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Le zecche non mi sono mai piaciute. Forse per la loro forma – le zampette che si aggrappano alla cute e il rostro che succhia voracemente sangue – o per la nomea che si portano dietro. Quella di parassiti pericolosi per noi e per i nostri amici a quattro zampe, in grado di propagare e trasmettere patologie pericolose e, qualche volta, mortali. Quest’anno, poi, la presenza delle zecche si è fatta particolarmente insidiosa e mi ha spinto a chiedere lumi agli esperti per riuscire a capirne la ragione. Un perché che ha a che fare con i cambiamenti climatici a cui siamo sottoposti e che si trasforma in un altro dei pericoli che un clima fuori controllo riserva a uomini e animali. Ma andiamo per ordine.
Le zecche non sono pericolose solo per gli animali
Le zecche sono artropodi appartenenti alla classe degli aracnidi, la stessa di ragni, acari e scorpioni, e sono munite di otto zampe allo stadio adulto (a differenza degli insetti che ne presentano sei). Si suddividono in zecche dure, caratterizzate dalla presenza di uno scudo dorsale coriaceo, e zecche molli senza scudo. Queste ultime sono più diffuse negli uccelli, ma si nutrono anche del sangue dell’uomo e di altri animali, abbandonandolo l’ospite una volta terminato il pasto e causando reazioni locali spesso imponenti. Le zecche dure sono parassiti ematofagi considerati long feeders, perché vivono sul soggetto parassitato a lungo (dai due ai sette giorni), abbandonandolo usualmente solo per le fasi di muta e per la deposizione delle uova che avviene sul terreno.
In Italia sono state individuate circa 36 specie di zecche e tutte presentano un picco di attività primaverile e autunnale, ma molte di esse sono in grado di esercitare la loro attività anche nel periodo invernale, quindi 12 mesi l’anno anche alle latitudini settentrionali.
Quali sono le malattie trasmesse dalle zecche
Le zecche dure prediligono ambienti erbosi o boschivi, frequentati da animali domestici o selvatici, ma alcune specie (come la cosiddetta zecca del cane) si sono adattate anche ad ambienti caldi e secchi e quindi si possono facilmente trovare in cortili con crepe e fessure, in ambito cittadino. Questi parassiti sono portatori di numerosi agenti patogeni e possono causare problematiche allergizzanti o anche paralizzanti. Nella loro saliva, infatti, sono presenti neurotossine capaci di provocare una paralisi progressiva negli animali e nell’uomo che può portare a morte per insufficienza respiratoria o cardiaca. La dottoressa Chiara Dissegna, medico veterinario, mi fa un elenco delle malattie trasmesse dalle zecche nel nostro territorio.
- La babesiosi o piroplasmosi: malattia sostenuta da emoprotozoi del genere babesia che infettano gli eritrociti e sono trasmesse da zecche dure. Le babesie sono generalmente altamente specifiche sia nei confronti della zecca che funge da vettore sia del mammifero ospite. Colpisce il cane mentre i casi di infezione nel gatto sono relativamente rari. Può colpire anche l’uomo.
- L’erlichiosi è una malattia febbrile causata da dei batteri intracellulari obbligati. Il cane è l’ospite principale di E. canis, il vettore è la zecca Rhipicephalus sanguineus. Non ci sono segnalazioni cliniche rilevanti nel gatto.
- L’anaplasmosi, malattia provocata da batteri intracellulari obbligati del genere anaplasma, segnalata nel cane e raramente nel gatto. Alcune segnalazioni ci sono state nell’uomo.
- La borrelliosi o malattia di Lyme è causata da borrelia. Il complesso Borrelia burgdorferi comprende undici specie/genotipi di Spirochete che infettano molti mammiferi (cane, gatto e uomo compreso) e uccelli e sono trasmesse da zecche delle specie Ixodes ricinus, I. exagonus e I. persulcatus.
