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Pochi giorni fa la compagnia energetica danese Ørsted ha annunciato che il parco eolico offshore denominato Hornsea 2 è pienamente operativo. L’immenso impianto sorge a circa 69 chilometri dalle coste dello Yorkshire, nel Regno Unito. Hornsea 2 è il nuovo parco eolico offshore più grande al mondo, subentrando in questo record al suo “fratello maggiore” Hornsea 1. Con una superficie di 462 chilometri quadrati, infatti, Hornsea 2 copre una superficie più vasta di quella di Venezia.
Energia pulita per milioni di abitazioni
Questo affascinante “bosco eolico” che sorge dalle acque del mare del Nord può contare sul moto costante di ben 165 turbine alte 200 metri, dalle cui estremità partono pale lunghe 80. Secondo il direttore del progetto Patrick Hanrett “la singola rotazione da parte di una delle pale è sufficiente a produrre l’energia giornaliera necessaria a un’abitazione”.
La resa operativa al 100 per cento del parco consente di produrre più di 1,3 gigawatt (GW) – che Ørsted stima sufficienti al fabbisogno energetico di 2,5 milioni di case – e si sommano al già notevole potenziale eolico offshore in funzione al largo delle coste britanniche. L’energia prodotta nel mare del Nord convertendo la forza del vento, raggiunge poi le coste tramite cavi che approdano sulla terra ferma nei pressi di Grimsby, nel Lincolnshire, e da lì poi verso tutto il territorio nazionale. Un’infrastruttura in continua espansione, specie considerando che non distante da Hornsea 2 si attende la nascita dei progetti numero 3 e 4.
Cooperare in Europa sull’energia rinnovabile
La notizia dell’entrata a pieno regime di Hornsea 2 arriva nel pieno della “tempesta perfetta” dell’energia, come l’aveva definita ad agosto l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la sicurezza Josep Borrell. Lo scoppio della guerra in Ucraina e il conseguente effetto sulle forniture di gas russo hanno messo a nudo la dipendenza energetica che l’Europa ha mantenuto verso paesi extra-Ue politicamente instabili, in primis la Russia. Se da un lato la preoccupazione fossile è comprensibile per il presente e il futuro immediato dell’Unione, specie dopo la decisione della Russia di chiudere il gasdotto Nord stream 1, dall’altro è utile considerare lo slancio che quest’emergenza ha dato ai Paesi europei verso un approccio cooperativo nell’investire in fonti alternative di energia. Un primo esempio ci arriva dall’isola di Bornholm, nel mar Baltico, dove il governo della Germania – tra le più dipendenti dal gas russo e punto d’approdo del Nord stream – e quello danese stanno collaborando per costruire un hub eolico offshore. Sempre la Danimarca rientra tra gli otto paesi affacciati sul Mar Baltico che hanno raggiunto un accordo per aumentare di sette volte la produzione energetica derivante da un impianto comune costruito nel Baltico.
Liz Truss e la transizione energetica del Regno Unito
Bisogna ora capire se e quale approccio il Regno Unito e la sua nuova prima ministra, Liz Truss adotteranno sul tema dell’energia e della cooperazione con l’Unione. Il mare del Nord resta il contesto principale verso cui rivolgersi. Per ora il dipartimento britannico per le imprese, l’energia e la strategia industriale collabora con i paesi vicini, tra cui la Germania, nell’ambito della North seas energy cooperation, un forum che promuove la crescita delle energie rinnovabili. “Londra desidera continuare in questa direzione”, ha dichiarato la responsabile per l’energia dell’ambasciata britannica a Berlino.
Non c’è dubbio, però, che l’arrivo della nuova leader conservatrice ha destato preoccupazione tra gli ambientalisti britannici, dopo che Truss stessa ha dichiarato che riprenderà a trivellare mare del Nord per affrontare la crisi energetica, rifiutando di qualunque ipotesi razionamento dell’energia e riduzione dei consumi dei cittadini. Truss è anche nota per alcune posizioni a sfavore dell’installazione di nuovi parchi eolici e solari. Come ha raccontato al quotidiano britannico Guardian Ben Goldsmith, presidente del Conservative environment network e da sempre sostenitore di Boris Johnson: “Truss non è nota per la sua passione per la natura. Non si è fatta un nome come leader ambientale“. Non le migliori premesse per chi crede in un futuro cooperativo per la produzione e distribuzione di energia pulita in Europa.