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Un maschio, senz’altro. Non giovane. Rigorosamente bianco. Moderato e rassicurante per l’elettorato, anche se capace di alcuni “salti in avanti” non da poco. Possibilmente proveniente da uno degli stati-chiave, cruciali per il risultato finale. L’identikit della persona che avrebbe dovuto ricoprire il ruolo di vice di Kamala Harris nella corsa alla Casa Bianca in vista delle elezioni di novembre era stato delineato con chiarezza dalla dirigenza del partito democratico. E si è trasformato nel volto attempato, bonario e da “buon vicino di casa” di Tim Walz.
Scelte progressiste ma anche compromessi
Ex docente, allenatore di football e ufficiale della Guardia nazionale, il 61enne ha soddisfatto, uno per uno, tutti i criteri. Compreso quello geografico, dal momento che arriva dal Minnesota (anche se è nato in Nebraska): uno degli stati del Midwest nei quali si giocherà buona parte della partita per la conquista della Stanza ovale.
La scelta, però, un po’ di sorpresa l’ha suscitata: come scrive il New York Times, il predestinato sembrava essere Josh Shapiro, governatore della Pennsylvania. Non a caso, i dirigenti repubblicani “hanno passato gran parte delle ultime due settimane a cercare potenziali elementi per attaccarlo”. Ma c’è voluto poco, e il Grand Old Party ha trovato modo di scagliarsi anche contro Walz.
Primo obiettivo, prosegue il quotidiano americano, “presentarlo come un radicale, nella speranza di attenuare la probabile postura centrista che il candidato vice-presidente potrebbe assumere”. Come? Sottolineando alcune scelte progressiste che ha adottato alla testa del Minnesota e, prima, le posizioni assunte come deputato.
Prima deputato, poi governatore del Minnesota
Walz è stato eletto per la prima volta alla Camera dei rappresentanti nel 2006, dove resterà dodici anni. Lascerà il Congresso per il posto di governatore, che avvierà nel 2019 affrontando due crisi enormi: la pandemia e la morte dell’afro-americano George Floyd, ucciso a Minneapolis da un poliziotto bianco mentre era bloccato a terra e disarmato, fatto che provocherà mesi e mesi di proteste antirazziste in tutti gli Stati Uniti.
Di fronte all’ondata di collera della popolazione, Walz è criticato in realtà sia da destra che da sinistra: vuoi per non aver agito di fronte alle violenze (accusa alla quel risponderà con l’invio della “sua” Guardia nazionale), dall’altra in quanto rappresentante di un establishment bianco, agiato e privilegiato nell’America delle disuguaglianze estreme.
Aborto, mense, armi: le scelte progressiste e l’endorsement di Sanders
Alcune posizioni di Walz sono invece nettamente progressiste: come quella sul diritto all’aborto, argomento che divide fortemente la società statunitense. Il neo-candidato al fianco di Kamala Harris è uno strenuo difensore della libertà di decidere per le donne. Ma le critiche dal campo repubblicano arrivano anche su altri fronti: il governatore democratico ha imposto la gratuità dei pasti nelle mense scolastiche, la legalizzazione della cannabis per i consumatori di più di 21 anni, l’aumento dei permessi per malattia e per maternità e paternità, un giro di vite sulla vendita di armi da fuoco. Dal punto di vista della politica estera, si è schierato inoltre apertamente per un cessate il fuoco a Gaza.
Il tutto sono valsi a Walz l’endorsement “pesante” di Bernie Sanders, che in un’intervista concessa sabato alla Minnesota public radio ha espresso il proprio gradimento per “un uomo che ritengo in grado di capire i bisogni delle classi lavoratrici”.
Ciò nonostante, il governatore è noto anche per aver nel corso del tempo saputo intrattenere relazioni con esponenti repubblicani, aver saputo costruire ponti e accettare compromessi. La campagna di Walz è stata ufficialmente avviata con un meeting in Pennsylvania. Seguiranno tre mesi fittissimi, fino al fatidico 5 novembre.