Gli allevamenti illegali in Nicaragua minacciano anche una riserva della biosfera. Lo svela il documentario Patrol

Lifegate

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Il documentario di Camilo de Castro Belli e Brad Allgood fa luce sul collegamento tra allevamenti di bestiame, sviluppo economico e sociale e attività illegali.

Le luci della sala si accendono all’improvviso e, nonostante l’argomento trattato dal documentario sia spesso ancora considerato “di nicchia”, le file sono quasi al completo. Tra le persone presenti alla proiezione di Patrol, a Città del Messico, c’è chi piange visibilmente, chi non trattiene smorfie di rabbia e chi continua ad applaudire gli sforzi del regista, Camilo de Castro, che dal palco sorride emozionato.

In un momento di pausa, riusciamo a scambiare due chiacchiere che proseguiranno al telefono, nelle settimane successive. Gli racconto di come, nell’ultimo anno e mezzo, io abbia attraversato il Centro e il Sud America per documentare l’impatto delle attività umane sulla biodiversità e di come la presenza massiccia di bestiame in ogni regione sia non solo evidente ma anche palesemente in aumento. E questo non può non portare con sé estreme conseguenze, soprattutto laddove la sua presenza è illecita.

L’espansione degli allevamenti illegali di bestiame mina le risorse naturali in tutto il Centro America, soprattutto in Nicaragua, Honduras e Guatemala dov’è collegata a deforestazione, degrado ambientale irreversibile e violenza nei confronti delle comunità indigene, alimentando al contempo un mercato criminale che genera profitti per milioni di dollari.

Camilo de Castro

Ad alimentare la drammatica situazione è il boom nel commercio globale di carne bovina che, in questo lato del mondo, opera per lo più senza controllo e ha portato diversi produttori a entrare nel mercato nero. Dall’altra parte, il traffico di bestiame serve anche una serie di interessi criminali: per i trafficanti di droga è, infatti, uno strumento di controllo del territorio ed è fondamentale per riciclare agevolmente il denaro, oltre che per accedere a preziose risorse naturali e diversificare, così, il proprio profitto.

Camilo de Castro
Camilo de Castro © Facebook

Patrol, il documentario di Camilo de Castro e Brad Allgood

Tutti elementi che vengono raccontati dalle potenti immagini di Patrol, diretto da Camilo de Castro e Brad Allgood e girato nella riserva Indio-Maiz, nel sud-ovest del Nicaragua: 2.639 km² di foresta tropicale, pari a circa dieci volte la capitale del paese, Managua, 524 specie documentate di mammiferi, rettili, insetti, uccelli e anfibi, e la presenza fondamentale della comunità ancestrale Rama e dei Kriol, discendenti degli africani, che giorno dopo giorno vedono il loro territorio invaso e distrutto. Per questo, da alcuni anni, i membri della comunità si sono organizzati per pattugliare il territorio con le poche risorse che hanno a disposizione e a rischio della loro stessa vita.

Qui, il tasso di deforestazione è pesantissimo. Se tra il 2001 e il 2006 sono scomparsi 411 ettari di foresta vergine, tra il 2018 e il 2022 i dati parlano di ben 9.824 ettari e, spiega Castro, “secondo le informazioni che iniziano ad arrivarci, la situazione è enormemente peggiorata nell’ultimo anno”.

Il progetto documentale è durato più di un decennio e ha beneficiato del supporto del fondo cinematografico Ambulante y Pacific Pioneer Fund, così come di Re:wild, Juli Films e Perpetuo Films. Tra i momenti più forti raccontati dalle immagini c’è quello in cui un gruppo di guardaboschi della comunità Rama-Kriol scopre un nuovo insediamento nella riserva: una casa fatiscente di legno, una donna palesemente indigente e i suoi bambini in attesa che il padre, a cui è stata data una manciata di dollari da qualche grande allevatore per invadere la riserva e occuparsi del bestiame, torni dalla selva dove sta probabilmente tagliando alberi per far spazio al pascolo.

