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Dal 2011, nel mese di luglio si celebra il Plastic free july, luglio senza plastica: un’iniziativa promossa dalla Plastic free foundation che ha come obiettivo quello di sensibilizzare sull’uso incontrollato di plastica monouso che facciamo ogni giorno, promuovendo uno stile di vita più sostenibile per (almeno) un mese.
Quanta plastica c’è, ancora, nella nostra vita quotidiana
La maggior parte della plastica attualmente prodotta è vergine, cioè realizzata a partire da combustibili fossili, e per il 57 per cento è costituita da imballaggi flessibili usa e getta come bustine, pellicole e simili. L’utilità della plastica è dovuta alla sua resistenza e durevolezza: renderla monouso dunque è una vera e propria contraddizione in termini, dal momento che è lentissima a decomporsi e disperde scarti (anche in forma di microplastiche) che mettono in serio pericolo interi ecosistemi, a partire dai mari. Solo nel 2021, l’umanità ha generato 139 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica monouso, ben sei milioni in più rispetto a due anni prima: un volume che non era mai stato raggiunto in precedenza.
Come funziona il Plastic free july
Il Plastic free july lancia una sfida: non produrre rifiuti di plastica per tutto il mese di luglio. Si tratta di un’occasione per acquisire consapevolezza e, magari, adottare buone abitudini da mantenere poi durante tutto il resto dell’anno. Per partecipare è possibile iscriversi al sito ufficiale che, peraltro, offre numerose risorse, consigli e idee da mettere subito in pratica per riuscire nell’impresa, nonché un quiz per misurare i propri progressi.
Solo nel 2022, circa 140 milioni di persone in 195 paesi hanno aderito all’iniziativa, con più di 165 eventi registrati in tutto il mondo. Il risultato è stato incredibile: i partecipanti e le loro famiglie hanno ridotto la produzione di rifiuti non recuperabili di 1,7 milioni di tonnellate e il consumo di plastica di 0,3 milioni di tonnellate, mentre negli ultimi anni hanno ridotto i rifiuti e il riciclaggio di 18 chilogrammi per persona all’anno (4,1 per cento di rifiuti in meno).
Da piccola iniziativa locale dell’Australia occidentale, il Free plastic july è diventato in poco tempo un movimento globale e una delle campagne ambientali più seguite al mondo. Sempre più persone riconoscono l’importanza di limitare il consumo di plastica e numerose sono anche le soluzioni che si stanno affacciando sul mercato con questo scopo. Ecco 5 startup innovative che hanno raccolto la sfida, producendo bioplastiche, materiali biodegradabili o a base biologica in grado di salvarci da un mare di plastica.
5 startup da scoprire per il Plastic free july
This Unique
Nata nel 2020, This Unique si occupa di mestruazioni in maniera eco-sostenibile e inclusiva. La startup italiana propone una linea di assorbenti e tamponi a ridotto impatto ambientale, interamente compostabili e plastic free. In media, gli assorbenti in commercio sono composti soprattutto da plastica e gran parte del loro impatto ambientale deriva dalla loro natura usa e getta: è stato stimato che possono impiegare fino a ottocento anni per degradarsi. Sebbene, invece, i tamponi siano composti per lo più da cotone, molti hanno applicatori in plastica che, una volta gettati, sono spesso dispersi nell’ambiente e si ritrovano comunemente sulle spiagge e persino nello stomaco di uccelli marini morti.
La mission di This Unique, però, va oltre agli assorbenti in sé. Oltre a raccogliere la sfida delle problematiche ambientali legate all’igiene intima femminile e proporre prodotti mestruali composti al cento per cento da cotone organico e ipoallergenico, l’intento è quello di abbattere lo stigma e la vergogna che circonda il ciclo mestruale e sfidare gli atteggiamenti negativi che ancora oggi esistono, normalizzando il dialogo sulle mestruazioni e includendo nella narrazione tutte le categorie, dalle persone non-binary a quelle in transizione e transgender.
Iuv
Iuv è una startup fondata in Italia nel 2019 che offre rivestimenti edibili per prodotti alimentari freschi e soluzioni innovative per il confezionamento plastic free di beni di largo consumo, sia alimentari che non, grazie all’utilizzo di quelli che l’azienda stessa chiama Naturameri. Si tratta di piccole molecole naturali non modificate chimicamente presenti nelle alghe, nelle piante e persino negli scarti dell’industria alimentare come, per esempio, le bucce delle pesche per la produzione di succhi di frutta.
