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Ultimo aggiornamento alle 07:45 del 24 giugno 2024
Almeno 1.301 persone sono morte in Arabia Saudita durante il Hajj, il pellegrinaggio islamico alla Mecca, a causa delle temperature da record al di sopra dei 50°C raggiunte in questi giorni. Secondo i diplomatici, La stragrande maggioranza delle vittime sono di nazionalità egiziana. “Tutti (gli egiziani) sono morti a causa del caldo”, tranne una delle vittime che ha riportato ferite mortali durante una piccola calca.
Secondo il Ministero della Salute di Riyad, più di 2.760 pellegrini hanno sofferto di colpi di sole e stress legato al calore solo domenica. Il numero dei decessi ha più che quadruplicato quello dello scorso anno, che raggiunse la cifra di 240.
Cos’è il Hajj, il pellegrinaggio per i musulmani
Il Hajj è il pellegrinaggio islamico annuale alla Mecca, in Arabia Saudita, richiesto una volta nella vita a tutti i musulmani che possono permetterselo e sono fisicamente in grado di farlo. Questo pellegrinaggio è uno dei Cinque pilastri dell’Islam, oltre alla professione di fede, alla preghiera, all’elemosina e al digiuno durante il mese di Ramadan. Si differenzia dalla Umra, un pellegrinaggio minore con un percorso ridotto e che può essere effettuato in qualsiasi periodo dell’anno. La metà finale è la Ka’ba che si trova al centro della Grande Moschea della Mecca. La Ka’ba è una struttura cubica che rappresenta metaforicamente la casa di Dio ed è la direzione verso cui i musulmani pregano durante il giorno.
Durante il pellegrinaggio ci sono diversi riti da effettuarsi in cinque giorni, tra l’ottavo e il tredicesimo giorno del mese di Dhu al-Hijja, l’ultimo mese del calendario islamico. Essendo un calendario lunare, con undici giorni in meno del calendario gregoriano, la data del Hajj cambia ogni anno.
Il terzo giorno di Hajj, il decimo del mese Dhul al-Hijja, si celebra l’Eid al-Adha, la festa del sacrificio, che commemora la prova di fede di Abramo e il sacrificio del figlio – per i musulmani si tratta di Ismaele, mentre per cristiani ed ebrei il sacrificio sarebbe stato di Isacco. Durante questa festività, i musulmani macellano pecore o bovini e distribuiscono parte della carne ai poveri.
Per i pellegrini, il Hajj è un obbligo religioso, ma anche un’esperienza profondamente spirituale che dura tutta la vita. È vista come un’occasione per cercare il perdono per i peccati passati, per avvicinarsi a Dio e per camminare sulle orme dei profeti. Dal punto di vista comunitario, il pellegrinaggio unisce musulmani di diverse nazionalità, etnie, lingue e classi sociali provenienti da tutto il mondo nell’esecuzione di rituali religiosi e atti di adorazione, che avvengono nello stesso momento e luogo. Questo fa sì che molti provino un senso di unità, connessione, umiltà e uguaglianza.
Nel 2019 si è raggiunta la cifra record di 2,5 milioni di pellegrini, l’ultimo prima della pandemia di covid-19. Quest’anno l’Arabia Saudita ne ha ospitati 1,8 milioni, provenienti da tutto il mondo.
Gli effetti del caldo estremo sui pellegrini
Il pellegrinaggio alla Mecca è sempre più influenzato dai cambiamenti climatici. Secondo uno studio saudita pubblicato il mese scorso, le temperature nell’area in cui si svolgono i rituali aumentano di 0,4°C ogni decennio. Lunedì 17 giugno le temperature hanno raggiunto i 51,8°C alla Grande Moschea della Mecca.
I giornalisti dell’AFP a Mina, fuori La Mecca, hanno raccontato di pellegrini intenti a versarsi bottiglie d’acqua sulla testa, mentre i volontari distribuivano bevande fredde e gelati per tentare di rinfrescarsi. I funzionari sauditi hanno consigliato ai pellegrini di usare ombrelli, bere molta acqua ed evitare di esporsi al sole nelle ore più calde della giornata, ma molti dei rituali del Hajj, tra cui le preghiere sul Monte Arafat che si sono svolte sabato, comportano la permanenza all’aperto per ore durante il giorno. Alcuni pellegrini hanno raccontato di aver visto corpi immobili sul ciglio della strada e servizi di ambulanza che a volte sembravano sovraccarichi.
Ogni anno decine di migliaia di pellegrini tentano di compiere il Hajj attraverso canali irregolari, poiché non possono permettersi le procedure, spesso costose, per ottenere i visti ufficiali. E ciò li mette a rischio, perché non possono accedere alle strutture climatizzate fornite dalle autorità saudite lungo tutto il percorso del pellegrinaggio. Uno dei diplomatici che ha annunciato la morte dei pellegrini, ha riferito che il bilancio delle vittime egiziane è aumentato a causa del gran numero di fedeli egiziani non registrati. Non solo, la difficoltà a tracciare i pellegrini irregolari sta rendendo complesso anche il ritrovamento di chi è stato male o, peggio, è deceduto.
Anche un funzionario de Il Cairo che supervisiona la compagine di pellegrini egiziani alla Mecca ha ribadito che il gran numero di irregolari ha causato caos nei campi destinati ai pellegrini egiziani. “I pellegrini sono rimasti a lungo senza cibo, acqua e aria condizionata“. Sono morti “per il caldo perché la maggior parte delle persone non aveva un posto dove ripararsi“.
Oltre ai 2.760 pellegrini soccorsi fisicamente, il Ministero della Sanità saudita ha attivato una sorta di ospedale virtuale con il quale le persone potessero comunicare. Il dicastero ha riferito che sono state effettuate oltre 5.800 consultazioni online con pellegrini, tutti con sintomi da insolazione o colpi di calore.