https://www.open.online/2024/06/29/incendi-russia-copernicus-aumento-20-anni
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Sono almeno 460 mila gli ettari di terreno interessati dagli incendi che nel corso di giugno hanno colpito la regione artica della Russia, nell’estremo Nord Est siberiano. Si tratta di un’area grande poco più del Molise, andata in fumo a causa delle condizioni perfette per la nascita di roghi spontanei alimentati delle temperature sopra la media e dalla siccità che ha interessato la zona negli ultimi mesi. A renderlo noto è il servizio di monitoraggio di Copernicus. Secondo quanto rilevato dai satelliti, la quantità di anidride carbonica rilasciata in incendi nell’artico – 6,8 milioni di tonnellate – ha già raggiunto la top tre degli ultimi 20 anni, nonostante l’estate astronomica sia iniziata da appena otto giorni. I record sono quelli del 2020, con 16,3 milioni di tonnellate, e il 2019, con 13,8 milioni.
«Un punto di non ritorno»
«È la terza volta dal 2019 che osserviamo significativi incendi nell’Artico e dimostra che questa regione nord-orientale dell’Artico ha registrato il maggiore aumento di incendi estremi negli ultimi due decenni», ha commentato Mark Parrington, Senior Scientist al del servizio di monitoraggio atmosferico di Copernicus. Come spiegano gli esperti del programma dell’Unione Europea, i roghi che interessano l’articolo sono particolarmente emblematici dello stato di salute del clima di tutto il pianeta. Una volta rarissimi, la loro frequenza è aumentata negli anni, portando gli scienziati temere che la regione artica possa essere in procinto di superare il punto di non ritorno, oltre il quale, anche interrompendo nuove emissioni di gas serra, sarà virtualmente impossibile impedire il degrado dell’ambiente naturale e la formazione di nuovi, incendi, fusione del permafrost e rilascio nell’atmosfera di metano, altro potente gas serra.