https://www.lifegate.it/atelier-riforma-intelligenza-artificiale
- |
Il rapporto tra moda e intelligenza artificiale si fa di giorno in giorno più stretto e, al netto di maison che fanno eventi e lanciano prodotti nel Metaverso, c’è anche chi si ingegna per utilizzare le più nuove tecnologie in favore della sostenibilità. È il caso di Atelier Riforma: startup nata come e-commerce di upcycling e diventata hub tecnologico al servizio del riciclo e del riuso.
Upcycling e tecnologia
A settembre vedrà infatti la luce il nuovo, innovativo, progetto di Atelier Riforma, startup nata con l’obiettivo di creare un’e-commerce dedicato all’upcycling e poi diventata tutt’altro. Tutto nasce dal cuore creativo e operativo della società, ovvero da Elena Ferrero e Sara Secondo: due ragazze che si sono incontrate durante un master dedicato ad editoria e startup e che hanno fatto della loro coscienza ambientale un lavoro. “Inizialmente portavamo avanti il progetto nel tempo libero – racconta Ferrero –. È da dopo la pandemia, da maggio 2020, che abbiamo iniziato a crederci veramente, costituito la società e dato una svolta imprenditoriale vera e propria a quello che prima era nato come lo sfogo di una passione e di una missione”.
Quello che da sempre ha mosso le due imprenditrici è infatti la possibilità di ridurre l’impatto ambientale del settore tessile attraverso l’economia circolare; negli anni però il modo in cui cercano di perseguire questo scopo si è evoluto. “In primis il nostro approccio è stato molto pratico, ci siamo dedicate all’upcycling sartoriale: garantivamo il recupero di vecchi abiti in modo che non diventassero rifiuti, ma che venissero trasformati in qualcosa di diverso. Il primo step per fare questo è stato creare una rete di designer, produttori tessili, atelier sartoriali e sartorie sociali grazie ai quali abbiamo iniziato a rivisitare creativamente gli scarti che raccoglievamo: il passo logico successivo è stato quindi creare un marketplace rivolto direttamente al consumatore finale, per rimetterli in circolo gli abiti salvati”.
Cosa avete imparato da questa prima esperienza?
È stato il primo e-commerce in Italia di questo genere, una bella soddisfazione, ma abbiamo ben presto toccato con mano che questo modello, questo tipo di processo, era sì positivo e con un impatto sociale molto grande, però era difficilmente scalabile. Il problema, per farlo funzionare realmente, era quello di arrivare ad avere una diffusione molto elevata; anche perché gli step erano svariati, dalla raccolta degli indumenti alla loro catalogazione, dalla gestione del magazzino alla vendita. Questa è la ragione principale che ci ha portato a modificare il nostro modello di business: lo abbiamo fatto evolvere in modo che fosse sempre più scalabile.
Ed è qui che entra in gioco la tecnologia…
Esattamente: ci siamo focalizzate sullo sviluppo tecnologico e abbiamo creato uno strumento che ci permettesse di applicare il concetto dell’economia circolare su una scala molto più ampia. È così che, dalla metà del 2021 fino ad oggi, ci siamo dedicate allo sviluppo di questa tecnologia innovativa che abbiamo chiamato Re4circular e che si basa sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale e, in particolare, sul riconoscimento di immagini e indumenti – azione grazie alla quale si riesce ad automatizzare il processo di selezione e smistamento degli abiti raccolti per il riuso.
Come funziona?
In maniera molto semplice: questa tecnologia è in grado di estrapolare, dall’immagine di un indumento e dalla sua etichetta, tutte le caratteristiche necessarie per permettere il recupero del capo. Dove il recupero non si limita all’upcycling, ma include anche il riuso, il riutilizzo in collezioni second hand, il riciclo della fibra tessile per creare tessuti rigenerati e ovviamente anche l’upcycling, che è quello che facevamo già da tempo. Questo permette da un lato di estrarre tutte le caratteristiche, e dall’altro di registrarle insieme all’immagine, e quindi di digitalizzare ogni capo catalogato.
Questo fa sì che tutte queste informazioni possano poi essere trasmesse a chi deve fare progetti di recupero, riuso, riciclo oppure upcycling. Le varie informazioni sono conservate e trasmesse attraverso una piattaforma digitale, che è collegata alle tecnologie di catalogazione ed è una piattaforma di marketplace rivolta a realtà aziendali. Il funzionamento è semplice: funziona come un match, ovvero connette domanda e offerta per far sì che il produttore riesca a trovare il tipo giusto di materiale, o di abito, e così via.
Chi sono gli utenti tipo di questa piattaforma?
La tecnologia di catalogazione fornita da Atelier Riforma è dedicata a tutte quelle realtà che si occupano di raccogliere indumenti: nella maggior parte dei casi sono cooperative, ma ci sono realtà di tanti tipi diversi: dalle no profit, che utilizzano la tecnologia per catalogare e digitalizzare i dati che raccolgono e attraverso il marketplace possono automaticamente rivenderli ad altre aziende, a player della moda circolare come negozi dell’usato, aziende che riciclano la fibra tessile, oppure brand che fanno upcycling sartoriale. Noi permettiamo a domanda e offerta di incontrarsi e gestire in modo efficiente e circolare i rifiuti che vengono raccolti sul territorio: l’obiettivo è proprio quello di recuperare il più alto numero di indumenti possibili salvandoli dalla discarica.
Quanti siete?
Il team operativo vero e proprio, che poi è anche cuore di tutto, è composto da due persone: Sara e me; poi ci avvaliamo del supporto di Huulke, un’azienda che offre prodotti digitali e che cura la parte tecnologica, e abbiamo coinvolto tre ingegneri e data scientist per occuparsi dell’intelligenza artificiale.