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- Due naufragi in una notte al largo delle coste calabresi, almeno 65 vittime: fanno più 800 morti nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno, mille secondo le ong.
- I superstiti di una delle due imbarcazioni sono stati soccorsi a Roccella Jonica, dove è presente il team di Medici senza frontiere.
- L’accusa della ong: “Vergognoso il silenzio delle istituzioni che hanno costruito un’emergenza a tavolino”.
Sono già almeno 800, nel 2024, i migranti morti nel tentativo di attraversare il mar Mediterraneo con imbarcazioni di fortuna coinvolte in tragici naufragi, secondo i dati forniti dalle Nazioni Unite. Un conto aggiornato all’ultima, doppia sciagura avvenuta nella notte tra il 16 e il 17 giugno, al largo delle coste calabresi, che a poco più di un anno dalla terribile strage di Cutro, è tornato a essere il teatro del dramma delle migrazioni, con due naufragi che hanno causato la morte di almeno 65 persone nel giro di poche ore. Un conto comunque del tutto parziale, perché dopo 48 ore le ricerche di quelli che dovrebbero essere circa 60 dispersi, secondo i racconti dei sopravvissuti, non hanno ancora restituito neanche un corpo. Su questa doppia tragedia, accusa in queste ore Medici senza frontiere, pesa un silenzio istituzionale “vergognoso, un silenzio incurante del dolore di chi sopravvive, un vuoto disumano non tollerabile. Non c’è risposta dai governi italiani e dalle istituzioni europee, la loro inerzia ha svuotato il Mediterraneo di mezzi e risorse di ricerca e soccorso”, proprio a partire dal cosiddetto decreto Cutro, che invece di facilitare i soccorsi sull’onda emotiva di una tragedia che aveva fatto ben 94 vittime del tutto evitabili, li ha ulteriormente complicati. Medici senza frontiere, tra l’altro, parla di oltre mille morti dall’inizio dell’anno, sei al giorno: una discrepanza rispetto ai dati Onu che si spiega proprio con la difficoltà di ritrovare molti dei dispersi dei naufragi, che non avranno mai un nome e una sepoltura.
Quei due naufragi nel giro di poche ore
Le due imbarcazioni coinvolte negli ultimi naufragi del 16-17 giugno, cariche di migranti provenienti da diverse parti del mondo, non hanno retto alla forza delle onde e si sono schiantate contro gli scogli. I soccorritori hanno recuperato i cadaveri, tra cui molti bambini e un neonato: tra i 65 corpi ritrovati, i minori deceduti sarebbero almeno 14, di cui 9 maschi e 5 donne.
Secondo quanto hanno riferito le agenzie delle Nazioni Unite che a vario titolo si occupano di migrazioni e di minori, Unhcr, Oim e Unicef, in un primo naufragio le vittime avrebbero perso la vita per soffocamento sul ponte inferiore dell’imbarcazione su cui viaggiavano: 51 sopravvissuti sono stati portati in salvo a Lampedusa dalla nave Nadir dell’Ong Resqship, che ha soccorso la barca di legno partita dalla Libia. I paesi di origine delle persone a bordo sono Siria, Egitto, Pakistan, Bangladesh. Nel secondo incidente, dopo essere stati soccorsi da un peschereccio e trasferiti su un mercantile, 11 superstiti sono stati soccorsi dalla Guardia Costiera nello Jonio e portati in salvo a Roccella Jonica insieme al corpo di una donna, mentre altre 64 persone, come detto, risultano tuttora disperse in mare.
Secondo la ricostruzione dei sopravvissuti, il motore dell’imbarcazione, partita otto giorni prima dalla Turchia, si sarebbe incendiato, facendo rovesciare lo scafo a 110 miglia nautiche dalle coste italiane. I superstiti e i dispersi in mare provengono da Iran, Siria e Iraq, e tra i sopravvissuti ci sono anche e2 bambini accompagnati e 2 donne. L’Agenzia Onu per i rifugiati, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni e il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, hanno“profondo cordoglio per le decine di vittime di due nuovi incidenti nel Mediterraneo, la cui notizia è arrivata oggi con il salvataggio dei sopravvissuti”.
La testimonianza e l’accusa di Medici senza frontiere
Il team di Medici senza frontiere a Rocella Jonica, dove l’organizzazione è presente dal 2022, si è mobilitato per offrire assistenza, anche di tipo psicologico, alle persone sopravvissute all’ultimo naufragio avvenuto nella notte tra il 16 e il 17 giugno nel Mar Ionio. “La scena era straziante, davanti a noi persone traumatizzate, il dolore si toccava con mano. Vedere annegare un parente o un amico è sempre orribile” dice Shakilla Mohammadi, mediatrice interculturale di Medici senza frontiere a Roccella che era al porto per assistere allo sbarco dei sopravvissuti. “Ho parlato con un ragazzo che ha perso la sua fidanzata. I superstiti hanno parlato di 66 persone disperse, tra cui almeno 26 bambini, anche di pochi mesi. Intere famiglie dell’Afghanistan sarebbero morte. Sono partiti dalla Turchia 8 giorni fa e da 3 o 4 giorni imbarcavano acqua. Ci hanno detto che viaggiavano senza salvagente e che alcune imbarcazioni non si sono fermate per aiutarli”.
“Le persone sopravvissute sono ancora molto confuse. Tutte loro sono ospedalizzate in diverse strutture del territorio e non si rendono ancora conto chi dei loro familiari è vivo e chi invece è morto in mare. Interi nuclei familiari sono andati distrutti. C’è chi ha perso la moglie, chi un figlio, un marito, un amico o un nipote”, racconta invece Cecilia Momi, responsabile affari umanitari di Medici Senza Frontiere che sta fornendo supporto psicologico ai sopravvissuti del naufragio“Sono tutti in uno stato di forte trauma psicologico e fisico. Molti di loro hanno forti ustioni da sole, segno che probabilmente hanno trascorso diversi giorni sotto il sole”. Msf da decenni offre assistenza sanitaria nei teatri più caldi di guerre e cataclismi naturali, e già dovrebbe far riflettere il fatto che sia costretta ad operare nelle stesse modalità emergenziali anche in Italia. Una riflessione che porta Marco Bertotto, direttore dei programmi di Medici senza frontiere in Italia, a un vero e proprio atto d’accusa: “Sei morti al giorno sono qualcosa di più che la dimostrazione di un fallimento delle autorità italiane, smascherano soprattutto una tragedia umanitaria costruita a tavolino, provvedimento dopo provvedimento, dai diversi governi che si sono succeduti in questi anni”.
Invece di azioni concrete per evitare altre tragedie in mare, come rafforzare le attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo o creare vie legali e sicure per arrivare in Europa, secondo Msf e tutte le ong del mare le autorità italiane e le istituzioni europee hanno scelto consapevolmente politiche letali di deterrenza, violenza alle frontiere, respingimenti forzati, accordi con paesi terzi che perseguitano le persone migranti e la sistematica criminalizzazione di chi tenta di soccorrere chi è in pericolo in mare. Il risultato finale è stato “far sì che intere famiglie scomparissero inghiottite dal mare davanti alle coste italiane. All’indomani dell’ennesima strage in mare, il dolore dei sopravvissuti e delle famiglie delle vittime reclama risposte, azioni e responsabilità da parte delle istituzioni italiane ed europee per impedire altre morti”. Come dire, e come abbiamo già detto: non chiamiamoli incidenti.