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- A causa del fenomeno meteorologico El Niño, in Zambia da anni piove pochissimo.
- Le turbine della centrale di Kariba hanno praticamente smesso di funzionare.
- Milioni di persone sono senza energia elettrica e la diga inizia a mostrare anche segni di cedimento.
La diga di Kariba racchiude le acque del bacino artificiale più grande del mondo, tra Zambia e Zimbabwe. Tra numerose difficoltà, è stata costruita a partire dagli anni Cinquanta per intrappolare il flusso del fiume Zambesi e rivoluzionare l’approvvigionamento energetico dei due paesi.
L’80 per cento della fornitura di energia elettrica in Zambia arriva dalle turbine del lago Kariba, ma da qualche tempo non è più così. Nel paese non piove più e la siccità ha quasi prosciugato il bacino, che ha perso così il suo potere energetico. Oggi milioni di persone devono far fronte ai peggiori blackout della storia del paese e l’economia è in ginocchio. Come se non bastasse, la diga rischia di crollare per la scarsa manutenzione.
La storia della diga di Kariba
Quando si è deciso di bloccare il flusso del fiume Zambesi per costruire la diga di Kariba, nel territorio c’erano ancora le potenze coloniali europee. Erano i tempi della Federazione centrafricana, un progetto di unione di tre colonie voluto negli Cinquanta dall’impero britannico per ridare prestigio ai suoi possedimenti e attrarre nuovi investimenti.
Tra questi ci fu proprio la diga di Kariba, pensata per sfruttare l’enorme potenziale energetico del fiume Zambesi. La progettazione dell’infrastruttura venne affidata a un ingegnere francese, la realizzazione a imprese italiane legate alla Fiat. Le comunità locali si opposero da subito al progetto, sia perché comportava lo sgombero di decine di migliaia di persone che vivevano di pesca e agricoltura, sia per il distruttivo impatto sulla flora e la fauna, sia perché c’era profonda sfiducia nella possibilità di bloccare un corso fluviale così imprevedibile.
In effetti i lavori furono molto accidentati: ci furono diverse piene che distrussero i cantieri e portarono l’acqua a superare i cassoni della diga. Nella realizzazione del progetto morirono anche 80 operai, tanto che si iniziò a parlare di “diga maledetta”. Che alla fine però vide la luce, creando il più grande bacino artificiale del mondo, capace di fornire qualcosa come 1.320 megawatt di elettricità sia allo Zambia che allo Zimbabwe, nel frattempo divenuti indipendenti.
Un bacino senza acqua
Oggi della diga di Kariba non si parla più per la rivoluzione energetica che ha portato nel territorio, ma per le sue criticità.
A causa del fenomeno meteorologico El Niño, in Zambia da anni piove pochissimo, o non piove proprio, mentre le temperature sono molto alte. Questo tra le altre cose ha fatto abbassare progressivamente le acque del bacino di Kariba, da cui sono emersi alberi e altra vegetazione. L’ultima stagione delle piogge ha fatto salire il livello delle acque di 30 centimetri, contro i metri dei tempi normali.
Le sei turbine della centrale di Kariba North Bank hanno di fatto smesso di funzionare e oggi viene prodotto solo il 7 per cento di quanto si dovrebbe in termini di energia elettrica. Il risultato è che in un paese che in termini di elettricità dipende per l’80 per cento da quel bacino, e dove già in condizioni normali più delle metà delle popolazione totale di 20 milioni di persone non ha accesso all’elettricità, è in corso la peggiore crisi energetica della storia. La quasi totalità del paese deve far fronte a blackout continui e questo sta mettendo in ginocchio non solo la quotidianità della persone, ma anche l’economia del paese.
Diga a rischio crollo
Negli ultimi anni il continente africano sta facendo sempre più affidamento sull’energia idroelettrica. Oggi in questo modo viene prodotto il 17 per cento del totale dell’energia, ma entro il 2040 si dovrebbe arrivare al 23 per cento. Come sottolinea al media internazionale Associated Press Carlos Lopes, professore all’università sudafricana di Cape Town, “le condizioni meteorologiche estreme, comprese le siccità prolungate, rendono chiaro che l’eccessivo affidamento all’energia idroelettrica non è più sostenibile”.
Negli ultimi anni il governo dello Zambia ha cercato di incentivare il ricorso all’energia solare, ma la crisi energetica che sta vivendo oggi il paese sta obbligando a tornare indietro, con la popolazione e le stesse istituzioni che si stanno affidando a vecchi generatori di corrente diesel.
I problemi relativi alla diga di Kariba peraltro non sono finiti qui e il peggio potrebbe ancora arrivare. Da anni si mette in guardia dal rischio di un cedimento dell’infrastruttura: le acque hanno eroso i materiali, si sono formate le prime crepe e oltre la diga l’acqua ha creato un fossato molto profondo che ne minaccia le fondamenta. Un eventuale crollo non solo priverebbe lo Zambia del suo principale fornitore di energia, ma provocherebbe uno tsunami fluviale che spazzerebbe via una valle intera, con un bilancio di morti e distruzione drammatico.