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Tutelare la biodiversità per contribuire (anche) alla sopravvivenza del genere umano. Con questo obiettivo, nel 2000, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite istituì la Giornata mondiale della biodiversità, che si celebra ogni anno il 22 maggio; una ricorrenza proclamata anche per favorire l’adozione della Convenzione sulla diversità biologica, lo strumento legale internazionale redatto otto anni prima per “la conservazione della diversità biologica, l’uso sostenibile dei suoi componenti e la giusta ed equa condivisione dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche”. Anche l’innovazione può fare la sua parte per questo grande obiettivo comune: per dimostrarlo, abbiamo scelto di raccontare le storie di tre startup che si occupano di foreste.
Le foreste sono un tesoro di biodiversità
Secondo i dati delle Nazioni Unite, le foreste ospitano l’80 per cento della biodiversità a livello planetario e forniscono l’habitat a milioni di piante, animali e microrganismi. Un vero e proprio tesoro di biodiversità che negli ultimi anni si è via via ridotto a causa delle attività antropiche, per far spazio soprattutto a campi agricoli destinati a colture per mangimi di animali. Solo nell’ultimo secolo è sparita una quantità di foreste più grande dell’intero continente sudamericano. L’Europa è uno dei continenti più “verdi” al mondo, con un territorio coperto per circa il 40 per cento da foreste. Proprio all’inizio di quest’anno il Parlamento europeo ha approvato la Nature restoration law, una legge che punta a ripristinare gli ecosistemi terresti e marini dell’Unione: entro il 2030 almeno il 30 per cento degli habitat dovrà godere di un “buono stato di salute”, un dato che dovrà raddoppiare entro il 2040 per poi salire al 90 per cento per il 2050.
La situazione italiana è fortunatamente in controtendenza rispetto a quella globale. Nel nostro paese la superfice forestale è in continuo aumento dalla fine della seconda guerra mondiale: come emerge dall’Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio, attualmente circa il 36,7 per cento del territorio nazionale è ricoperto da foreste, con una crescita di oltre il 18 per cento negli ultimi 10 anni soprattutto in Toscana, Piemonte e Lombardia, le regioni più boscose. L’Atlante delle foreste di Legambiente analizza i cosiddetti servizi ecosistemici generati da queste aree verdi anche dal punto di vista della mitigazione dei cambiamenti climatici: oggi in Italia gli alberi riescono a sequestrare 290 milioni di tonnellate di anidride carbonica in più rispetto a vent’anni fa. Diventa quindi ancora più interessante scoprire in che modo le startup si sono messe all’opera per gestire in modo ottimale le foreste.
Tre startup che si occupano di foreste
Forest Sharing
Startup innovativa e spinoff dell’università degli Studi di Firenze, Forest Sharing si rivolge ai proprietari di boschi che non riescono a gestirli in autonomia. Tramite una piattaforma, questi possono incontrarsi tra loro e con imprese e professionisti, entrando a far parte di una comunità per creare valore condiviso da queste aree verdi, sfruttandone le potenzialità in maniera sostenibile. Una volta iscritto alla piattaforma, il proprietario può scegliere insieme ai tecnici della startup quale modalità di gestione adottare per la sua porzione di foreste (dal mantenimento alla valorizzazione turistica e creativa, fino al taglio del legname); a quel punto Forest Sharing cerca di aggregare diverse proprietà per elaborare un progetto unico che permetta all’area di essere valorizzata al meglio.
In questo modo si crea un doppio valore, in primis dal punto di vista della tutela della biodiversità del territorio e in secondo luogo dal punto di vista economico. La startup, inoltre, agisce per fare in modo che il bosco generi da sé le risorse necessarie alla sua cura e custodia valorizzando non solo i suoi prodotti ma tutti i servizi ecosistemici, come la qualità dell’aria e dell’acqua.
Abit Agritech
Fondata da un gruppo di giovani ragazzi genovesi, Abit Agritech sfrutta le potenzialità dell’intelligenza artificiale per proporre agli agricoltori una gestione più efficiente delle coltivazioni che valorizzi le biodiversità dei suoli. Partendo dal presupposto che i terreni sono un elemento vivo e organico, i fondatori della startup hanno sviluppato un software – basato su modelli matematici – che mette in relazione dati climatici con il calcolo della biodiversità del suolo, al fine di rispettarla e tutelarla.
Questa realtà permette alle aziende agricole di conoscere il livello di biodiversità e qualità del suolo, creando dati e informazioni utilizzabili per orientare al meglio il proprio lavoro; analizzando attraverso una piattaforma dedicata le componenti e le necessità del terreno, gli agricoltori possono gestire in maniera più efficiente e sostenibile le proprie coltivazioni. Optare per un sistema di coltivazione piuttosto che per un altro permette di risparmiare, di utilizzare al meglio le risorse a disposizione e di limitare l’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti chimici.
Vaia
La startup Vaia prende il nome dall’omonima tempesta che nel 2018 sconvolse le Dolomiti del Triveneto, abbattendo in soli tre giorni ben 14 milioni di alberi. L’anno successivo tre ragazzi decisero di trasformare questa catastrofe in un’occasione di rinascita, partendo dal recupero del legno degli alberi abbattuti con un duplice obiettivo: ripristinare l’equilibrio ecosistemico del territorio e sostenere economicamente le comunità locali. Nacque così Vaia Cube, una cassa passiva per amplificare naturalmente il suono degli smartphone realizzata con il legname recuperato dalle piante abbattute dal vento.
A distanza di cinque anni, la scelta di destinare parte dei proventi al ripristino dell’ecosistema ha consentito a Vaia di contribuire alla piantumazione di 90mila alberi sulle Dolomiti. Negli anni questa realtà ha poi prodotto il Vaia Focus (un amplificatore visivo per smartphone) e ha via via allargato il proprio campo di azione attraverso eventi, progetti di educazione ambientale nelle scuole e investimenti crescenti su innovazione e ricerca: recentemente ha avviato una collaborazione con l’università di Trento per creare un biomateriale a partire dal legno degli ulivi colpiti da Xylella.