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- I cani di razza dovrebbero portare con sé un patrimonio di salute e benessere, ma non sempre è così.
- Al di là della morfologia, è importante privilegiare accoppiamenti che abbiano lo scopo di garantire un’esistenza lunga e serena al nostro cane.
- Oggi, invece, si guarda al profitto mettendo in secondo piano la salute degli animali.
Se si decide di accogliere in casa un cane che appartiene a una determinata razza, il minimo che si possa pretendere è che il cucciolo sia in salute e che lo resti per un periodo lunghissimo, portando felicità nella nostra vita e noi nella sua. Non sempre è così. Anzi, sembra che negli anni, malgrado le conquiste della scienza veterinaria, la longevità dei cani di razza stia calando. E il fenomeno si fa preoccupante soprattutto se si osservano gli esemplari delle razze più di moda e maggiormente pubblicizzate nel panorama cinofilo. Mentre in Europa ci sono paesi in cui è stato vietato l’allevamento di alcune razze – il cavalier king charles spaniel, per fare un esempio fra tutti, e il bulldog inglese – in Gran Bretagna, paese cinofilo per eccellenza, prolifica l’american bully, una razza americana ufficialmente riconosciuta dall’United Kennel club (Ukc) nel luglio 2013. Sugli incroci utilizzati per la nascita ci sono versioni discordanti. Il dato certo è che evidentemente va di moda, visto il numero degli estimatori e l’interesse di chi ha trasformato tutto in un lucroso giro d’affari. L’aspetto di questi cani è sufficiente a testimoniare il loro stato precario di salute. Eppure si continua a comprarli, alimentando un mercato poco rispettoso della salute e del benessere animale.
Quando la razza predispone alla malattia
Ha fatto scalpore poco tempo fa la notizia che, proprio in Gran Bretagna, venivano allevati bulldog francesi senza pelo per accontentare persone alla ricerca di cani sempre più particolari senza preoccuparsi del loro benessere.
“Recentemente il giornale britannico Guardian ha pubblicato un articolo sull’argomento prevedendo che anche questa possa diventare una nuova moda. E negli ultimi anni, grazie alla complicità di persone del mondo dello spettacolo, diventa sempre più di tendenza acquistare razze brachicefale o al limite del nanismo con moltissimi problemi di salute: dall’obesità alla displasia dell’anca. Animali che soddisfano i canoni estetici di chi li acquista, ma che purtroppo non rispettano alcun criterio che possa far loro condurre una vita normale”, nota Ermanno Giudici, scrittore e blogger.
Purtroppo nelle razze odierne, sempre più legate a caratteri morfologici abnormi che scordano il benessere dell’organismo, si fanno luce altri problemi rilevanti. Quelli legati all’alimentazione, per esempio. Spiega la dottoressa Chiara Dissegna, medico veterinario: “Ci sono razze che presentano difficoltà a digerire i carboidrati come i barboncini o alcune razze nordiche tipo il samoiedo o l’alaskan malamute. Esiste anche una forma di ipersensibilità alle proteine di alcuni cereali che colpisce esclusivamente il setter irlandese. Si tratta dell’enteropatia da glutine”. Tutte problematiche che, chi sceglie un compagno di queste razze, deve tener presente e saper affrontare per garantire al suo amico a quattro zampe una salute duratura e costante.
I cani brachicefali e i loro problemi
Il cucciolo con occhi sgranati e muso tondeggiante nasconde problematiche di salute rilevanti che non tarderanno a manifestarsi con l’avanzare dell’età. I problemi delle razze brachicefale sono già da tempo oggetto di studio da parte dei veterinari che stigmatizzano l’eccessivo ricorso a caratteri morfologici abnormi per soddisfare le mode del momento. Sull’argomento, e sulla convivenza con questo tipo di cani, una veterinaria, Martine Didier, ha persino scritto un libro: Il bulldog che sognava di essere un cane, pieno di ottimi consigli sulle razze brachicefale. Ci racconta ora: “La sindrome brachicefalica è descritta già da alcuni decenni, tuttavia gli anni di professione mi hanno messo di fronte alla consapevolezza che, spesso, i proprietari non sono a conoscenza dei difetti anatomici legati a queste razze o non sono stati informati in modo adeguato riguardo ai loro limiti. Il mio scopo, in questo libro, è quello di rendere le persone più consapevoli, e di munire i lettori di una sorta di ‘libretto di istruzioni’ utile a fornire alcuni elementi chiave validi a ‘interpretare’ il linguaggio dei nostri adorabili amici”.
Per chi ha come compagno un cane di questo tipo la dottoressa Didier dà alcuni consigli fondamentali: “Non esistono cani brachicefali “normali”. Una visita clinica e accurata è in grado di definire quando siano gravi le anomalie anatomiche e quali siano gli accorgimenti diagnostici e terapeutici che si possono adottare per migliorare la loro qualità di vita. Alcune di queste anomalie sono congenite. Ma trascurare la presenza di una difficoltà respiratoria durante l’accrescimento può comportare, in età adulta, lo sviluppo di patologie acquisite, altrettanto dannose”. Le soluzioni a breve, a parte quella di non acquistare più cani di razza di questo tipo? Conclude Martine Didier: “Molti paesi della comunità europea hanno già preso provvedimenti a riguardo. L’Enci (Ente nazionale della cinofilia italiana) sta promuovendo un programma volto a realizzare un efficace monitoraggio sanitario e la collaborazione con gli allevatori sarà fondamentale. Abbiamo bisogno gli uni degli altri per migliorare, il più possibile, la qualità di vita di questi animali”.
