Le rinnovabili superano il gas in Europa. E l’Italia? Punta sul gas in Libia

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L’Italia in Libia punta sul gas, come fatto in Algeria. Ma nel 2022, le rinnovabili hanno superato i fossili. Se vogliamo la transizione, il momento è ora.
  • La presidente del consiglio Giorgia Meloni e Claudio Descalzi di Eni sono stati anche in Libia per stipulare nuovi accordi nel settore energetico. Previsti due giacimenti per un investimento di 8 miliardi di euro.
  • Eppure, secondo l’ultimo rapporto Ember, le rinnovabili hanno superato il gas nella produzione di energia elettrica. E nel 2023, i fossili crolleranno ancora di un 20 per cento.
  • È evidente che negli accordi con la Libia ci sono anche altri interessi. Tra questi, la gestione dei flussi dei migranti.

Continua il tour “energetico” di Eni e Giorgia Meloni in Nordafrica. Dopo aver stretto accordi con l’Algeria, ora è la volta della Libia. Al centro dei contratti stipulati tra Eni e il governo di unità nazionale libico c’è un investimento italiano da 8 miliardi che punta sull’estrazione e la produzione di gas – poi destinato all’Italia – presso il complesso di Mellitah, a Tripoli, più la costruzione di un impianto di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica (Ccs).

Gli accordi libici dimostrano come l’Italia ha scelto ancora una volta di puntare sui combustibili fossili, sul gas in particolare, trincerandosi dietro la motivazione che il gas rappresenti l’unica fonte di energia in grado di garantire sicurezza energetica nel breve tempo. Eppure i numeri descrivono una realtà diversa: in Europa, nel 2022, per la prima volta, la generazione da fonti rinnovabili ha superato la generazione da gas. Insomma, che senso ha trasformare l’Italia in un “hub del gas” quando la produzione di energia elettrica va verso le fonti pulite? È evidente che non solo la sostenibilità ma nemmeno la sicurezza degli approvvigionamenti sia l’obiettivo di questi accordi.

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La premier Giorgia Meloni © Antonio Masiello/Getty Images

La produzione da fonti fossili crollerà nel 2023

Partiamo dal contesto energetico: la notizia dello storico sorpasso delle rinnovabili sul gas emerge dallo studio annuale del centro di ricerca Ember, notizia essenziale per contestualizzare il “Piano Mattei”, la scommessa sul gas del governo di cui si parla molto in questi giorni.

Il rapporto rivela che nel 2022, per la prima volta, la generazione da fonti rinnovabili, eolico e solare (22 per cento), ha superato la generazione da gas (20 per cento). Ma soprattutto Ember stima anche che la produzione di energia elettrica derivante da fonti fossili potrebbe crollare del 20 per cento nel 2023, il doppio rispetto al precedente record del 2020.

Secondo le stime, i due giacimenti in Libia sui quali hanno puntato l’Eni e l’Italia dovrebbero contenere complessivamente riserve sufficienti a fornire 8,7 miliardi di metri cubi di gas all’anno per i prossimi 25 anni. Ma considerando i dati di Ember, significa che l’Italia ha puntato 8 miliardi di euro su una risorsa in perdita, senza contare che i due giacimenti libici saranno operativi tra tre anni e mezzo.

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Il solare ha evitato 10 miliardi di costi in gas

Secondo l’analisi di Ember, nel 2022 l’Europa ha affrontato una triplice crisi del settore dell’elettricità: proprio mentre si affannava a tagliare i ponti con la Russia, suo principale fornitore di gas fossile, si è trovata ad affrontare i livelli più bassi di energia idroelettrica e nucleare da almeno due decenni a questa parte, cosa che ha creato un deficit pari al 7 per cento della domanda totale di elettricità dell’Europa nel 2022.

Ad attenuare questo deficit sono state le rinnovabili: la generazione da solare è quella che ha registrato l’aumento più rapido, con una crescita record del 24 per cento nel 2022 – quasi il doppio del record precedente – che ha contribuito a evitare 10 miliardi di euro di costi del gas. Venti Paesi dell’Unione europea hanno stabilito nuovi record di energia solare nel 2022.

Certo, anche la diminuzione della domanda di elettricità ha contribuito a ridurre il deficit. Il clima mite è stato un fattore decisivo, ma è probabile che le pressioni legate ai costi abbiano giocato un ruolo importante, insieme ai miglioramenti dell’efficienza energetica e ai cittadini che agiscono in modo solidale per ridurre la domanda di energia in un momento di crisi.

