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Tra il 26 e il 30 ottobre del 2018 la tempesta Vaia ha tolto ai boschi del Triveneto l’equivalente di 7 anni di taglio degli alberi in Italia. La notte del 29 ottobre, quando le raffiche provenienti da un mar Adriatico insolitamente caldo si sono scagliate contro i versanti delle montagne ad una velocità di 200 chilometri orari, il volto di queste valli è cambiato per sempre. Oltre 40 milioni di alberi sono stati abbattuti dalle raffiche di vento, lasciando una ferita profonda in un territorio in cui il legno è natura, paesaggio e identità culturale.
Gli sforzi per il rimboschimento
Sono passati sei anni da quella tempesta e oggi i territori colpiti stanno cercando di rialzarsi non solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello legato all’economia del legno. L’improvvisa disponibilità di legname successiva a Vaia, infatti, aveva messo sotto pressione il settore, sia per l’eccessiva quantità di materia prima che per la limitata capacità della filiera di smaltire numeri simili. L’aumento dell’offerta ha poi causato un crollo dei prezzi, stimati in 174 milioni di euro.
I progetti di rigenerazione del territorio che sono nati negli anni, hanno puntato sulla selvicoltura naturalistica, inserendo cioè specie diverse per consentire al bosco di recuperare le proprie dinamiche naturali. Una scelta che ha reso le aree colpite dalla tempesta un vero e proprio laboratorio a cielo aperto. L’obiettivo è quello di ricreare strutture forestali capaci di resistere alle perturbazioni e alle mutate condizioni climatiche. Boschi e foreste dove viene dato ampio spazio alla biodiversità, alla diversità delle specie, ad una visione di bosco da gestire in maniera responsabile.
Simili progetti hanno anche dovuto fare i conti con il bostrico tipografo (Ips typographus), un insetto che ha infettato le piante sradica e ammassate dalle raffiche di vento, trovando terreno fertile per diffondersi molto più rapidamente. L’insetto è naturalmente presente negli ecosistemi forestali e in condizioni normali svolge un ruolo ecologico importante, attaccando piante come abeti bianchi, larici, e pini silvestri quando sono deboli o giunte alla fine del loro ciclo vitale. Il susseguirsi di periodi estremamente siccitosi ha però favorito il “salto” del bostrico anche verso i boschi sani, moltiplicando di fatto l’effetto distruttivo iniziale della tempesta.
Vaia, dalla tempesta alla comunità che fa rivivere il legno
Oltre alle numerose iniziative di rimboschimento nate a seguito della tempesta, ci sono poi realtà come Vaia, che lavora proprio nell’ottica della rigenerazione delle comunità locali, lavorando a tu per tu con gli artigiani locali. Per Federico Stefani, co-fondatore del progetto, “uno dei pilastri della filosofia di Vaia è il concetto di recupero delle materie prime con cui vengono realizzati prodotti nuovi adatti alla vita di tutti i giorni e in simbiosi con la tecnologia di uso comune”.
Se originariamente il legno utilizzato era quello degli alberi abbattuti dalla tempesta, oggi l’attenzione è rivolta al legno di abete colpito dal bostrico, che viene lavorato dalle mani degli artigiani della Val Brembilla, in Lombardia. Per ogni oggetto venduto poi, in una ottica chiara di economia circolare,Vaia pianta un albero nelle zone colpite dallo stesso bostrico su tutto l’arco alpino tra Lombardia, Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. Con la messa a dimora di alberi di specie diverse per garantire la biodiversità. Ad oggi gli alberi piantati sono circa 100.000, ma l’obiettivo è quello di raddoppiare il numero entro i prossimi due anni.