Il risultato è un materiale innovativo, sostenibile, commestibile e completamente biodegradabile: in sintesi, un polimero che rispetta totalmente la natura e contrasta lo spreco alimentare, visto che previene la comparsa di muffe, lieviti e batteri. Attualmente Iuv ha due linee di rivestimenti. La prima è destinata esclusivamente al mercato alimentare, per il confezionamento monouso e la conservazione dell’alimento anche sotto forma di pellicola spray edibile; la seconda si rivolge ai beni di largo consumo generalisti con applicazioni pressoché illimitate, dalla moda alla cancelleria.
FlexSea
Con sede nel Regno Unito, FlexSea sviluppa nuovi biopolimeri biodegradabili in ambienti marini, terrestri e nel semplice compostaggio domestico – ma anche commestibili – derivati da alghe e altri prodotti naturali. La sfida dell’azienda è quella di offrire una soluzione sostitutiva alla plastica in grado di biodegradarsi completamente nel giro di poche settimane, ma che ne mantenga le caratteristiche di resistenza ed efficienza.
Il processo produttivo di FlexSea richiede piccole quantità di energia, perché le temperature non superano i 95 gradi, contro gli oltre 170 gradi richiesti dalle plastiche a base di petrolio o bioplastiche esistenti. Ridotto anche il consumo di acqua dolce, visto che le alghe non vanno irrigate, al contrario del mais o della canna da zucchero con cui si fabbricano altre bioplastiche. Il materiale inoltre può essere ingerito da animali sia terrestri che acquatici senza alcun danno e, anzi, costituendo cibo nutriente. La sua decomposizione non solo non danneggia l’ambiente, ma addirittura fertilizza il terreno grazie all’azoto contenuto nelle alghe.
Notpla
Notpla è l’abbreviazione di “not plastic” ed è il nome di una startup fondata da due ricercatori dell’Imperial college di Londra. Dal 2019 l’azienda lavora su un materiale realizzato a partire dall’alga bruna, un’ottima alleata visto che cresce velocemente, non entra in contrasto con altre colture alimentari e contribuisce alla disacidificazione degli oceani. Gli imballaggi di Notpla sono biodegradabili in quattro-sei settimane, compostabili in casa e commestibili.
La gamma di prodotti dell’azienda è molto vasta, ma l’articolo di punta è sicuramente Ooho, una membrana alimentare flessibile che può essere inghiottita insieme al suo contenuto ed è utilizzabile con qualsiasi tipo di liquido, dall’acqua alle salse alimentari. Per la prima volta, Ooho è stato testato durante la maratona di Londra del 2019: al posto delle tradizionali bottigliette di plastica, ai corridori sono state distribuite 36mila capsule contenenti bevande energetiche che sono state ingerite o si sono poi dissolte senza lasciare traccia.
Nel 2022 Notpla ha ricevuto l’Earthshot prize, il riconoscimento ecologico più prestigioso del Regno Unito, lanciato dal principe William e dal divulgatore e naturalista David Attenborough.
Apeel
Apeel science è una startup fondata nel 2012 in California, anche con il sostegno della Bill & Melinda Gates foundation, che ha brevettato Edipeel: un rivestimento commestibile realizzato con lipidi organici estratti da scarti vegetali, come bucce, semi e polpa, in grado di raddoppiare (e in alcuni casi triplicare) la shelf life di frutta e verdura, rallentando la perdita d’acqua e l’ossidazione, principali cause di deterioramento. La sostanza, inodore, incolore e insapore, viene diluita in acqua per poi essere spruzzata su frutta e verdura in qualsiasi passaggio della filiera.
Attualmente sono oltre cinquanta le categorie di prodotti alle quali si può applicare, tra cui troviamo agrumi, mango, papaya, meloni, banane, ananas, melograni, cetrioli, asparagi, carciofi e pomodori. Solo nel 2022, Edipeel ha impedito che venissero sprecati 44 milioni di pezzi di frutta, ha evitato l’emissione di 7mila tonnellate di metri cubi di anidride carbonica e ha contribuito al risparmio di 456 miliardi di litri di acqua, sufficienti a riempire 680 piscine olimpioniche.