“Non sappiamo quanti allevamenti illegali ci siano nella riserva ma, secondo un’indagine di InSight Crime, si stima la presenza di circa 12mila bovini. Una volta cresciuti, vengono macellati in strutture industriali e municipali. Il novanta per cento dei bovini finisce in sette macelli certificati per l’esportazione di carne negli Stati Uniti e altrove. Il dieci per cento della carne è destinato al mercato interno”, prosegue de Castro, gli occhi fissi sulle immagini del suo documentario che scorrono sul grande schermo.

Gli allevamenti illegali di bestiame in Nicaragua

Ma com’è possibile che tutto questo accada? Per capirlo è necessario conoscere la storia del Nicaragua, un paese travagliato da guerre civili e regimi dittatoriali come quello di Ortega, al governo dal 1984 al 1990 e poi di nuovo, ininterrottamente, dal 2007, che ha fatto sì che le violazioni dei diritti umani e la repressione delle opposizioni diventassero sistematiche, lasciando ampio spazio alla corruzione e al narcotraffico.

“Al momento non c’è modo di conoscere l’esatta origine del bestiame perché il sistema nazionale di tracciabilità presenta difetti sistemici che lo rendono inaffidabile e le informazioni in esso contenute non sono comunque accessibili al pubblico. Secondo le interviste che abbiamo fatto a ex lavoratori dell’Istituto di salute e protezione agricola (Ipsa), i movimenti degli animali non vengono registrati e questo rende facile per gli allevatori spostare il bestiame da allevamenti al di fuori delle aree protette ad allevamenti nei territori indigeni e nelle aree protette come Indio Maiz”.

La carne e il cuoio degli allevamenti del Nicaragua finiscono in tutto il mondo

“Alcuni di questi bovini vengono contrabbandati in Messico, dove alimentano la domanda interna di carne, o vengono mescolati alle esportazioni di carne bovina verso gli Stati Uniti”. Un filo rosso nelle mani di SuKarne, industria messicana che gestisce oltre il settanta per cento delle esportazioni nazionali di carne e, secondo le informazioni ricevute da de Castro da contatti locali e confermate da un’indagine di InSight Crime, starebbe comprando da anni capi di bestiame allevati illegalmente proprio nella riserva della biosfera Indio Maìz, in Nicaragua. L’azienda, che di fatto gestisce un monopolio, sta aumentando la sua influenza anche in Belize e Guatemala. Nonostante i dubbi sulla provenienza dei capi da cui viene ottenuta la carne immessa sul mercato, nel 2021 ha vinto il National export award conferito dal governo messicano per aver venduto i suoi prodotti in 12 paesi di quattro continenti, con un guadagno medio annuo di circa 985 milioni di dollari.

Nonostante il Nicaragua non esporti carne in Europa, sappiamo che svariati paesi dell’Unione acquistano derivati come il cuoio, utilizzati soprattutto dall’industria dell’automotive e della moda, in particolare delle calzature.

Camilo de Castro

Un mercato a cui non si sottrae il nostro paese, l’Italia, che nel solo 2021 ha acquistato ben 3.663 tonnellate di cuoio proveniente dal Nicaragua ma la cui tracciabilità risulta inaffidabile e pericolosa per tutti coloro che stanno combattendo per una delle riserve della biosfera più importanti al mondo.

“Le invasioni da parte degli allevatori continuano ad avanzare e sono ormai giunte lungo la riva del fiume Indio, mettendo in pericolo la sicurezza dei membri della comunità, la loro sicurezza alimentare e il loro stile di vita. Eppure, nonostante la mancanza di sostegno da parte delle autorità locali, le guardie forestali continuano a pattugliare la riserva. Margarito, uno dei protagonisti del documentario, ha dovuto lasciare la sua casa perché i coloni si sono impossessati dei suoi appezzamenti. Ieri mi ha chiamato per dirmi che la settimana scorsa lo hanno minacciato con un fucile e che non ha nessuno a cui rivolgersi per essere accompagnato”.

Per il suo lavoro di investigazione e il suo attivismo, a Camilo de Castro Belli è stata tolta la cittadinanza nicaraguense il 15 febbraio del 2023. I suoi beni sono stati espropriati. Patrol, il documentario che racconta la lotta della comunità Rama Kriol, è illegale nel paese.

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