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Il presidente Paul Kagame ha ottenuto il 99,15 per cento dei voti alle elezioni presidenziali tenutesi in Ruanda lunedì 15 luglio. I risultati, sebbene ancora provvisori, sono stati diffusi in diretta televisiva dal presidente della commissione elettorale. Si tratta di un risultato ampiamente annunciato, che rispecchia i dati delle tornate precedenti e mostra chiaramente la mancanza di un assetto realmente democratico del Paese africano.
Nuove elezioni non democratiche in Ruanda
Prima delle elezioni Kagame ha ampiamente ostacolato la candidatura dei suoi critici più accaniti, impedendo di fatto ai suoi avversari di mettere in discussione il suo potere. Frank Habineza del Partito verde democratico del Ruanda e il candidato indipendente Philippe Mpayimana hanno ottenuto complessivamente meno dell’un per cento dei voti. Numero che mostrano in maniera cristallina come le elezioni in Ruanda non possano definirsi nè libere nè democratiche. I risultati definitivi sono attesi entro i prossimi giorni, ma è evidente che non sposteranno minimamente i pesi in campo. Già nel 2017 Kagame era stato rieletto superando il 99 per cento. Considerando le ultime tre elezioni presidenziali, invece, ha sempre ottenuto percentuali superiori al 90 per cento.
Paul Kagame, dal genocidio del Ruanda a capo di un governo illiberale
Paul Kagame guida ininterrottamente il Ruanda dalla fine del tremendo genocidio del 1994. All’epoca era il comandante Fronte patriottico ruandese (Fpr), accusato di aver assassinato l’allora presidente Habyarimana e quello del Burundi Cyprien Ntaryamira, entrambi di etnia hutu, morti in un misterioso incedente aereo. L’episodio venne utilizzato come pretesto per iniziare lo sterminio dei tutsi, che proprio con gli hutu costituivano le due etnie principali del Ruanda. Fu una delle pagine più nere della storia del Novecento, che in cento giorni causò la morte di un numero compreso tra 800mila e 1.071.000 persone. Da allora, molto è cambiato. Kagame ha conservato il potere per i successivi 30 anni, modificando la Costituzione per continuare a governare oltre il termine dei due mandati precedentemente in vigore. Negli anni reso impossibile costituire una vera opposizione al Fpr.
All’estero, Kagame si è presentato come un alleato affidabile dell’occidente, prestando il fianco alle politiche di esternalizzazione dei confini di molti Paesi. Ha stretto vantaggiosi accordi economici con Israele per la deportazione dei migranti irregolari espulsi dal paese, intavolando trattative anche con Danimarca e, soprattutto, il Regno Unito ai tempi di Boris Johnson. Il piano Ruanda è stato abrogato durante il primo giorno da primo ministro di Keir Starmer, senza che fosse mai partiti un solo volo in direzione Kigali. In compenso, Kagame ha già ricevuto oltre 100 milioni di sterline di finanziamenti, che il suo governo si è detto intenzionato a non restituire.