Cani di razza che erano di moda e ora non esistono più
Nel panorama delle razze che hanno subito una rapida pubblicizzazione seguita da una altrettanto veloce scomparsa rientrano molte razze di media e grande taglia. Il dalmata, per esempio, che conobbe una rapida espansione in virtù di un cartone animato e di un film di grande successo. O il collie che da cane da pastore rustico e forte, si è via via trasformato in un giocattolino da salotto con problemi di salute sempre più pressanti e difficili. O senza andare troppo lontano negli anni possiamo dare un occhio al cane corso, ai rottweiler, agli aristocratici dobermann o al boxer guardiano e difensore per eccellenza. Tutte razze sconfitte da selezioni sbagliate e senza criterio, nelle quali la necessità di vendere e produrre cuccioli ha surclassato le esigenze di salute e benessere. Un elenco quasi senza fine che può, purtroppo, essere verificato osservando i cani che girano nelle strade metropolitane. Tra poco anche il bovaro del bernese, con il suo sguardo buono e la sua indole pacifica, finirà nel dimenticatoio insieme al siberian husky e malamute, azzerato da patologie tumorali e da una salute sempre più precaria. E sarà solo l’ultimo di una lunga serie.
Il cane lupo cecoslovacco, una razza in caduta libera
Il caso del cane lupo cecoslovacco è emblematico. Cane forte e longevo arrivato direttamente da incroci con lupi e che avrebbe dovuto, nelle intenzioni dei suoi promotori, prendere il posto del pastore tedesco, razza ormai privata delle sue caratteristiche fondamentali da un allevamento scriteriato, il lupo cecoslovacco ha conosciuto una rapida fortuna in Italia sia per le sue caratteristiche morfologiche sia per salute e longevità. Una fortuna che si è eclissata nel giro di un decennio scarso. Da soggetto forte e resistente, dotato di un appeal fisico notevole proprio per la sua somiglianza col lupo, si è trasformato in una razza poco longeva – cuccioloni di pochi anni falcidiati da tumori incurabili – oppressa da problematiche alimentari, osteoarticolari, dermatologiche e oculistiche che ne hanno minato benessere e aspettative di vita.
Nel panorama desolante dell’allevamento che ormai produce cuccioli acquistati su internet a prezzi sempre più bassi, si segnala la voce di Alessio Camatta, allevatore con l’affisso Athanor Lupus, che ha, per primo evidenziato lo stato del lupo cecoslovacco, proponendo e creando il sito Clc Italia, forte di un database dei soggetti allevati con relativi test genetici ed eventuali patologie riscontrate nel corso degli anni, un’alternativa credibile per le fondamenta di un modo diverso di allevare. Ci spiega Camatta: “Fondamentale fu il dono di un allevatore slovacco, che mi regalò il report di allevamento del primo decennio (1982-1991) della razza. Venivano riportate tutte le cucciolate (che allora erano le uniche a livello mondiale), e tutti i pedigree dei cani usati provenienti dalla selezione militare. Mi fu possibile quindi ricostruire così le genealogia dal 1958 al 1991 con i primi cani importati in Italia, e da questi con un metodo logico/analitico riuscii a ricostruire tutta la popolazione italiana. Il 17 luglio 2013 il portale veniva messo on-line”.
Clc Italia è così diventato, per chi vuole acquistare un lupo cecoslovacco, un utilissimo strumento per scoprire non solo le genealogie della razza, ma anche le patologie legate ai vari soggetti che possono essere, per familiarità – soprattutto nel caso dei tumori – riportati nelle cucciolate. “Sembra un assurdo, ma come dovrebbe essere logico in qualsiasi settore, un professionista dovrebbe conoscere la materia principale. Nell’allevamento questa materia è la genetica nel senso più ampio del termine. Quando si accoppiano degli animali si “gioca” inevitabilmente con i geni. Non avere una solida base in questo campo per me è ormai inammissibile, eppure è la regola. Al massimo si ha conoscenza delle leggi di Mendel e sembra che in allevamento cinofilo questo basti, unito a conoscenza empirica, tradizioni e concetti tramandati oralmente, a tutelare e gestire una razza. Ma non è così, lo sfacelo di moltissime razze è sotto gli occhi di tutti e ne è la prova lampante. E di questo sono, prima degli allevatori, responsabili gli enti preposti, a partire da Enci e tutte le società specializzate che sono però cristallizzate a difendere un sistema ormai obsoleto e incapace di dare risposte”, conclude Camatta.
Nel sito è attivo anche Wgi project, il primo sistema integrato di indicizzazione genetica e gestione allevamento per caratteri morfologici, riproduttivi, di salute e consanguineità operativo nel settore cinofilo. Una proposta concreta, quindi, che dal mondo del lupo cecoslovacco potrebbe essere applicata a tutte le razze. Perché allevare non è solo accoppiare, ma garantire salute e benessere a ogni piccolo essere che vedrà la luce. E mai come in questi ultimi anni ciò diventa fondamentale anche in campo cinofilo.