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- Negli ultimi giorni finanziatori, parlamentari ed elettori di punta del Partito Democratico si sono schierati contro Biden.
- Il presidente appare sempre meno lucido e i sondaggi lo danno in forte calo. Lui dice di voler continuare la corsa alle elezioni Usa.
- Tra i papabili sostituti c’è la vicepresidente Kamala Harris, ma anche diversi governatori di stati guidati dai Democratici.
L’ultima di Joe Biden è stata presentare il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, come Vladimir Putin. È successo nel corso del vertice Nato e, per quanto nella successiva conferenza stampa il presidente statunitense sia apparso più lucido delle ultime uscite, la pressione perché si faccia da parte per il bene del Partito Democratico è tornata a farsi forte.
Delle condizioni di salute e della lucidità di Biden si parla da tempo, ma dopo il disastro del dibattito delle presidenziali di fine giugno la situazione è apparsa più critica. Il numero di membri del partito, finanziatori ed elettori di fama dei Democratici che chiedono un cambio di candidato è in crescita, ma Biden continua a ribadire di essere la persona giusta per sconfiggere Donald Trump. Intanto però è già partito il toto-nomi su chi potrebbe sostituirlo.
Le pressioni su Joe Biden
Le gaffe e gli strafalcioni del presidente degli Stati Uniti e candidato per la rielezione, Joe Biden, non si contano più. Solo nella giornata dell’11 luglio nell’ambito del vertice Nato ha chiamato “Putin” il presidente ucraino Zelensky e ha confuso la vicepresidente Kamala Harris con Donald Trump. In realtà nella conferenza stampa serale le cose sono andate relativamente bene, ma ormai Biden è nella condizione di non potersi permettere alcun errore, visto quello che è successo a fine giugno nel dibattito elettorale con Trump.
In quell’occasione la voce ridotta a un rantolo, il ritmo di eloquio lentissimo e l’incertezza sempre più pronunciata hanno riacceso le polemiche su un tema di cui si parla da parecchio tempo, e cioè che il Biden 81enne di oggi non sia più quello di un tempo e che non abbia più le energie e la lucidità per affrontare un nuovo mandato presidenziale. Dopo il dibattito televisivo, in molti hanno invocato il suo ritiro dalla corsa elettorale e la sua sostituzione con un altro esponente di punta del Partito Democratico. Nel day after sul New York Times, il giornale più importante degli Stati Uniti, c’erano addirittura quattro editoriali con questa linea di pensiero.
E giorno dopo giorno aumentano le prese di posizione per il ritiro di Biden, visto anche l’accumularsi di gaffe del presidente. Alcuni finanziatori del Partito Democratico hanno minacciato di ritirare i loro soldi se non ci sarà un cambio di candidato e perfino alcuni parlamentari hanno ufficialmente rotto il silenzio, come ha fatto il senatore Michael Bennett, o anche governatrici, come Maura Healey del Massachusetts. Anche figure di riferimento per l’elettorato democratico, come l’attore George Clooney, si sono fatte sentire. Clooney non ha mai nascosto il suo sostegno al partito, da tempo partecipa da protagonista alle serate per la raccolta fondi e ha anche un buon rapporto con Biden. In un editoriale sul New York Times ha però scritto che per il presidente è arrivato il momento di farsi da parte. E l’ex presidente Barack Obama, dopo il sostegno iniziale, ha iniziato ad avanzare dubbi.
Nessun dietrofront, per ora
Biden finora ha sempre respinto al mittente la richiesta di ritiro dalla corsa per la rielezione. Il presidente da giorni ripete di essere l’unica persona in grado di battere Donald Trump e ha scritto anche una lettera, dove tra le altre cose sottolinea di aver vinto le primarie del Partito Democratico e che dunque l’elettorato del partito è dalla sua parte. In un’intervista alla rete Msnbc se l’è presa con i franchi tiratori del suo partito, sfidando chiunque lo volesse a candidarsi alle elezioni e a provare a batterlo.
L’11 luglio, nel corso del vertice Nato, Biden ha ripetuto di dover finire il lavoro e di essere “la persona più qualificata per correre per la presidenza”. E dal momento che l’unico che può decidere sul ritiro di Biden è Biden stesso, sembra che le cose rimarranno così e forse Biden sta prendendo tempo proprio per rendere il suo ritiro una cosa non più praticabile. Il fatto che i sondaggi diano costantemente in calo la sua popolarità e che il 67 per cento dell’elettorato chieda il suo ritiro rende il capitolo ancora aperto, anche perché i consiglieri del Partito Democratico stanno provando a fargli capire che la situazione è tutto tranne che rosea. Il ritiro di Biden è dunque ancora nell’ordine delle possibilità.
I possibili sostituti di Biden
Nelle scorse il New York Times ha detto che, secondo alcune fonti interne al Partito Democratico, sono in corso sondaggi tra gli elettori per capire se un eventuale sostituto di Biden potrebbe avere chance di vittoria contro Trump.
Nel caso in cui il presidente decidesse di ritirarsi, a meno di quattro mesi dalle elezioni, ci sono alcuni nomi che circolano per sostituirlo. Il più forte è quello della vicepresidente Kamala Harris, che sarebbe la sostituta naturale di Biden e che eviterebbe scontri interni al partito. Il suo indice di gradimento non è molto alto nel paese, ma negli ultimi mesi la sua popolarità nel mondo progressista è cresciuta per le battaglie sull’aborto, sui diritti per le minoranze e per gli attacchi a Donald Trump. Un altro nome che si fa è quello del governatore della California, Gavin Newsom. In passato ha detto di star prendendo in considerazione una candidatura alle presidenziali del 2028, oggi però è tra le figure del partito che difendono Joe Biden e ribadiscono che il candidato è lui. Proprio questa vicinanza, però, potrebbe renderlo un candidato ideale in caso di ritiro.
Un terzo nome è quello della governatrice del Michigan, Gretchen Whitmer. Il suo profilo è molto progressista e nello stato americano viene da due mandati che hanno fatto impennare la sua popolarità, al punto che viene definita l’astro nascente del Partito Democratico. Altri nomi che si fanno sono quelli del governatore J.B. Pritzker dell’Illinois, un multimiliardario con un certo network dentro e fuori il partito e che saprebbe come raccogliere sostenitori oltre che parecchi fondi, il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro, che potrebbe così diventare il primo presidente ebreo, e Andy Beshear del Kentucky, considerato uno dei governatori più popolari degli Stati Uniti e capace di vere e proprie imprese in passato contro i Repubblicani. Un altro nome che si fa è quello di Pete Buttigieg, segretario ai Trasporti e tra gli sfidanti di Biden alle primarie del partito nel 2020. I nomi di Michelle Obama e Hillary Clinton, rilanciati qua e là soprattutto dalla stampa italiana, non sono mai stati presi in considerazione dal Partito Democratico.