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Il carbone è inutile, possiamo dirgli addio

Il contesto energetico attuale è favorevole anche per dire addio al carbone. Intanto perché solo un sesto del deficit nucleare e idroelettrico di cui sopra è stato coperto dal carbone. Questo significa che nel 2022, la generazione da carbone è aumentata del 7 per cento ma poteva andare molto peggio: l’eolico, il solare e il calo della domanda di elettricità hanno impedito un ritorno al carbone molto più consistente.

Più in generale la generazione da carbone in tutta l’Unione è diminuita in tutti e quattro gli ultimi mesi del 2022, con un calo del 6 per cento su base annua. Nonostante l’Ue abbia importato 22 milioni di tonnellate di carbone in più nel 2022, ne ha utilizzato solo un terzo: “gli shock del 2022 hanno causato solo una piccola increspatura nell’energia da carbone e un’enorme ondata di sostegno alle rinnovabili”, è il parere di Dave Jones, head of data insights di Ember. “Qualsiasi timore di una ripresa del carbone è ormai morto”.

La graduale eliminazione del gas si vedrà nel 2023

Ma la cosa più sorprendente che emerge dal rapporto di Ember è che la generazione da gas è rimasta quasi invariata (+0,8 per cento) nel 2022 rispetto al 2021, nonostante i prezzi record. Il gas ha generato il 20 per cento dell’elettricità europea nel 2022, rispetto al 19 per cento dell’anno precedente. E le cose stanno per cambiare.

Le ultime indicazioni dell’industria suggeriscono che nel 2023 la transizione dell’Europa verso l’eolico e il solare accelererà in risposta alla crisi energetica, mentre l’idroelettrico e il nucleare francese si riprenderanno. Di conseguenza, Ember stima che la produzione di energia elettrica derivante da fonti fossili potrebbe crollare del 20 per cento nel 2023, il doppio rispetto al precedente record del 2020. La generazione da carbone diminuirà, ma quella da gas, che si prevede rimarrà più costosa del carbone almeno fino al 2025, sarà quella che diminuirà più rapidamente.

“La transizione energetica dell’Europa emerge da questa crisi più forte che mai”, ha aggiunto Jones. “Non solo i paesi europei sono ancora impegnati a eliminare gradualmente il carbone, ma ora si stanno sforzando anche di eliminare gradualmente il gas. La crisi energetica ha indubbiamente accelerato la transizione elettrica dell’Europa. L’Europa sta correndo verso un’economia pulita ed elettrificata, e questo sarà pienamente visibile nel 2023. Il cambiamento sta arrivando velocemente e tutti devono essere pronti”.

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L’Italia ha rinnovato il Memorandum con la Libia © Spencer Platt/GettyImages

Non solo gas: negli accordi con la Libia c’è la questione migranti

In un quadro del genere, nessuno punterebbe a diventare un hub del gas per un continente che, numeri alla mano, sta puntando tutto sulle rinnovabili. Nessuno, tranne l’Italia. Il governo guidato da Giorgia Meloni, insieme all’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi, ha già compiuto due viaggi, prima in Algeria e poi in Libia, per definire quanto gas estrarre dal Nordafrica e come trasportarlo in Italia e in Europa.

Il gas non è insostenibile solamente dal punto di vista ambientale ma pure da quello economico: come spiega Proxigas, la neonata associazione di Confindustria che mette insieme le società del gas (ma non Eni) il trasporto in Italia del gas naturale dall’estero comporta da una parte l’emissione in atmosfera di una quantità di gas climalteranti, che in media è sei volte più elevata rispetto a quanto emesso dal gas estratto sul territorio nazionale, e dall’altra è pure più costoso: ogni 1000 metri cubi di gas proveniente dall’estero se ne devono estrarre 120 in più che vengono consumati per il trasporto.

Non è un caso se negli accordi tra Italia e Libia sul gas non ci sia solo il gas. Anzi, molto spazio è stato dedicato al tema dei flussi di migranti dalle coste africane verso l’Italia. Su questo tema, l’Italia ha rinnovato il memorandum con la Libia in vista della scadenza di febbraio, che prevede la consegna di cinque motovedette. Sono anni che la cosiddetta Guardia costiera libica è finanziata e addestrata dall’Italia e dall’Unione Europea per ridurre le partenze dei migranti dalle coste libiche.

Un pattugliamento arbitrario dato che, come dimostrato in diverse occasioni da più ong, la Guardia libica soccorre chi vuole, con metodi spesso violenti ma soprattutto troppo spesso riconsegna le persone intercettate in mare ai trafficanti e ai gestori dei centri per migranti, dove torture e stupri sono, purtroppo, sistematici. Insomma, ancora una volta il destino dei combustibili fossili si lega a quello dei diritti umani violati.

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