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Sono circa un migliaio i daini che abitano il parco delta del Po, a cavallo delle pinete di Classe e di Volano. Un territorio ancora per certi versi incontaminato, ricco di specie vegetali e arbustive, ma anche di animali selvatici che ne siglano la biodiversità dell’ecosistema. I daini in questione vennero importati nella zona da altri territori, non tenendo conto del fatto che la specie poteva interferire con gli abitanti delle zone colonizzate. E la miopia dell’essere umano, ancora una volta, diventa evidente: a distanza di anni, gli esemplari che vivono nel parco sono ora considerati “una specie aliena” e non contemplata nell’habitat che è stato loro assegnato. Con questa motivazione, infatti, l’ente parco ha pubblicato un bando per appaltare la cattura e la destinazione ad allevamenti e macelli dei daini che da oltre 30 anni abitano l’area. Una soluzione decisamente contestabile che ha suscitato proteste e prese di posizione da parte delle associazioni animaliste e da quelle preposte alla tutela degli ungulati della zona. Ma per ora, per fortuna, la strage dovrà essere procrastinata. Il bando per la cattura e la rimozione dei daini, scaduto il 15 settembre scorso è andato deserto e gli ungulati rimangono salvi e in libertà. Ma facciamo un passo indietro e vediamo di capire meglio questa storia che, come al solito, vede protagonisti incolpevoli degli animali innocenti.
I daini del delta del Po e l’impatto ambientale
I daini che popolano la zona tra le pinete di Classe e Volano sono un migliaio. La stima è difficile da fare anche se l’ente parco ha sentenziato a priori che andrebbero uccisi almeno 300 esemplari l’anno per evitare danni all’ecosistema. Gli ungulati sono stati introdotti nel parco negli anni tra il 1970 e il 1990. Non sono quindi una specie autoctona della zona, ma alloctona, cioè non originaria del territorio, ma che arriva da altri comprensori. Allo stato attuale delle cose, però, secondo le maestranze del parco, gli ungulati costituiscono una minaccia per l’ecosistema in quanto animali “alieni”. Non solo, il daino è considerato come molto fastidioso per i cacciatori in quanto il suo odore potrebbe confondere i segugi. Ma la sequela delle lamentele nei confronti del povero animale non finisce qui. C’è da registrare anche il parere degli agricoltori della zona per una serie di circostanziati motivi elencati nel Piano regionale per il controllo delle popolazioni di daino. Per concludere in bellezza ecco la chicca finale: i daini sono considerati pericolosi perché il parco, area naturale protetta riconosciuta come tale dal 1988, è costeggiato dalla trafficata strada statale 16 Adriatica. E il loro eventuale sconfinamento potrebbe causare incidenti e problemi al traffico della zona (da notare, a questo proposito, che con i dati raccolti dalla stessa Regione il numero di incidenti connessi alla presenza animale è decisamente irrisorio).
Un daino morto è un bel guadagno
La morte dei daini costituirebbe un ottimo guadagno per il mercato della carne. Da un’indagine di mercato effettuata dall’Ente parco si evince che l’affidamento in concessione della catture e delocalizzazione di esemplari di daino (dama dama) presenti nel territorio del parco del Delta del Po dell’Emilia Romagna attesta che il valore della carne di daino in Italia varia tra i 4 euro per chilogrammo (kg) per i maschi e 4,30 euro per chilogrammo per le femmine e i giovani sotto l’anno di età. Il peso medio utile degli esemplari, tolte la pelle, la testa e la parte bassa delle zampe, è di circa 25 kg per i maschi e 20 kg per le femmine e i giovani. Ciò significa che il valore complessivo dei capi presenti è di poco superiore ai 100.000 euro. La stima risale al 29 agosto scorso e ha provocato l’immediata reazione delle associazioni animaliste. La Rete associazioni tutela daini Classe e Volano si è, infatti, mobilitata insieme all’Enpa (Associazione nazionale protezione animali) per scongiurare la possibile strage dei daini. Il tutto come avvenne nel 2014, quando grazie alle mobilitazioni degli animalisti furono salvati una settantina di daini.
Il parere del biologo Mauro Belardi sui daini
La materia è controversa perché, anche nel caso dei daini del parco del delta del Po, la coesistenza di specie alloctone non è sempre facile se non aiutata e incoraggiata da un ecosistema efficiente e preservato. Abbiamo chiesto al biologo Mauro Belardi, presidente della cooperativa Eliante che opera nel campo della sostenibilità ambientale cosa pensa della vicenda e come inquadra quello che sta succedendo nell’ottica della salvaguardia dell’ambiente.
“Il numero dei daini stimati in Italia raggiunge le decine di migliaia con una popolazioni in crescita. Quelli che abitano il delta del Po sono di introduzione recentissima. È bene premettere che i daini, come tutti gli ungulati, possono fare danni all’agricoltura. Ma è anche importante sottolineare che questi animali possono creare problemi agli equilibri degli ecosistemi proprio in quanto specie alloctona. Possono danneggiare, per esempio, la ricrescita forestale, ma possono anche entrare in competizione con gli ungulati autoctoni e, in particolare per il territorio del delta, si potrebbe parlare del cervo presente al bosco della Mesola con una sottopopolazione italica (Cervus elaphus italicus) ormai ridotta a pochissimi individui e soggetta a un difficile piano di salvataggio”.
Quindi l’eliminazione dei daini potrebbe rendersi necessaria in quella determinata zona?
Bè, appare un po’ curiosa e largamente emotiva l’attenzione mediatica per i 300 daini del delta del Po quando migliaia di daini vengono prelevati con caccia di selezione ogni anno in tutta Italia, sulla base di numeri autorizzati dalle regioni.
Si era parlato di una possibile soluzione con la sterilizzazione dei soggetti in eccesso. Cosa ne pensa?
Sull’opzione di sterilizzare o spostare i daini invece di abbatterli, è difficile avere un parere preciso. Si tratta di opzioni complesse e costose per salvare degli animali che altrove sarebbero comunque soggetti a piani di selezione. Quanto all’ipotesi di attendere l’arrivo dei predatori naturali, come il lupo, va sottolineato il fatto che il Grande Predatore è già presente nel territorio del delta del Po e certamente contribuisce a tenere sotto controllo le popolazioni dei daini. Ma un branco di lupi difende un territorio di circa 200 chilometri quadrati e preda anche altre specie di ungulati, oltre che altri mammiferi. Non è in grado perciò di regolare in tempi brevi un numero di soggetti come quelli in questione”.
Ancora una volta, quindi, alla base del problema c’è l’uomo e la sua scarsa conoscenza dei meccanismi primari della natura. E, ancora una volta, a farne le spese sono gli animali, i soggetti più deboli della catena. La tregua per i daini del delta del Po è solo momentanea, come del resto succede a molte altre specie animali che sono state introdotte in modo arbitrario in habitat non originari (vedi il caso delle nutrie). C’è solo da sperare in un futuro migliore per noi e per gli animali che ci circondano, un futuro dove il rispetto delle leggi naturali sia davvero un assioma inviolabile.