Con il caldo c’è una grave moria di pesci nella laguna di Orbetello. E non è la prima

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Gli enti locali cercano di riparare i danni dovuti alla moria di pesci nella laguna di Orbetello, in Toscana, in piena stagione turistica.
  • Dopo quella del 2015, la laguna di Orbetello (in Toscana) è nuovamente alle prese con una grave moria di pesci.
  • Le alghe, proliferate a causa dei fertilizzanti, sono morte in massa per l’aumento delle temperature, privando dell’ossigeno l’acqua.
  • Gli enti locali stanno cercando di contenere l’emergenza che preoccupa anche gli operatori turistici.

Impossibile contarle: sono migliaia e migliaia le orate, spigole e anguille trovate morte in questi giorni di fine luglio nella laguna di Orbetello, nella Maremma grossetana, in Toscana. Una moria di pesci che ricorda quella già avvenuta nella stessa zona nel 2015 ma, stando ai pescatori della zona, potrebbe essere ancora più imponente. Con gravi conseguenze ecologiche ed economiche.

Le cause della moria dei pesci nella laguna di Orbetello

Ma cosa può avere determinato una moria di pesci di questo calibro? Al momento le valutazioni sono ancora in corso ma è indubbio che, con le intense ondate di caldo che hanno caratterizzato la seconda metà di luglio, anche la temperatura dell’acqua sia aumentata. Tutto questo in una zona che, spiega a 3BMeteo il biologo Mauro Lenzi, è già caratterizzata dall’eutrofizzazione, cioè dalla presenza di quantità enormi di fertilizzanti che accelerano la crescita della vegetazione algale. Ma le alghe sono effimere e, quando la temperatura dell’acqua è così alta, muoiono in massa. Si innescano così delle fermentazioni tossiche che rendono l’ambiente sempre meno salubre e consumano l’ossigeno (in gergo si parla di anossia). È un fenomeno che avviene soprattutto dove l’acqua è stagnante.

Ritrovatisi in questo ambiente inadatto alla vita, i pesci muoiono a migliaia e le loro carcasse maleodoranti emergono in superficie, con tutti i disagi che ciò comporta. Il Post fa sapere che finora ne sono stati rimossi più di 24mila chili, soprattutto tra quelli che erano stati bloccati dallo sgrigliatore, una sorta di filtro che impedisce loro di arrivare al mare. Risulta molto più macchinoso recuperare tutti gli altri che sono finiti a riva, sui bordi del canale o che sono rimasti in superficie senza defluire.

La difficile gestione della moria dei pesci a Orbetello

Tutto questo avviene nel bel mezzo della stagione balneare, a poche centinaia di metri da spiagge solitamente molto frequentate. I gestori degli stabilimenti temono un fuggi fuggi dei turisti, sia per le forti zaffate di odore di pesce marcio, sia per i rischi sanitari. L’Associazione per la difesa di Ansedonia, tramite una nota, lamenta infatti come il pompaggio di acqua di mare pulita a ponente della laguna abbia inevitabilmente convogliato l’acqua putrida verso il litorale di Feniglia. Il fosso della Tagliata etrusca, antistante al canale, era già stato oggetto di numerosi divieti di balneazione perché fortemente inquinato. Il sindaco di Orbetello, Andrea Casamenti, ha chiesto al presidente della regione Toscana Eugenio Giani di dichiarare lo stato di emergenza. Questo sbloccherebbe dei fondi per le operazioni di contenimento della crisi di cui, ad oggi, si sta facendo carico il comune.

Interpellato da Nova Radio, Angelo Gentili, membro della segreteria nazionale di Legambiente, esorta a partire dalla contingenza per ragionare in un’ottica di più ampio respiro. “Bisogna ripulire i canali, ristabilire un contatto maggiore con l’acqua di mare, fare in modo che ci sia un movimento maggiore dell’acqua, sia attraverso le pompe sia attraverso pale che la muovano. La laguna è un sistema fragilissimo che tende a riempirsi: bisogna togliere i sedimenti che si accumulano”, spiega. “Tanti sarebbero gli interventi, ma andrebbero fatti durante l’anno, non solo nel periodo di emergenza. Occorre che regione Toscana e ministero dell’Ambiente prendano la laguna come uno dei poli nazionali di zone umide da tutelare, anche perché all’interno ci sono attività produttive come la pesca. Tutti gli interventi vanno fatti prima che succeda l’irreparabile, perché i danni sono più ingenti rispetto a quanto si spenderebbe con una corretta, duratura e continuativa manutenzione.”

I precedenti: dalle cozze di Taranto ai pesci di Palau

A Orbetello è ancora vivo il ricordo dell’imponente moria di pesci avvenuta nel 2015: all’epoca si raccolsero duemila quintali di carcasse. Ma questo non è un problema solo maremmano. Proprio in questi giorni, sempre il surriscaldamento delle acque ha ucciso per asfissia le cozze di Taranto che erano ancora in mare, in attesa di essere raccolte per la vendita. Stando alle associazioni di categoria, alcune cooperative rischiano di perdere il 70-80 per cento della produzione. Anche sulle spiagge dell’alto Adriatico sono stati trovati morti a quintali i famigerati granchi blu, per cause ancora tutte da accertare.

Con il mar Mediterraneo che diventa bollente, è inevitabile che accadano simili episodi, su grande o piccola scala. Nel 2022, l’anno del caldo e della siccità record che hanno flagellato il Belpaese per mesi, la spiaggia de La Sciumara di Palau, in Sardegna, è stata ricoperta da un tappeto argentato dall’odore nauseabondo: erano spigole, orate, saraghi e sogliole che erano rimaste intrappolate nel riu Surrau quando lo sbocco al mare si è chiuso e lì sono morte per ipossia. Sempre per la siccità dell’estate 2022, i piccoli corsi d’acqua dell’Alto Adige sono rimasti a secco condannando a morte la fauna ittica.

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