- La tbe (tick-borne encephalitis o encefalite da zecche) è trasmessa dal morso di zecca a diversi vertebrati, uomo e cane compresi. Il gatto invece non è sensibile a questa malattia.
- La rickettsiosi è un’infezione causata da batteri del genere rickettsia e può manifestarsi nel cane, nel gatto e nell’uomo, causando nella nostra zona la febbre bottonosa del Mediterraneo.
- Le zecche possono trasmettere nell’uomo anche la tularemia (detta anche febbre dei conigli, un’altra temibile zoonosi), anche se questa via di trasmissione è meno frequente.
I rischi per cani e gatti
Come abbiamo visto dall’elenco delle malattie trasmesse, le zecche possono essere ospiti indesiderati anche dei gatti. Sui problemi generati da questi parassiti, il laboratorio di analisi veterinarie Mylav ha affrontato anche il tema dei felini, con il supporto di Luigi Venco, medico veterinario specialista in clinica dei piccoli animali.
In genere le zecche non sono molto selettive nella scelta dell’ospite, ma possono scegliere cani, gatti, uomo e altre specie di animali selvatici di grande e piccola taglia (dagli ungulati ai ricci). Purtroppo per chi vive con un cane è bene sapere che la specie è infestata dalle zecche molto frequentemente. Una recente indagine ha dimostrato come gli esemplari che vanno dal veterinario presentino almeno una zecca non notata dal proprietario in oltre il 40 per cento dei casi. Per questo motivo, la prevenzione farmacologica suggerita dal medico veterinario è fondamentale. “È bene comunque, dopo ogni passeggiata, osservare cute e mantello del cane, in particolare negli spazi interdigitali e a livello di collo, testa e orecchie che sono le zone più frequentemente colpite”, aggiunge il dottor Venco.
Caldo e siccità favoriscono la presenza delle zecche
Perché quest’anno notiamo un aumento di questi parassiti sia in città che nelle zone fuori dalle aree metropolitane? “Il clima è la variabile più importante nel determinare lo sviluppo delle zecche. L’attività di questi parassiti è legata, infatti, ai valori di temperatura e umidità. Durante l’inverno, per proteggersi dal freddo, si rifugiano nei muri, sotto le pietre o la vegetazione, interrandosi in profondità. Con l’inizio della primavera escono da questa forma di letargo e iniziano a darsi da fare. I cambiamenti climatici e le temperature più alte della norma permettono un prolungamento del periodo di attività delle zecche. Gli animali selvatici influenzano poi lo spostamento e la loro diffusione (non solo gli ungulati che vengono avvistati in zone cittadine ormai ogni giorno, ma anche gli uccelli possono spostare questi vettori)”, spiega Chiara Dissegna.
Questi piccoli parassiti hanno tecniche estremamente ingegnose di aggressione. Una volta salita sull’ospite, la zecca inizia il pasto di sangue che avviene in due fasi. La prima, denominata “lenta”, dura circa 24 ore ed è necessaria alla zecca per accomodare il sistema digestivo. Dopodiché ha inizio la fase di suzione rapida, durante la quale la zecca assume notevoli quantitativi di sangue e per far ciò rigurgita la componente liquida del sangue ingerito, trattenendone solo i nutrienti. In questa fase avviene la trasmissione di agenti patogeni presenti nella zecca stessa. Alcune zecche, quali Riphicephalus sanguineus (quella più comune del cane), spesso si organizzano in piccoli gruppi che pungono l’ospite nella stessa posizione. In questo modo l’azione degli enzimi anticoagulanti iniettati da ciascuna zecca viene potenziata favorendo il pasto e abbreviando la fase lenta (quella non rischiosa) fino a otto anziché 24 ore.
