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È sotto la sufficienza il giudizio che il think tank sul clima Ecco ha dato al Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), che il ministro dell’Ambiente italiano ha inviato formalmente alla Commissione europea mercoledì 19 luglio 2023.
Il testo completo, che si compone di 424 pagine, segue l’invio del 30 giugno scorso a Bruxelles dell’executive summary.
A cosa serve il Pniec
Nel Pniec vengono stabiliti gli obiettivi nazionali al 2030 sull’efficienza energetica, sulle fonti rinnovabili e sulla riduzione delle emissioni di CO2, nonché gli obiettivi in tema di sicurezza energetica. L’aggiornamento deve rivedere gli impegni sulla base di un obiettivo di riduzione dei gas serra del 55 per cento al 2030 rispetto al 1990, come ridefinito dalla Commissione europea nell’ambito del Green deal.
Come evidenziato da Ispra nel rapporto “Le emissioni di gas serra in Italia: obiettivi di riduzione e scenari emissivi” già oggi, a politiche correnti (considerando quindi l’effetto delle misure adottate nel 2021, incluse quelle definite nel Pnrr), emerge in Italia un divario emissivo di quasi 11 milioni di tonnellate di CO2eq. Significa che, rispetto allo scenario di riferimento analizzato da Ispra, al 2030 al nostro Paese è richiesta un’ulteriore riduzione delle emissioni del 21 per cento rispetto alle politiche correnti, con un contributo verosimilmente più significativo dai settori civile e trasporti.
Ma questo Pniec non offre un percorso di uscita dai combustibili fossili
Secondo l’analisi di Ecco, il piano intende abbandonare l’approccio del Pniec 2019, considerato troppo ‘ottimista’ nel tradurre le politiche in obiettivi credibili. Il che può essere visto come una buona cosa, ma il problema è che l’aggiornamento del Pniec non fa la cosa più importante che è chiamato a fare: cioè offrire una strategia vera e propria per uscire dai combustibili fossili – sia sul carbone sia sul gas – in linea con l’obiettivo di neutralità climatica al 2050.
Inoltre, il nuovo Pniec non garantisce una percentuale di penetrazione delle rinnovabili nel sistema elettrico che tenga anche conto dell’obiettivo G7 sulla produzione elettrica sostanzialmente decarbonizzata al 2035.
A questo proposito, il ministero si è sempre nascosto dietro l’approccio della ‘neutralità’ tecnologica, ovvero che non importa quale tecnologia venga impiegata, l’importante è raggiungere gli obiettivi climatici. Ma, secondo Ecco, questo testo non è suffragato da una trasparente valutazione, necessaria per misurare l’efficacia della spesa pubblica. Il quadro di politiche appare complesso, ridondante e, in diversi casi, contraddittorio rispetto all’obiettivo e manca un impianto di governance che renda il piano uno strumento attuativo ed efficace anche a seguito della sua approvazione.
Il giudizio più negativo riguarda gli impegni di decarbonizzazione dei combustibili fossili. Prevale un’impostazione emergenziale basata sul gas, che non tiene conto del crollo dei consumi di questa fonte di energia. In termini di sicurezza energetica, insomma, l’approccio rimane conservativo.
Il rapporto di Ecco fa il punto anche sugli incentivi economici alle fonti fossili e sul carbone: per i primi, manca del tutto un piano attuativo di phase-out, come dimostrato dal nuovo catalogo sui sussidi ambientalmente dannosi (i cosiddetti Sad). Per quanto riguarda il fossile più “sporco” di tutti, il piano esclude la Sardegna dall’obiettivo di chiusura delle centrali a carbone nel 2025.
Il testo non spiega come coniugare questioni sociali e climatiche
“La proposta di aggiornamento del Pniec è un punto di partenza importante e mostra la volontà di un diverso approccio nel perseguire concretamente gli obiettivi energia e clima. Mancano però diversi elementi”, ha detto Chiara Di Mambro, responsabile politiche di decarbonizzazione di Ecco. “I prossimi mesi saranno fondamentali per prevedere dei percorsi di miglioramento del piano, con il pieno coinvolgimento di tutti gli attori e gli enti a più livelli coinvolti nell’attuazione. Miglioramenti che dovranno riguardare tutti i settori, includendo le dimensioni trasversali della finanza, degli impatti sociali e delle ricadute sul tessuto produttivo nazionale”.
L’aspetto sociale, infatti, è un’altra delle grandi mancanze del piano. Il Pniec, infatti, dichiara la volontà di coniugare la questione socio-economica con quella ambientale e climatica nelle sue premesse ma nel testo mancano le basi metodologiche sul come farlo. La proposta del piano non risponde alle linee guida per l’aggiornamento dei piani nazionali 2021-2030. Il Pniec avrebbe dovuto spiegare in che modo si intendano utilizzare le risorse del Fondo sociale per il clima. Ma il tema non è stato affrontato.