diritti civili
Mi sono ritrovato in Italia quasi inconsapevolmente. È come se ci avessi sempre vissuto: come chi ci è nato, non ho mai avuto una scelta da prendere. Non avevo ancora compiuto due anni quando fui catapultato nella periferia di Napoli, per scappare dalla devastazione economica e sociale dell’Ucraina post-sovietica. Sono cresciuto sentendomi chiamare Andrea, all’asilo come pure dai miei genitori. Quando mia madre mi spiegava il perché di quell’Andriy sulle scartoffie che rovistavo in giro per casa, faticavo a comprendere. Credevo si riferissero a mio padre, mio omonimo (pratica comune nei paesi dell’Europa orientale), ma poi leggevo la mia data di nascita. Quando arrivai era il 1999. Nello stesso anno sbarcò in Italia anche l’attaccante ucraino Andriy Shevchenko, col quale la maggior parte degli italiani avrebbe finito per associare il mio paese, e quindi anche me, almeno fino agli sconvolgimenti politici dell’ultimo decennio...