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NAPOLI – Lo dicevano, gli svizzeri. Anche se nel frattempo il documentario di Rsi che prefigurava la distruzione di Napoli per mezzo dell’esplosione magmatica del supervulcano dei Campi Flegrei su Youtube non c’è più, è rimasto nella suggestione popolare. Ora che la terra trema, e trema forte sempre più spesso, torna il pensiero (un po’ laterale, nascosto impudico nella porzione meno razionale della mente) a quelle immagini: Piazza del Plebiscito in fiamme, le nubi ardenti che sciolgono la città, la sola collina di San Martino risparmiata (non se ne capisce il motivo, visto che le ceneri dovrebbero cadere a piombo dalla stratosfera) in un paesaggio postatomico. Con il Vesuvio, stavolta incolpevole, a far da sfondo alla devastazione totale. E’ come se quello fosse diventato l’incubo di riferimento dei napoletani, un’idea (totalmente fuori dalla grazia scientifica) di ciò che potrebbe essere e che per fortuna non è. Quando divenne virale si parlò, non a casaccio, di induzione dolosa al panico. Ed eccoci qua: ogni scossa, un brivido.
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Nonostante tutto il rosario di scongiuri a corollario, torna come un riverbero costante “Napoli, il supervulcano che minaccia l’Europa”. 42 minuti e 24 secondi durante i quali, in un crescendo d’ansia a tensione, gli esperti parlavano e l’animazione grafica faceva il resto: i Campi Flegrei raccontati semplicisticamente come una enorme pentola in ebollizione, che “incombe su tutto il sud Italia. “Alcuni scienziati ritengono che i Campi Flegrei siano responsabili della scomparsa dell’uomo di Neanderthal, 40 mila anni dopo ci sono segnali di risveglio, la catastrofe potrebbe avvenire in qualsiasi momento”. Il tono era questo. Ci avevano visto lungo gli svizzeri: il bradisismo è il miglior traino possibile per un prodotto tv. Lavora un po’ alla volta. E lascia un segno indelebile, nella paura della gente.