Alluvione, caldo e poi gelo: addio miele, e api da salvare e sfamare ‘a mano’

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Allarme dal Veneto, apicoltori chiedono lo stato di emergenza: la produzione primaverile "mancherà"


VENEZIA- Prima il caldo, poi il gelo. E ora Api da salvare ‘a mano’. Da 25 a cinque gradi in pochi giorni “e l’acacia anche quest’anno non si trasformerà in miele. Se l’acacia è un simbolo di questa primavera per l’apicoltura, non è l’unica che non diventerà miele. Mancherà infatti totalmente il miele primaverile: il cambiamento climatico importante che ha travolto il Veneto prima in una morsa di caldo e poi con freddo e vento, ha messo in crisi fortemente l’apicoltura“. Tanto che, per questi motivi, l’associazione regionale apicoltori del Veneto chiede lo stato di emergenza alla Regione e insieme a Unaapi lancia un sos al ministero dell’Agricoltura. La botta del meteo impazzito si è sentita a Vicenza: doveva ancora risollevarsi dall’alluvione di fine febbraio quando molte aziende avevano perso intere famiglie di api, finite sott’acqua. L’associazione regionale apicoltori del Veneto raggruppa 3.000 soci che gestiscono circa 35.000 alveari e per salvare le api invoca dalla Regione lo stato di emergenza necessario anche ad aiutare le aziende che vivono di questa attività.

API DA NUTRIRE: IL FREDDO NON LE FA USCIRE DALL’ARNIA

Al momento gli apicoltori, per far sopravvivere le api, devono nutrirle. Il freddo non porta infatti i fondamentali impollinatori ad uscire dall’arnia per cercare da sole il nutrimento. Le piante con queste basse temperature inoltre non danno nettare. A questa già triste situazione si aggiungono pioggia e neve. Ma come si sfama una un’ape? Si chiamano alimentazioni di soccorso, sono basate su candito e fruttosio, vengono somministrate nel tentativo di mantenere vive le colonie, “ma sono costose e non forniscono tutti gli elementi nutritivi presenti nel nettare. Le regine con questo freddo smettono di deporre uova e quindi mancheranno api nei prossimi mesi. Il rischio inoltre è la morte della covata estesa che le temperature calde avevano indotto ad allevare”.

CLIMA, PREZZI, CONCORRENZA SLEALE… UN SETTORE FLAGELLATO

Il settore apistico, ricordano gli ‘addetti ai lavori’ del Veneto è stato colpito negativamente da diverse stagioni di cambiamenti climatici e da eventi estremi; dalla crisi economica e dall’incremento dei prezzi che hanno interessato sia le aziende apistiche che altri settori zootecnici e produttivi; e da una concorrenza dai mieli di importazione che spesso non sono miele. Le aziende apistiche “versano in una situazione di grave difficoltà e c’è il rischio che molte non sopravvivano nei prossimi anni, privando così il territorio di un importante presidio fondamentale per l’impollinazione e contribuendo all’aumento della disoccupazione, specialmente tra coloro che sono specializzati in un settore destinato a scomparire se non verrà adeguatamente supportato”.
Molte aziende apistiche dipendono non solo dal miele, ma anche da altri prodotti dell’arnia (polline, propoli, pappa reale) e dalla produzione di nuclei e regine, “e anche in questi casi si registra un impatto negativo significativo. Considerando anche l’espansione delle popolazioni di Vespa velutina e Vespa orientalis, insieme ai gravi problemi di alterazione del mercato del miele, occorre che le istituzioni preposte intervengano”. L’associazione regionale apicoltori del Veneto, con il suo presidente Gerardo Meridio, si appella allora alla Regione affinché, “con i propri strumenti, supporti questo settore, soprattutto le aziende che vivono di questa attività. Chiederò un incontro con il presidente Zaia e l’assessore Regionale per affrontare questa drammatica situazione”. A livello nazionale assieme all’Unaapi è stato interessato il ministero “anche per altre regioni che sono nella stessa situazione”.

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