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- “Fashion expressions: the stories she wears” è il programma di formazione lanciato dall’agenzia delle Nazioni Unite per la salute sessuale e riproduttiva (Unfpa) e il gruppo Prada.
- Il programma si concentra in del Ghana e del Kenya e coinvolge un totale di 45 donne, che frequentano corsi di design e sartoria, oltre a ricevere una formazione sulla salute femminile e sulla prevenzione della violenza di genere.
- Mutilazioni genitali, violenza di genere, matrimoni forzati per le bambine: sono moltissimi i fronti aperti dal punto di vista dei diritti delle donne nella società africana.
Emancipazione femminile e moda sono sempre state intimamente connesse. Molte delle rivoluzioni nell’ambito della moda femminile, come lo sdoganamento dei pantaloni o l’allora scandalosa minigonna di Mary Quant (la designer che per prima propose, negli anni Sessanta, le gonne sopra al ginocchio) sono state espressione di cambiamenti importanti nella società dal punto di vista delle tematiche di genere. Questo succede perché la moda, come tutte le espressioni di sé, è intrinsecamente connessa con l’esigenza di una rappresentazione equa.
Ma c’è anche un altro aspetto, quello del potere sociale ed economico della moda, che se utilizzato in maniera etica e responsabile, può davvero fare del bene. Nello specifico può diventare un potente veicolo per promuovere l’emancipazione femminile sotto un altro punto di vista, quello lavorativo.
Ecco perché è nato un programma di formazione professionale nell’ambito del tessile destinato alle donne del Ghana e del Kenya, elaborato dall’Unfpa (l’agenzia delle Nazioni Unite per la salute sessuale e riproduttiva) e dal gruppo Prada.
Il programma di Unfpa e del gruppo Prada in Ghana e in Kenya
“Fashion expressions: the stories she wears” è il nome dell’iniziativa che ha l’obiettivo di dare alle donne che partecipano al progetto, 45 in tutto, gli strumenti necessari per riscrivere la propria storia ed essere consapevoli dei propri diritti. Il fine ultimo è quello di fornire alle partecipanti conoscenze e competenze pratiche che possano poi rendere più semplice per loro accedere a primi impieghi presso aziende locali, passaggio questo che è necessario per la realizzazione di una società più equa nei confronti del genere femminile.
“Unfpa sta lavorando con l’industria creativa per cercare soluzioni innovative volte a sostenere le giovani donne in difficoltà e consentire loro di prendere piena coscienza dei loro diritti e liberare il loro pieno potenziale. La moda è una piattaforma globale che garantisce formazione e sviluppo sostenibile a lungo termine”, commenta Mariarosa Cutillo, responsabile di Unfpa per quanto riguarda le partnership. “Siamo orgogliosi di lanciare la nostra partnership con il gruppo Prada attraverso questo programma d’impatto che si concentra sull’inclusione economica delle donne”.
Sono due i principali terreni d’azione del programma: il Ghana, dove le giovani donne coinvolte sono 30, e il Kenya, dove sono le restanti 15. Alle partecipanti vengono trasmesse conoscenze trasversali, che spaziano dal design alla produzione manuale dei capi con un ottica locale.
In particolar modo viene focalizzata l’attenzione su quelle che sono le tradizioni tessili del luogo: le ragazze imparano a maneggiare i tessuti della tradizione africana, oltre che le basi della sostenibilità nell’ambito tessile. Per quello che riguarda l’aspetto più manageriale poi, i corsi riguardano l’alfabetizzazione finanziaria, la contabilità, il budgeting e la gestione aziendale.
“Siamo entusiasti di continuare ad approfondire la nostra partnership con Unfpa”, ha affermato Malika Savell, Responsabile per diversità, uguaglianza e inclusione del gruppo Prada. “L’obiettivo è quello di guidare e potenziare la prossima generazione di professioniste. È un privilegio per il gruppo Prada impegnarsi a favore delle opportunità per le giovani aspiranti stiliste di tutto il mondo”.
Cosa c’entra l’educazione sessuale?
Tra gli obiettivi del programma, al di là della formazione in ambito lavorativo, c’è anche la volontà di promuovere la comprensione dei diritti sessuali e riproduttivi da parte delle donne africane, di ridurre la vulnerabilità e le disuguaglianze di genere e di fare informazione riguardo pratiche potenzialmente rischiose per la salute femminile. Argomenti quali la gestione della salute mestruale, la pubertà e la prevenzione delle gravidanze adolescenziali sono temi chiave in una società come quella africana.
Inoltre, le partecipanti ricevono una formazione sulla prevenzione e la risposta alla violenza di genere, acquisendo competenze preziose per contribuire a combattere pratiche terrificanti, tra cui le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni infantili, tema quest’ultimo che riguarda 130 milioni di bambine, secondo l’ultimo rapporto Unicef sul tema.
Le ragazze e le giovani donne africane sono nella stragrande maggioranza dei casi quelle che mandano avanti la società, rappresentano un enorme potenziale in termini di forza lavoro, ma i loro diritti sono ancora in larga parte calpestati.
Sono 200 milioni le donne africane che sono state vittima di mutilazione genitale secondo alcuni dati diffusi da Amref(la più grande onlus sanitaria sul territorio africano). L’infibulazione o circoncisione femminile è una pratica ancora molto diffusa in tutto il continente che, oltre ad essere assolutamente non necessaria dal punto di vista medico, espone le bambine e future donne a sofferenze terribili e a gravi rischi connessi al parto.
Ogni anno sono infatti 200mila le donne che muoiono nel portare a termine una gravidanza. Ecco perché è più che mai necessario dare al maggior numero di donne possibile gli strumenti necessari per difendersi e per emanciparsi da pratiche tanto tradizionali quanto rischiose.