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- È stato inaugurato il primo database open access che fornisce informazioni su 15 specie di pesci considerate “sentinella” dei cambiamenti climatici nel Mediterraneo.
- Il mar Mediterraneo è un importante hotspot per monitorare lo stato di salute della biodiversità marina ed è anche il mare che si sta scaldando più velocemente per effetto del riscaldamento globale.
Si chiama ClimateFish ed è il primo database open access, quindi aperto a tutti, che fornisce informazioni sulla presenza nel Mar Mediterraneo di 15 specie di pesci considerate come “sentinella” dei cambiamenti climatici.
Che cosa si intende per specie “sentinella”
Con circa 700 specie ittiche e un tasso di riscaldamento circa tre volte più veloce di quello dell’oceano, il Mediterraneo è un hot-spot sia di biodiversità sia dei cambiamenti climatici. Nel database figurano sette specie autoctone (tra cui la cernia bruna, il pesce pappagallo e il carango dorato), selezionate per l’ampia distribuzione, la sensibilità alle condizioni di temperatura e per la facile identificazione, e otto specie esotiche provenienti dal Mar Rosso (tra le quali il pesce flauto, il pesce coniglio scuro e pesce scorpione).
Negli ultimi decenni parecchie specie si sono spinte verso i poli aumentando il rischio di estinzione, mentre l’arrivo di nuove specie esotiche erbivore come il pesce coniglio sta causando il fenomeno della desertificazione marina. Inoltre, diverse specie hanno ampliato la loro distribuzione geografica nel Mediterraneo: si tratta di un fenomeno, indicato come meridionalizzazione, che coinvolge diverse specie ittiche native, come il pesce pappagallo mediterraneo e la donzella pavonina, individuate verso nord rispetto alla loro originale distribuzione geografica.
È stato poi rilevato il fenomeno della tropicalizzazione, vale a dire la presenza di pesci non autoctoni di origine tropicale che si prevede diventino sempre più presenti nel Mediterraneo per effetto del riscaldamento globale (nel 2002 erano 90, di cui 59 dal Mar Rosso, mentre nel 2020 le specie esotiche sono arrivate a 188 di cui 106 provenienti dal Canale di Suez, per un totale di 76 specie stabili).
Censiti oltre 100mila esemplari in 13 anni
“Grazie a campionamenti subacquei sono stati censiti, nel corso di 13 anni, oltre 100mila esemplari delle 15 specie target, in oltre 3 mila aree di sette Paesi del bacino del Mediterraneo”, spiega Federica Pannacciulli, responsabile del Laboratorio Enea di biodiversità e servizi ecosistemici.
Al momento, le specie esotiche sono ancora sottorappresentate nel database e la loro presenza è concentrata per lo più nel settore orientale del Mediterraneo dove il fenomeno del riscaldamento è particolarmente accelerato, come ad esempio l’area a sud di Creta (+1,65 gradi centigradi). “Ma il loro numero è destinato a crescere nei prossimi anni a causa dell’aumento della temperatura provocato dai cambiamenti climatici”, aggiunge Pannacciulli.
La ricerca, pubblicata su Frontiers, è stata realizzata dal biologo marino Ernesto Azzurro dell’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Cnr, in collaborazione con esperti del Centro Ricerche Enea di Santa Teresa, La Spezia, e di altri istituti internazionali.
Il mar Mediterraneo si sta scaldando più velocemente degli altri mari
Oltre ai censimenti subacquei condotti per ClimateFish, per conoscere i cambiamenti nell’ecologia marina del Mediterraneo, il team internazionale di ricercatori ha intervistato in 95 località di nove diversi paesi europei oltre 500 pescatori, di età compresa tra i 28 e gli 87 anni, con più di 10 anni di esperienza individuale e oltre 15mila anni complessivi di osservazione del mare.
Agli intervistati è stato chiesto di menzionare la specie che è aumentata in abbondanza o percepita come nuova, cioè mai osservata prima, nelle loro zone di pesca. Complessivamente, gli intervistati hanno indicato principalmente 75 specie, sia autoctone che esotiche, adattate al caldo. I due terzi delle specie non autoctone rilevate sono stati il pesce palla maculato e il pesce flauto. Tra le specie autoctone maggiormente in espansione verso nord, il pesce serra e il barracuda mediterraneo.
Sviluppato in modo estensivo, il metodo ha consentito di monitorare in modo semplice ed efficace alcuni effetti del riscaldamento globale in atto sugli ecosistemi costieri del Mediterraneo: nel 2021 sono state registrate le più alte temperature oceaniche della storia e il Mediterraneo è il mare che si sta scaldando più velocemente. Monitorarlo è fondamentale per elaborare strategie di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici.