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ROMA – “Il CAI può e deve essere la voce della montagna italiana nelle istituzioni” e “dobbiamo assume questo importante ruolo di mediatore, anche su temi difficili come i grandi carnivori”, tenendo presente che “i cittadini di montagna sono i custodi dei beni, hanno diritto a tutto quello che hanno gli altri cittadini, banda larga, sanità, scuola, lavoro, trasporti, ma non possono essere i cittadini di montagna i padroni della montagna”. Antonio Montani, Presidente Generale CAI, lo dice chiudendo il 101mo Congresso Nazionale del Club Alpino Italiano.
Giovani, donne, formazione, sostenibilità, elementi discussi ai tavoli di lavoro del congresso che Montani riassume nel suo intervento conclusivo. “Lasciate spazio ai giovani, riciclare è bene ma non riciclatevi nelle cariche del CAI, lasciate spazio a loro”, dice rivolto ai soci membri degli organismi direttivi. Il presidente invita, a livello più generale, a un impegno per “capire come migliorare meccanismi di funzionamento degli organi del CAI” agendo “in un dialogo nel segno dell’apertura” tra le varie componenti dell’organismo.
Dal metodo al merito, “non dobbiamo avere paura di affrontare temi critici”, come quello delle ferrate, “dobbiamo discutere, ma poi quando si prende una decisione tutti devono essere coerenti e rispettarle”, auspica Montani.
Per il rapporto con il mondo della bicicletta “sia la normale che quella a pedalata assistita, dobbiamo tenere presente che saranno sempre più presenti in montagna, quindi dobbiamo fare educazione sul suo uso e non limitarci a dire che non la usiamo, se non interveniamo resteremmo fuori da quel mondo”, non potendo nemmeno intercettare gli eventuali danni che potrebbero derivare da un uso non adeguato delle due ruote in montagna, “ma il nostro ruolo come grande organizzazione è proprio quella di operare nel senso di una mediazione fra varie istanze”, prosegue Antonio Montani, Presidente Generale CAI, lo dice chiudendo il 101mo Congresso dell’associazione.
Sempre sul fronte dei trasporti, “dovremmo arrivare a dire che sempre meno usiamo auto proprie per le escursioni, e che non ne faremo se non usiamo mezzi pubblici, mezzi collettivi”, esorta Montani, “dovremmo tornare ai nostri padri fondatori che impiegavano due o tre giorni per arrivare in montagna, fermandosi nei paesi, comprando nei negozi, alimentando l’economia della montagna”, contro la fruizione mordi-e-fuggi, veloce e non rispettosa della natura.
Sul punto della formazione “dobbiamo ripensare come CAI in maniera profonda l’approccio che abbiamo con il mondo scolastico”, dice il presidente, “troppo spesso la approcciamo in modo casuale, con vari livelli di competenza nel rapporto con i bambini e i giovani, mentre quella tecnica relativa alla montagna è sempre elevata e riconosciuta. Dobbiamo anche rimettere in discussione tutto il mondo dell’alpinismo giovanile che non riesce a essere performante su tutto il territorio nazionale. Ripartire dalla tematiche ambientali per ripensare il nostro approccio con la scuola”.
Ancora, pensando alla dimensione europea e non solo, “possiamo fare in maniera seria progetti internazionali e i contati che riceviamo sono importanti ci dicono che siamo sulla strada giusta e va perseguita”, segnala Montani.
Un tema importante del 101mo Congresso Nazionale del CAI è stata la citizen science, la scienza partecipata, nella quale ogni cittadino, e ogni escursionista, può osservare fenomeni e raccogliere dati, circostanza favorita anche dai mezzi digitali. “La scienza partecipata sembra fatta apposta per noi, siamo come i Carabinieri, non c’è valle italiana dove noi non siamo presenti, da nord a sud, se saremo in grado di immaginare progetti e articolarli e comunicarli, che è la cosa più difficile, il CAI potrà dire la sua sulla citizen science”, esorta il presidente Antonio Montani chiudendo il 101mo Congresso.
In tutto ciò, “la sostenibilità, pensata come la pensa il CAI, è in grado di pensarla”, è uno dei temi al centro dei tavoli del Congresso. “Progetto emblematico è il ‘sentiero Italia CAI’- spiega Montani- non un progetto escursionistico ma di paesaggio, paesaggio che al suo interno ha la componente ambientale e componente sociale, un progetto che è un modello vincente che va ulteriormente rilanciato e ci puo’ consentire di parlare alla popolazione e indicare uno sviluppo turistico positivo”.
Sulla sostenibilità, oltretutto, “abbiamo una responsabilità forte, i rifugi. In casi come la Capanna Margherita dobbiamo chiederci cosa posiamo fare, anche l’opzione zero, l’eliminazione”, rileva il presidente CAI riferendosi sul rifugio del Monterosa messo a rischio dalla fusione del permafrost causata dall’emergenza climatica in atto che fa salire le temperature, circostanza che inizia a mettere a rischio la struttura che è anche il rifugio più alto d’Europa. “Abbiamo invece deciso di mantenerla e svilupparla ulteriormente per raccogliere dati scientifici e fare ricerca”, spiega Montani, ma “farò di tutto per impedire di andare a consolidare rifugi con palificazioni. Se a causa dello scioglimento del permafrost si ha bisogno di un tale intervento bisogna rimuoverlo e ripristinare lo stato iniziale. La rimozione, non solo dei bivacchi inagibili e il ripristino dei luoghi deve essere finanziato dal CAI ma anche da ministero che ci segue”
In tutto ciò “è in corso un processo di certificazione dei rifugi in quota, che più che edifici sono macchine, con una parte edilizia e una componente umana, chi li gestisce, e un’altra parte umana che sono i fruitori”, segnala il presidente CAI, “l’insieme di tutte queste azioni ne determina la sostenibilità o meno. Vorremmo renderla una certificazione europea delle strutture in quota”.
Infine, ultimo ma non ultimo, “abbiamo il 40% di socie donne, percentuale che crolla sotto il 10% negli organismi di direzione e va peggio nelle strutture tecniche: dobbiamo lavorare per cambiare questa situazione che non è sostenibile“, conclude Montani. Appuntamento al prossimo anno per l’assemblea dei delegati ad Assisi a maggio 2024.