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La situazione meteorologica in Italia è cambiata radicalmente nelle ultime settimane. La pioggia degli ultimi giorni hanno costretto gli italiani a cambiare in fretta i vestiti nell’armadio per coprirsi di più. E subito ci si è posti la domanda, quando si potranno accendere i riscaldamenti? La risposta è: dipende da dove abiti. A scaglioni, dal 15 ottobre al 1 dicembre, si potranno accendere i riscaldamenti in tutta Italia. Ma vediamo le date precise, da una zona climatica a un’altra.
Cosa dice la normativa sui riscaldamenti
Nel nostro paese il ricorso ai riscaldamenti è soggetto a un decreto del presidente della Repubblica del 2013 che disciplina il periodo di funzionamento e la durata giornaliera di accensione degli impianti di riscaldamento in base alla zona climatica di riferimento. In Italia esistono sei zone climatiche stabilite in base a quella che era la temperatura media del periodo. Al nord, dove fa (o faceva) più freddo, i periodi di accensione sono più lunghi e ci sono certe fasce geografiche, come le aree alpine, che hanno i sistemi di riscaldamento attivi tutto l’anno. I condomini, poi, hanno le loro regole in materia di impianti termici fissati dall’assemblea condominiale. Non è possibile quindi per il singolo condomino accendere il riscaldamento senza aver prima notificato l’amministratore. Questo non vale se si vive in una casa indipendente. Per legge, poi, le case riscaldate dai termosifoni devono avere impostata una temperatura massima di 19 gradi Celsius, con una tolleranza di due gradi, ma i comuni possono prevedere delle deroghe a questa norma. In ogni caso, esistono multe anche pesanti per chi non rispetta i limiti. La direttiva europea sull’efficienza energetica nell’edilizia specifica che le sanzioni per i trasgressori vanno da 500 fino a 3.000 euro.
Il rischi per salute
Un simile regime normativo complesso e articolato risponde alla necessità di regolare le emissioni inquinanti prodotte dagli impianti definendo in modo preciso le ore e la durata di accensione per ridurre al minimo gli impatti sull’ambiente, sull’aria che respiriamo. Uno studio del 2021 della società di consulenza Elemens ha evidenziato che in Italia il riscaldamento domestico è responsabile del 17,7 per cento delle emissioni totali di CO2 e contribuisce in modo rilevante anche alla produzione di polveri sottili, nocive per la nostra salute. Si tratta di una conseguenza del fatto che in Italia la maggior parte delle case è ancora riscaldata a combustibili fossili. L’Unione europea ha approvato la direttiva case green anche per contrastare questo fenomeno. La legge prevede che dal 2030 i nuovi edifici costruiti dovranno essere a emissioni zero e vieta incentivi per l’acquisto di caldaie a gas già dal prossimo anno.
“Si tratta di un passo importante dal punto di vista ambientale e sociale”, aveva commentato lo scorso aprile Mimmo Fontana, responsabile rigenerazione urbana di Legambiente. “L’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare può concretamente contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra e bisogna partire innanzitutto dalla programmazione di interventi di rinnovamento sulle unità più energivore”
Il modello dei paesi nordici
Per trovare un modello da prendere ad esempio, dobbiamo, come spesso accade, guardare al Nordeuropa. In Norvegia, Svezia e Finlandia hanno adottato un sistema di riscaldamento meno inquinante rispetto agli impianti tradizionali, alimentati a metano (o peggio a gasolio). Si tratta di estrarre il calore sal sottosuolo e di trasferirlo all’interno dell’abitazione: sono le pompe di calore. Secondo una ricerca del Regulatory assistance project (Rap) questi tre paesi hanno la concentrazione maggiore in Europa di questi dispositivi ogni mille abitanti. È dunque interessante osservare come alcuni dei paesi più freddi al mondo abbiano adottato dei sistemi di riscaldamento meno inquinanti dell’Italia o di paesi dove il riscaldamento è certamente meno necessario (e quindi, potenzialmente, meno inquinante). Ad oggi il mercato italiano è il secondo in Europa in termini di vendite di pompe di calore, ma scende al settimo posto se si guarda la concentrazione ogni mille abitanti. Attualmente servono incentivi solidi che stimolino la domanda e abbassino i costi. Bisogna puntare a soluzioni come le pompe di calore se vogliamo salvarci dal freddo senza distruggere l’ambiente in cui viviamo.