https://www.open.online/2024/07/24/materie-prime-critiche-mappa-giacimenti-italia
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Sono soltanto due, su un totale di 34, le materie prime critiche che si estraggono in Italia. È quanto emerge dalla nuova banca dati sulle risorse minerarie redatto dall’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. In base alle rilevazioni condotte nei mesi scorsi, sono 76 le miniere attive in Italia. Di queste, ventidue estraggono almeno una delle materie prime classificate come «critiche» dall’Unione europea, nel senso che la loro domanda (ma anche il loro valore) è destinata a crescere nei prossimi anni per sostenere gli sforzi della transizione ecologica e digitale.
Feldspato e fluorite
Le due materie prime che si estraggono ad oggi in Italia sono: il feldspato, un minerale essenziale per l’industria della ceramica per cui sono attive venti miniere; e la fluorite, che va a finire all’industria dell’acciaio, dell’alluminio, del vetro, dell’elettronica e della refrigerazione. Per quanto riguarda la fluorite, in passato l’Italia poteva contare su 91 miniere attive sul territorio nazionale. Oggi ne sono rimaste soltanto due, ma ci sono alcune aree dismesse – in particolare nel bergamasco, nel bresciano e in Trentino – che Ispra classifica come «da rivalutare». Soprattutto alla luce anche dei prezzi attuali, quadruplicati rispetto al 1990.
Le altre materie prime critiche che si cercano in Italia
Secondo l’Ispra, al di là di feldspato e fluorite, il sottosuolo italiano potrebbe nascondere anche tante altre «materie prime critiche». Alcune ricerche, per esempio, hanno dimostrato la presenza di importati quantitativi di litio nei fluidi geotermici tra la Toscana e il Lazio. Alcuni depositi di rame, un minerale essenziale per tutti i moderni apparecchi tecnologici, sono già noti nelle colline metallifere, nell’Appennino ligure-emiliano, nelle Alpi occidentali, in Trentino e in Sardegna. In
Liguria e in Toscana è possibile estrarre manganese, mentre la presenza del tungsteno è documentata
soprattutto in Calabria, nel cosentino e nel reggino, e in Sardegna. Anche il cobalto è presente in Sardegna, così come in Piemonte, dove il deposito di Punta Corna è ritenuto di strategica importanza per l’Unione europea. Ci sono poi le terre rare, usate nei motori elettrici delle pale eoliche e delle auto a batteria, che sono sicuramente contenute all’interno di alcuni depositi di fluorite.
La riapertura delle miniere
I risultati della mappatura di Ispra forniscono un quadro indispensabile affinché l’Italia possa mettere a punto un programma minerario nazionale per l’estrazione delle materie prime critiche. L’interesse nei confronti di questo settore sta aumentando esponenzialmente in tutto il mondo, con i Paesi europei – ma non solo loro – che stanno correndo ai ripari per garantirsi un livello di approvvigionamento abbastanza elevato da poter portare avanti la transizione ecologica e digitale senza intoppi o battute d’arresto. Per far fronte a questa situazione, l’Unione europea ha approvato il Critical Raw Materials Act. Un provvedimento che punta essenzialmente su due strade: da un lato, stringere accordi con Paesi terzi per importare le materie prime critiche di cui ha bisogno; dall’altro, incentivare la ricerca di questi materiali anche dentro i confini europei.
Il problema dei (vecchi) rifiuti e l’importanza del riciclo
Mentre si attende il piano del governo per la corsa alle materie prime critiche, l’Italia deve ancora fare i conti con i circa 150 milioni di metri cubi di rifiuti estrattivi delle miniere ormai dismesse. Questi scarti di lavorazione si trovano in strutture di deposito spesso fatiscenti e rappresentano un serio problema ambientale. Ed è per questo che l’Ispra consiglia di optare per una strategia che punti non solo a riaprire le miniere ma anche a recuperare i rifiuti e sfruttare la filiera italiana del riciclo. Secondo le stime del governo italiano, nel 2040 il riciclo potrebbe arrivare a soddisfare quasi un terzo del fabbisogno italiano di materie prime critiche.