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ROMA – L’agricoltura è in prima fila e ha un ruolo attivo e ben riconoscibile nella lotta al cambiamento climatico. È quanto emerge dall’Osservatorio del mondo agricolo Enpaia-Censis “L’agricoltura italiana che cambia nella sfida della sostenibilità” presentato oggi a Roma, secondo il quale per gli italiani, di fronte all’aggravarsi di alcune minacce globali alla sostenibilità ambientale, l’agricoltura è la chiave per trovare soluzioni durature nel tempo e di ampio respiro.
I RISULTATI DELLO STUDIO
Dallo studio emerge infatti, che per il 68,9% degli italiani l’agricoltura svolge un ruolo primario nell’affrontare gli effetti del riscaldamento globale ed è pienamente impegnata nel promuovere la sostenibilità ambientale. Secondo l’indagine, la convinzione trova un consenso trasversale nei gruppi sociali, e in particolare è condivisa dal 58,8% dei giovani, dal 68,5% degli adulti e dal 75,1% degli anziani. Dall’Osservatorio emerge poi come l’agricoltura italiana sia in costante trasformazione produttiva, e come le sue imprese (690mila) e i suoi addetti (834mila) abbiano attivato meccanismi virtuosi di adattamento ai cambiamenti climatici creando i presupposti per un’offerta di cibo sostenibile, sicura, accessibile che trova conferma negli acquisti delle famiglie.
È riconosciuta anche la rilevanza economica e sociale del settore. Dall’Osservatorio Enpaia-Censis, infatti, si rileva che l’80% dei beni primari consumati dalle famiglie proviene dall’agricoltura italiana, segno evidente che certifica la rilevanza economica e sociale che l’agricoltura esercita e rappresenta nel nostro Paese. Un ruolo centrale che viene esercitato anche a livello europeo collocando l’Italia al secondo posto nella graduatoria Ue sul valore aggiunto agricolo con oltre 37 miliardi di euro, pari al 16,7% del totale del valore aggiunto agricolo europeo. Anche in termini di produzione, poi, l’Italia con un valore pari a 71.158 miliardi di euro (13,3% del totale della produzione agricola europea) si colloca al terzo posto della graduatoria Ue superata solo da Francia (96.575 miliardi di euro pari al 18%) e Germania (74.535 miliardi di euro, 13,3%).
Per quanto riguarda la lotta al cambiamento climatico in pochi anni si è assistito ad un cambiamento copernicano sul tema. L’Osservatorio ci dice che si è passati da una certa diffidenza ad una sensibilità ambientale molto spiccata. I recenti dati pubblicati da Eurobarometro segnalano infatti, che nel 2023 l’82% degli italiani considera ormai il cambiamento climatico come un problema molto serio contro il 77% della media Ue. Solo il 3% degli italiani ormai lo reputa un problema irrilevante, mentre la media Ue è pari al 7%. D’altro canto, è diventata maggioranza assoluta (52%) la quota che dichiara di sentirsi direttamente coinvolta, con concreti comportamenti quotidiani, nella lotta al riscaldamento climatico.
C’è anche il fenomeno della ‘Paura Verde’ ed ‘Eco-Ansia‘. Il cambiamento climatico ha di fatto modificato le convinzioni del passato e si osservano alte quote di italiani preoccupati per una molteplicità di eventi ambientali negativi, catastrofali, percepiti come molto più minacciosi rispetto a pochi anni fa.
Tali timori sono all’origine di una nuova forma di paura e di ansia sociale legata alla molteplicità di eventi avversi di origine ambientale. Si parla di “paura verde” e di eco-ansia, fenomeni sociali che toccano il 47,3% degli italiani che valutano come più minacciosi rispetto al passato alcuni fenomeni ambientali. In cima alle loro preoccupazioni, ci sono per l’81,4% lo scioglimento dei ghiacciai, per il 78,7% l’inquinamento dei mari, per il 77,4% i gravi eventi atmosferici avversi come bombe d’acqua o violente grandinate, per il 77,3% il dissesto idrogeologico, mentre per il 76,8% la minaccia della siccità o della scarsità di acqua potabile è l’emergenza maggiormente percepita. L’eco-ansia è trasversale ai gruppi sociali e mostra una elevata preoccupazione nel 57,6% degli anziani, nel 43,7% degli adulti e nel 41,3% dei giovani. Dagli italiani, infine, agricoltura e allevamenti italiani, sono considerati sostenibili e in linea con i mutamenti sociali ed ambientali. Ecco perché appaiono pretestuose le narrazioni che continuano a considerare allevamenti e agricoltura sempre e solo tra le cause primarie del riscaldamento globale e della difficoltà di avviare una transizione verso una società più sostenibile. L’adattamento alla transizione da parte delle imprese agricole e dell’allevamento è in atto da tempo, sta dando risultati evidenti ed è largamente riconosciuto dagli italiani.