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L’immenso incendio battezzato “Park Fire”, divampato in California nel mese di luglio, è ancora attivo, benché ormai domato al 99 per cento, secondo quando riferito dai vigili del fuoco dello stato americano (CalFire). In sei settimane, il rogo è stato in grado di distruggere 173.850 ettari di foreste e vegetazione. Il che ne fa il quarto più grave nella storia della California (e il peggiore dell’anno in corso).
Il Park Fire ha distrutto 709 tra abitazioni e strutture commerciali
Il Park Fire si è concentrato nelle contee di Butte e Tehama. Per circoscriverlo è stato necessario l’intervento di 477 pompieri, un elicottero, decine di mezzi, e conseguenti costi giganteschi, stimati in 337 milioni di dollari.
Ciò nonostante, le fiamme hanno distrutto 709 tra abitazioni e strutture commerciali, danneggiandone altre 54, secondo un bilancio ancora provvisorio. Ma per fortuna l’area nella quale l’incendio si è sviluppato e le misure adottate dalle autorità hanno permesso di evitare che ci fossero vittime.
Il fumo dell’incendio è arrivato fino a Reno, in Nevada
I danni ambientali e materiali, al contrario, sono enormi. Il Park Fire ha bruciato la maggior parte della riserva ecologica Big Chico Creek, che si estendeva su 3.200 ettari, e che era utilizzata a scopi educativi e di ricerca scientifica. Il fumo provocato dalla combustione di alberi e vegetazione ha degradato inoltre fortemente l’aria, con ripercussioni fino alla città di Reno, in Nevada.
Sono state poi distrutte infrastrutture elettriche, comprese centraline e linee, lasciando migliaia di persone senza energia per settimane. È stato inoltre necessario effettuare una serie di evacuazioni, non soltanto nelle contee di Butte e Tehama ma anche, a scopo precauzionale, in quella di Shasta. Al 25 luglio le autorità statunitensi avevano riferito di più di ottomila persone costrette ad abbandonare le loro case, compreso l’intero villaggio di Cohasset. Assieme ai residenti, sono stati spostati anche numerosi animali di grande e piccola taglia.
In California un’estate di fenomeni estremi
Ma per la California si è trattato di un’estate fatta di episodi estremi non soltanto per gli incendi. La siccità non ha risparmiato lo stato americano, e nei primi giorni di settembre le colonnine di mercurio indicano dati straordinariamente elevati. In alcuni quartieri di Los Angeles nel prossimo fine settimana sono attesi 45 gradi centigradi. In media, i meteorologi prevedono temperature di 10 gradi superiori rispetto alla media del periodo. Nella Valle della Morte, nota per le temperature estreme, si sfioreranno i 50 gradi, e anche la vicina Arizona sarà colpita dall’ondata di caldo: a Phoenix le temperature hanno già sfiorato i 40 gradi.
D’altra parte, le ondate di caldo estremo rappresentano una delle conseguenze dei cambiamenti climatici in atto: negli Stati Uniti, in particolare, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente ha analizzato i dati di 50 grandi città, stabilendo che la frequenza di tali ondate è triplicata rispetto agli anni Sessanta, passando da due a sei episodi all’anno. Il che impone anche un modo diverso di concepire la tutela del territorio, come suggerisce Don Hankins, ricercatore dell’università della California, secondo il quale alcune pratiche delle comunità indigene potrebbero risultare efficaci nel prevenire gli incendi.