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- Quella di Al Mawasi è un’area che l’esercito israeliano, in inverno, ha decretato “zona umanitaria sicura”.
- Il 13 luglio Israele ha compiuto bombardamenti e colpito i mezzi di soccorso uccidendo almeno 141 palestinesi.
- L’ordine di attaccare è arrivato dal premier Netanyahu per uccidere un leader di Hamas. Che però non figura tra i morti.
Il 13 luglio l’esercito israeliano si è reso responsabile di una nuova strage nella Striscia di Gaza, una delle peggiori dal 7 ottobre. Secondo il ministero della Salute di Gaza il bilancio dei bombardamenti nell’area di Al Mawasi, che proprio Israele aveva definito “zona umanitaria sicura” per indurre i civili palestinesi a radunarsi lì, è di almeno 141 morti e oltre 400 feriti.
L’esercito israeliano ha giustificato l’attacco con la volontà di uccidere Mohammed Deif, uno dei leader di Hamas. Che però è ancora vivo.
Un’altra strage compiuta da Israele
Qualche mese fa un’inchiesta del magazine israeliano +972 ha rivelato che per le autorità israeliane non esiste un limite in termini di vittime collaterali civili palestinesi quando si tratta di colpire un obiettivo militare. E il 13 luglio Israele ha confermato, forse come mai fino a ora, questo dogma.
Quella di Al Mawasi è un’area che lo stesso esercito israeliano, in inverno, ha decretato “zona umanitaria sicura”. La Striscia di Gaza è sotto assedio dal 7 ottobre, finora Israele ha ucciso più di 38mila persone e raso al suolo interi quartieri e città, obbligando la maggior parte della popolazione a lasciare le proprie case. Nel mezzo della devastazione ci sono piccole aree che lo stesso Israele ha definito sicure e dove i civili dovrebbero poter stare senza rischiare di subire bombardamenti e altro. Al Mawasi, che si trova nel sud della Striscia, lì dove negli ultimi mesi si sta concentrando l’offensiva israeliana, è una di queste, anzi lo era. Perché il 13 luglio, con la motivazione di voler colpire uno dei leader di Hamas, Mohammed Deif, l’esercito israeliano su ordine del premier Benjamin Netanyahu ha compiuto un pesante bombardamento sull’area, causando una delle peggiori stragi dall’inizio della sanguinosa offensiva.
Secondo il ministero della Salute della Striscia di Gaza, che finora ha sempre dimostrato di fornire dati credibili, i morti sono per il momento 141, i feriti più di 400. Tra le vittime ci sarebbero tantissimi bambini, una costante dell’offensiva militare israeliana sulla Striscia, visto che circa il 40 per cento dei morti totali sono minorenni.
Il bilancio potrebbe aggravarsi
“In quel momento c’erano tante persone in fila, tra cui molti bambini, davanti a due stazioni per la distribuzione dell’acqua potabile. Le esplosioni sono state spaventose, non hanno lasciato scampo”, è la cruda testimonianza del giornalista Hilmi Hirez, raccolta dal Manifesto.
Secondo fonti locali, la strage non si sarebbe consumata con i bombardamenti, ma sarebbe proseguita con attacchi verso i mezzi di soccorso, oltre che da nuovi raid nelle ore successive. L’esercito israeliano ha continuato a ripetere che l’area era popolata da terroristi, tra cui l’obiettivo Mohammed Deif, capo delle Brigate al Qassam, il braccio armato di Hamas, e tra i principali leader dell’organizzazione radicale palestinese. Le testimonianze e le immagini arrivate dal luogo dell’attacco smentiscono però la versione israeliana, vista la presenza massiccia di civili. Deif peraltro sarebbe ancora vivo, come annunciato da Hamas e come non ha smentito Israele.
Dopo l’attacco, i feriti più gravi sono stati portati al Nasser Hospital di Khan Younis. L’assedio israeliano ha però messo fuori uso gran parte degli ospedali e anche quelli ancora operativi, come il Nasser, lavorano con pesanti limitazioni. Ecco perché il bilancio di 141 morti dell’attacco israeliano potrebbe peggiorare per l’impossibilità di curare in modo adeguato le centinaia di feriti.