Con il caldo prematuro di questo inizio di estate, le zecche hanno fatto la loro comparsa anticipata soprattutto in regioni del nord Italia come il Piemonte e il Veneto. Il quotidiano L’arena ha riportato l’allarme già da tempo spiegando che le zecche sono in agguato con un anticipo di un paio di mesi. La colpa è stata attribuita a diversi fattori, dal caldo eccessivo alla presenza di animali selvatici come i cinghiali che, pur non colpiti direttamente dalle zoonosi trasmesse dalle zecche, sono necessariamente degli amplificatori per questi particolari insetti. In Piemonte invece, in merito alla loro invasione, si è parlato di una lunga stagione siccitosa accompagnata da temperature elevate già alla fine di una primavera troppo breve. E non finisce qui. In Emilia-Romagna, proprio mentre sto scrivendo questo editoriale, si segnala un aumento della babesiosi (detta anche piroplasmosi). Insomma, le ragioni sono tante come al solito, ma in primo piano c’è sempre l’emergenza climatica e i danni che le temperature fuori controllo stanno portando all’ecosistema.
Attenzione a eliminarle bene
Una volta individuata la zecca – o le zecche – sul corpo del nostro amico a quattro zampe o sulla nostra cute, l’importante è eliminare il parassita nel modo migliore, evitando che non rimanga traccia del suo corpo nella zona di pelle dove si è attaccata. “Sia nei nostri animali sia nell’uomo, per rimuovere una zecca è necessario afferrarla con una pinzetta a punte sottili, il più possibile vicino alla superficie della pelle, a livello del rostro, e rimuoverla esercitando una delicata e progressiva trazione”, avverte il dottor Venco.
“Esistono in commercio degli specifici estrattori che agevolano la manovra. Durante la rimozione bisogna prestare la massima attenzione a non schiacciare il corpo della zecca, per evitare il rigurgito che aumenta la possibilità di trasmissione di eventuali agenti patogeni. È poi consigliato conservare il parassita in una boccetta con alcool al 70 per cento per un eventuale isolamento di patogeni nel caso di successiva comparsa di sintomi. È assolutamente controindicato, prima di rimuovere la zecca, cospargerla di alcool, benzina, trielina, ammoniaca, olio, grassi o insetticidi, o scottarla con oggetti arroventati come le sigarette per evitare che la sofferenza indotta possa provocare il rigurgito di materiale infetto e la trasmissione di patogeni. Se l’infestazione è massiva o causata da numerose zecche è bene rivolgersi al proprio veterinario che suggerirà un trattamento farmacologico con farmaci che abbiano un’azione rapida”.
Come difendere i nostri amici a quattro zampe
Da tempo ormai le aziende farmaceutiche veterinarie stanno proponendo prodotti antiparassitari nei confronti di pulci e zecche che vanno dallo spray allo spot-on, fino ai collari e che possono evitare il contagio per alcuni mesi. “L’applicazione di antiparassitari esterni nei cani e nei gatti per contrastare le zecche è assolutamente fondamentale, soprattutto se viviamo in campagna o andiamo in vacanza in montagna. Specie nel campo dei grossi animali, però, si sta riscontrando una resistenza delle zecche sempre maggiore nei confronti dei prodotti utilizzati finora. La ricerca veterinaria, perciò, si sta impegnando nel trovare nuove molecole attive e sta lavorando anche nella ricerca di prodotti naturali efficaci. Studi sull’efficacia degli olii essenziali sono particolarmente promettenti e aprono un mondo di possibilità in sintonia con la natura per una prevenzione efficace”, conclude la dottoressa Dissegna.
Ed è proprio su questo versante che chi ha a cuore la salute dell’ambiente spera si possa trovare presto una soluzione concreta. Per il momento, infatti, i molti – troppi – discorsi sul clima e sulle conseguenze dell’innalzamento delle temperature sembrano lasciare il tempo che trovano. E le prospettive peggiori si fanno, di giorno in giorno, più concrete e immediate. La speranza è che finalmente l’uomo si renda conto del danno provocato all’ambiente e vi ponga rimedio in modo fattivo.