha avviato l’unico progetto operativo finora: la piattaforma galleggiante di produzione e liquefazione Coral South Flng, che esporta gas naturale liquefatto (Gnl) dal novembre 2022. Un secondo progetto, Coral North Flng, è attualmente in fase di studio.
Nel 2019, la multinazionale francese TotalEnergies, con l’ingegneria dell’italiana Saipem, ha iniziato la costruzione nella stessa area ma su terraferma del progetto “Mozambique Lng” per liquefare ed esportare il gas di Rovuma. Tuttavia, la Total, che ha il più grande investimento privato in Africa proprio qui in Mozambico, ha interrotto i lavori nell’aprile del 2021 a causa dell’insurrezione armata nella regione. Di fatto, il progetto Mozambique Lng non ha mai iniziato l’estrazione. Anche il progetto Rovuma Lng, gestito da ExxonMobil ed Eni, è stato sospeso per lo stesso motivo.
In Mozambico è in atto una vera e propria guerra civile
Negli ultimi anni è in corso un sanguinoso conflitto interno, una guerra civile mascherata da guerre tra bande di terroristi islamici e corpo militare. L’attacco di Macomia, secondo il giornalista Stefano Liberti, ha rappresentato un salto di qualità nell’insurrezione che sta devastando il nord del Mozambico. Dopo un periodo di relativa calma, i jihadisti sono tornati ad attaccare un centro urbano, riportando il conflitto a livello regionale.
Le cause sono prima di tutto sociali, spiega Liberti nel podcast Il Mondo, poiché “i grandi potentati del sud” accaparrano le risorse del nord, lasciando i giovani della regione senza prospettive. Un vuoto che è stato riempito con l’insurrezione, che da sociale si è trasformata in religiosa, rivolgendosi all’islamismo.
La rivolta, guidata dal gruppo Ahl al-Sunnah wa al Jamma’ah conosciuto anche come Al-Shabaab (da non confondersi con il gruppo islamista in Somalia) è iniziata nel 2017 ma ha catturato l’attenzione internazionale solo nel 2020, quando gli insorti hanno preso il controllo di Mocímboa da Praia e Palma. La violenza ha provocato oltre 4.000 morti e circa 900.000 sfollati, secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr).
Il 2017 è anche lo stesso anno in cui le principali compagnie energetiche hanno firmato i contratti per l’estrazione di fossili con il governo mozambicano. “Il che non significa che la guerra è causata dall’estrazione di gas”, spiega Liberti ma sicuramente i combustibili fossili hanno accelerato il disfacimento sociale della regione. Nel maggio 2023, TotalEnergies ha pubblicato un rapporto sui diritti umani a Cabo Delgado, redatto da Jean-Christophe Rufin. Il rapporto evidenzia che la frustrazione delle comunità locali, aggravata dall’espansione dell’industria estrattiva, alimenta l’insurrezione.
L’intenzione di Rufin non è quella di bloccare i giacimenti, certo che no. Piuttosto l’obiettivo è quello di misurare il grado di rischio che i progetti estrattivi si trasformino in bersagli di attacchi terroristici. Infatti, l’instabilità nella regione getta un’ombra sul futuro dei progetti estrattivi, incluso “Mozambique Lng”, la cui ripresa è fortemente voluta da TotalEnergies.
In Italia, solo il 3,3 per cento del gas mozambicano
Una situazione che coinvolge direttamente anche l’Italia, che tratta il Mozambico come “asset strategico” per la propria sicurezza energetica, come stabilito anche dal Piano Mattei. In realtà, Eni fa solo il lavoro di upstream, cioè il gas estratto dalla Coral South Flng è acquistato da Bp (British Petroleum) e poi rivenduto da questo sul mercato internazionale. Secondo i dati di Urgewald, dal primo carico di novembre 2022 sono stati effettuati 58 carichi di gas naturale liquefatto, per un totale di circa 3.700 tonnellate, di cui solo il 3,3 per cento – 122 tonnellate – è stato destinato all’Italia. Un po’ poco perché il gnl del Mozambico serva a garantire la nostra sicurezza energetica.