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- In Europa sono più di 18mila i siti contaminati da Pfas, le sostanze perfluoroalchiliche ampiamente usate dall’industria.
- Soprattutto dopo l’emergenza sanitaria in Veneto, è lecito chiedersi se i Pfas siano presenti anche nell’acqua di rubinetto, dopo i trattamenti di potabilizzazione.
- Altroconsumo ha raccolto e analizzato campioni di acqua da 38 fontanelle in 34 città italiane: nessuno di essi conteneva Pfas.
La presenza di Pfas nell’acqua è uno di quei temi che non possono lasciare indifferenti. Soprattutto sapendo che in Veneto per decenni c’è stata la contaminazione più estesa d’Europa, sia in termini di quantità di composti chimici, sia perché estesa a falda acquifera, fiumi e acquedotto. Suonano dunque rassicuranti i risultati di un’indagine condotta da Altroconsumo: dopo aver raccolto e analizzato campioni di acqua da 38 fontanelle in 34 città italiane, l’associazione fa sapere che nessuno di essi conteneva Pfas.
Cosa sono i Pfas e perché rappresentano un rischio
Con il termine Pfas (sostanze perfluoroalchiliche) ci si riferisce a una vasta famiglia di composti chimici sintetici, sfruttati per anni da varie industrie in virtù della loro eccezionale resistenza al calore, all’acqua, alle macchie e al grasso. Si è fatto dunque un largo uso di Pfas per produrre tessuti impermeabili, rivestimenti per contenitori alimentari, padelle antiaderenti, corde per le chitarre, schiume antincendio e non solo.
Proprio per queste loro proprietà, i Pfas si accumulano nell’ambiente e negli organismi viventi, per non degradarsi praticamente mai. Il che rappresenta un grave rischio per la salute, perché sono interferenti endocrini, cioè alterano l’equilibrio ormonale. Vari studi ricollegano l’esposizione a Pfas a una lunga serie di patologie e disturbi, come il cancro al rene e ai testicoli, danni al fegato, problemi alla tiroide, obesità, diabete, riduzione della fertilità e compromissione del sistema immunitario.
L’onnipresenza dei Pfas nell’ambiente
Che i Pfas contaminino il nostro territorio è una realtà. Una dettagliatissima inchiesta giornalistica internazionale, pubblicata nel 2023, ha reso nota la mappa di 17mila siti inquinati da Pfas in tutt’Europa, Italia compresa. Un gruppo di cui fanno parte anche 2.100 hotspot, cioè zone in cui la concentrazione risulta particolarmente elevata. 21mila invece sono gli stabilimenti industriali (chiusi o ancora in funzione) che usano o emettono Pfas.
Tra le ong che si stanno battendo per mettere definitivamente al bando i Pfas c’è Greenpeace Italia, la cui unità investigativa ha esaminato i dati sulla qualità dell’acqua a uso potabile in varie regioni italiane. In Lombardia, per esempio, ha rilevato Pfas in 738 campioni su quasi 4mila analizzati tra il 2018 e il 2022. Nella stragrande maggioranza dei casi, però, non ha potuto specificare se l’acqua fosse stata prelevata prima o dopo i trattamenti di potabilizzazione.
Cosa emerge dall’indagine di Altroconsumo
Proprio per rispondere ai legittimi dubbi di cittadini e cittadine, che si chiedono se fidarsi di bere l’acqua di rubinetto, l’associazione Altroconsumo tra giugno e luglio del 2024 ha prelevato 38 campioni di acqua dalle fontanelle pubbliche ubicate nei centri storici di 34 città italiane (una per città, dunque, ad eccezione di Milano, Roma, Torino e Napoli in cui sono stati fatti due prelievi in zone diverse). Li ha quindi analizzati in laboratorio per cercare trenta diversi Pfas: nessun campione li conteneva, nemmeno nella quantità minima che è possibile rilevare con gli strumenti di analisi a disposizione, pari a cinque nanogrammi per litro.
Cosa prevede la legge italiana sui Pfas nell’acqua potabile
Oggi in Italia la legge consente ancora di produrre Pfas e usarli nelle industrie. Al momento le istituzioni dell’Unione europea stanno discutendo sulla possibilità di limitarli attraverso la revisione del regolamento Reach sui prodotti chimici. Un’ipotesi apertamente criticata dal rapporto Draghi sulla competitività europea, per il quale un simile divieto andrebbe a ostacolare le industrie di batterie, elettrolizzatori e refrigeranti per le pompe di calore.
In Italia, il decreto legge n.18 del 23 febbraio 2023 introduce nuovi parametri di sicurezza per l’acqua potabile, attuando la direttiva europea 2020/2184. Il testo prevede un limite di 100 nanogrammi per litro per la presenza complessiva di 24 di queste sostanze e di 500 per la somma di Pfas, ma in Italia entrerà in vigore solo nel 2026. Ancora più severe le nuove linee guida dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente americana (Epa): per Pfoa e Pfos la soglia è pari a zero.