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La Cop29, ovvero la conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici che inizia oggi a Baku, in Azerbaigian, si apre con un’immagine: il viceministro azero dell’Energia e amministratore delegato della Cop, Elnur Soltanov, che alla vigilia del summit presenta a un finto potenziale investitore le opportunità di investimento nei settori del petrolio e del gas. “Abbiamo molti giacimenti di gas che devono essere sviluppati”, dice Soltanov a colui che invece è un investigatore dell’ong Global Witness sotto copertura.
Il video è stato diffuso dalla Bbc e la dice lunga su come gli interessi economici rischiano di minare i nuovi negoziati sul clima, che hanno tra gli obiettivi anche la graduale eliminazione dei combustibili fossili. Un “tradimento” che un ex dirigente dell’Onu, già responsabile dei colloqui sul clima ha definito “completamente inaccettabile”.
Come si temeva, dunque, anche questa edizione della Cop dovrà fare i conti con le interferenze di coloro che operano nel settore dei combustibili fossili. Che per l’Azerbaigian rappresentano il 90 per cento delle esportazioni e il 60 per cento del bilancio pubblico. Ma che Paese è l’Azerbaigian, esattamente?
La politica interna dell’Azerbaigian
L’Azerbaigian, ex repubblica sovietica stretta tra Russia e Iran, è il più grande paese della regione del Caucaso. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica e un periodo di instabilità politica culminato con l’ascesa al potere nel 1993 di Heydar Aliyev, padre dell’attuale presidente Ilham Aliyev, questo paese ha vissuto una forte trasformazione economica, alimentata soprattutto dallo sfruttamento delle grandi riserve di gas e petrolio.
In carica dal 2003, l’attuale presidente Ilham Aliyev, 62 anni, è stato rieletto il 7 febbraio scorso per la quinta volta con più del 90 per cento dei voti in uno scrutinio però boicottato dall’opposizione. Nonostante la presenza formale di altri sei candidati, che in passato avevano comunque dimostrato sostegno per Aliyev, i veri partiti di opposizione hanno parlato di elezioni “farsa” e hanno boicottato il voto.
Artur Gerasymov, della missione di osservazione dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in europa (Osce), ha dichiarato che le elezioni sono state “prive di un reale pluralismo”.
L’Azerbaigian è infatti considerato uno stato autoritario dove la stampa e le libertà civili sono fortemente limitati. La stabilità interna è mantenuta dal pugno duro del presidente che nei suoi vent’anni di governo è comunque riuscito a trasformare questo stato da poco indipendente e in difficoltà in un importante attore energetico regionale. Gli accordi siglati con grossi produttori di energia hanno infatti permesso al Paese di capitalizzare i ricavi e creare non solo un fondo gestito dal governo per i progetti internazionali, ma anche di riorganizzare l’esercito. Una priorità, quest’ultima, che ha cambiato le sorti del Nagorno Karabakh, territorio lungamente conteso con l’Armenia.
L’offensiva lampo in Nagorno Karabakh
Dopo trent’anni di tensioni, nell’autunno 2023 con un’offensiva lampo l’Azerbaigian ha posto fine al dominio armeno nella regione del Nagorno Karabakh. Gli scontri hanno causato centinaia di morti e buona parte dei 120mila residenti di etnia armena è fuggita nella vicina Armenia.
Il presidente Aliyev ha definito la vittoria nel Karabakh “un evento epocale senza precedenti nella storia dell’Azerbaigian”, aggiungendo che le elezioni (tra l’altro anticipate rispetto alla data prevista nel 2025) avrebbero segnato “l’inizio di una nuova era” giacché si sono tenute per la prima volta anche nel Karabakh.
L’economia e il settore energetico
Per sviluppare e diversificare l’economia, fortemente dipendente dalla produzione di petrolio e gas, il governo azero negli ultimi anni ha cercato di attrarre investimenti esteri e stimolare la crescita del settore privato. Ha inoltre avviato delle riforme, legate soprattutto al turismo, ai trasporti, all’information technology (IT) e all’agricoltura, che hanno permesso al paese di essere inserito nella classifica dei venti paesi “riformisti” secondo il rapporto Doing Business 2020 della Banca Centrale. Le difficoltà principali per chi vuole fare business restano legate soprattutto all’alto livello di corruzione (l’Azerbaigian si colloca al 154° posto su 180 nel Corruption Index 2023 di Transparency International) e alla scarsa trasparenza giudiziaria.
Dopo l’invasione russa dell’Ucraina e la volontà da parte dell’Europa di sostituire le forniture di gas russo, i rapporti tra l’Unione europea e Baku si sono fatti più stretti. L’anno scorso l’Europa ha importato 11,8 miliardi di metri cubi di gas dall’Azerbaigian, con la previsione di aumento di altri 13 miliardi di metri cubi entro la fine di quest’anno. Nel 2022, infatti, Baku aveva firmato un memorandum d’intesa con la Commissione europea per raddoppiare le sue esportazioni di gas verso il Vecchio continente, portandole a 20 miliardi di metri cubi entro il 2027.
Secondo Infomercatiesteri, nei primi sette mesi del 2023 quasi il 45 per cento delle esportazioni azere sono state destinate all’Italia, che si è confermata primo partner commerciale superando addirittura la Turchia e la Grecia.
“L’Azerbaigian è il primo fornitore di petrolio in Italia e il secondo in termini di gas — aveva dichiarato il presidente azero Ilham Aliyev durante la sua visita in Italia nel settembre scorso —. La rete di 3.500 chilometri di gasdotti dall’Azerbaigian all’Italia, il cosiddetto corridoio meridionale del gas, garantisce oggi la sicurezza energetica a dieci Paesi, sette dei quali sono membri dell’Unione europea”.
I rapporti internazionali dell’Azerbaigian
La posizione geografica dell’Azerbaigian, situato al crocevia tra Europa e Asia, insieme alle sue risorse energetiche, lo rende un attore strategico nel Caucaso e non solo.
Pur soddisfacendo gli appetiti energetici dell’Europa e preservando i suoi buoni rapporti con l’Ucraina, l’Azerbaigian è riuscito a mantenere relazioni solide anche con la Russia, bilanciando così i propri interessi economici e geopolitici.
La sua alleanza con la Turchia è ancora più complessa: considerata una nazione “fraterna” per i legami etnici e linguistici, questa alleanza è stata però parzialmente compromessa dal conflitto tra Israele e Palestina. Il sostegno turco alla Palestina, infatti, si contrappone alla posizione relativamente neutrale di Baku.
Inoltre, i rapporti con Israele, acerrimo nemico di Teheran, hanno contribuito ad aumentare le tensioni con l’Iran: quest’ultimo teme da sempre che l’indipendenza dell’Azerbaigian, ex repubblica sovietica, possa spingere la grande comunità azera in Iran a rivendicare maggiori diritti.
Insomma, la capacità dell’Azerbaigian di bilanciare i rapporti con vari attori globali potrebbe rafforzarne l’influenza sulle dinamiche economiche e politiche della regione, consolidando così il suo peso nello scenario internazionale.
Ma per gli attivisti l’Azerbaigian alla Cop29 continua a rappresentare un mediatore discutibile: sebbene i funzionari azeri abbiano dichiarato il proprio impegno verso la transizione energetica e la necessità di ridurre le emissioni di carbonio, il problema è che molti Paesi – come i vicini europei affamati di gas non russo – hanno tutto l’interesse a preservare questo suo status di produttore fidato di combustibili fossili.