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Il tema del disaccoppiamento tra i prezzi del gas e dell’elettricità sta cavalcando tutti i mezzi d’informazione europei e italiani, complici i risvolti dell’invasione russa in Ucraina e dall’avvicinarsi del voto in Italia. Per evitare analisi semplicistiche e rischiare di non utilizzare correttamente il termine, di seguito una breve spiegazione, di parola e contesto d’uso.
Legare rinnovabili a gas, una strategia adottata negli anni Novanta
A metà degli anni Novanta, l’Unione europea ha introdotto un sistema per legare il costo dell’elettricità, prodotta anche da fonti rinnovabili e (all’epoca) molto meno conveniente, a quello del gas, di gran lunga meno costoso. Il meccanismo era stato pensato in un panorama energetico totalmente diverso, proprio per cercare di favorire la diffusione degli impianti per la produzione di energia rinnovabile, alternativa a quella da combustibili fossili, perché aiutava ad attutire la mole di investimenti iniziali destinati alla costruzione del sito produttivo, garantendo maggiori margini di guadagno.
Come viene determinato il prezzo del gas, oggi
Il prezzo del gas è determinato nel mercato all’ingrosso Ttf (title transfer facility), con sede nei Paesi Bassi. Il Ttf, altro termine molto utilizzato nell’ultimo periodo, rappresenta il punto virtuale di scambio del gas in Europa e il riferimento per il punto di scambio virtuale (psv) del mercato all’ingrosso in Italia. Per semplificare al massimo, il prezzo finale dell’energia è lo stesso in una determinata zona geografica, rappresentata solitamente dai confini nazionali, ma varia ogni mezz’ora. Per determinarlo si tiene conto dell’offerta complessiva – non dalla fonte con la quale si produce l’energia – e, in particolare, dall’ultima centrale usata per soddisfare la domanda di energia, che solitamente è quella a gas (ancora tra le più adoperate per la produzione energetica).
Sempre sulla piattaforma Ttf avviene la compravendita di gas tra tra i produttori e i fornitori, affinché questi ultimi possano rivenderlo ai propri clienti. Utenti domestici e imprese del mercato libero non pagano il costo d’acquisto, sempre legato all’indice stabilito nel Ttf e, per dinamiche di trasparenza, al costo di produzione, ma un prezzo maggiore, che include un determinato margine aggiuntivo pari al guadagno del fornitore. Per chi ha siglato un contratto in regime tutelato, è bene ricordarlo, è l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente a fissare i prezzi.
Oggi, invece, è meglio tornare al disaccoppiamento (decoupling)
Ovviamente non è tutto così semplice. Oltre alle dinamiche di domanda e offerta sul mercato, intervengono meccanismi di speculazione (in analogia con i carburanti), che hanno vissuto un’impennata a seguito dello scoppio del conflitto alle porte dell’Europa e della ridefinizione degli equilibri geopolitici. Ciò in virtù dell’urgenza di diversificare l’approvvigionamento energetico per via del taglio delle forniture di Mosca ai Paesi troppo dipendenti dalla Russia (Italia inclusa).
Il mercato ha dunque assistito a un notevole incremento del costo del gas e, di conseguenza, dell’elettricità, inclusa quella prodotta da fonti alternative. Come dire: le rinnovabili ci sono andate di mezzo, perché l’aumento del costo di questa tipologia di elettricità non è stato determinato da un aumento dei costi di produzione ma dalla combinazione di tutti i fattori descritti sopra.
Non è un tema nuovo: all’indomani del balzo della domanda di energia e dell’impennata delle quotazioni, favorito dalla ripresa delle attività industriali e produttive sul finire del picco della pandemia di Covid-19, si è iniziato a discuterne ai tavoli istituzionali dell’Unione europea. Per evitare ripercussioni sulla svolta sostenibile del Vecchio continente, l’idea di una larga fetta di tecnici e rappresentanti politici è di procedere al disaccoppiamento (spesso definito decoupling) dei relativi costi e di consentire al singolo fornitore di gas di stabilire il prezzo basato sui costi di produzione (meccanismo temuto da alcuni per paura che possa provocare un fenomeno al rialzo). Non è ancora chiaro come si procederà a questa riforma del mercato energetico ma, in linea generale, potrebbe consentire di vendere ai consumatori finali l’energia rinnovabile a prezzi più bassi con contratti più vantaggiosi.
L’Italia fa un primo passo e aspetta l’Europa
Proprio per attutire il peso sopportato dalle imprese energivore, che consumano molta energia e hanno visto anche triplicare le proprie bollette, il ministro italiano per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha firmato lo scorso 15 settembre il decreto Energy release, che prevede la vendita di 18 terawattora (TWh) di elettricità a prezzi calmierati, ossia al prezzo di 210 euro per megawattora (MWh), circa la metà di quello di mercato, a clienti industriali la cui produzione si può interrompere, come cartiere, fonderie e industrie chimiche, piccole e medie imprese (pmi) e utenti delle isole di Sardegna e Sicilia, con la mediazione della società per azioni a partecipazione pubblica Gse-Gestore dei servizi elettrici.
Al momento, come affermato dallo stesso Cingolani durante la conferenza stampa che ha seguito il Consiglio dei ministri del 16 settembre, la Commissione europea sta pensando a un prezzo dell’elettricità rinnovabile di 180 euro a MWh, al quale l’Italia è pronta ad allinearsi. Da idea estranea a molti Paesi, riunitisi lo scorso 9 settembre in occasione del Consiglio dei ministri dell’Energia, “la stragrande maggioranza degli stati membri alla fine ha ammesso che il price cap (cioè il tetto al prezzo di questa risorsa, ndr) fosse probabilmente l’unica strada seria europea per mettere un limite alle fluttuazioni del Ttf e contenere il prezzo del gas”, ha affermato Cingolani in conferenza stampa.
La stessa presidente dell’esecutivo Ursula von der Leyen spinge per l’adozione di questa soluzione. Il prossimo 30 settembre, come dichiarato da Cingolani, si terrà un Consiglio straordinario dei ministri dell’Energia che dovrebbe scrivere l’ultimo capitolo di questa storia e fissare un tetto temporaneo al costo del gas, non solo russo, importato e adoperato per produrre elettricità. Un modo per evitare ulteriori rimbalzi negativi sulla crescita dei progetti legati alle fonti rinnovabili.