CPR
“Nella tua città c'è un lager”. È la denuncia degli attivisti che si battono da anni per la chiusura dei CPR (Centri di Permanenza per i Rimpatri), veri e propri buchi neri nei quali finiscono, e a volte perdono anche la vita, i cittadini stranieri sprovvisti di regolare titolo di soggiorno. Con una capienza complessiva di 1.100 posti sono dieci i centri attualmente operativi a Milano, Torino, Gradisca d’Isonzo, Roma-Ponte Galeria, Palazzo San Gervasio, Macomer, Brindisi-Restinco, Bari-Palese, Trapani-Milo e Caltanissetta-Pian del Lago. Si tratta di strutture che in oltre vent'anni hanno prodotto una lunga scia di disperazione, violenze e morti. Istituiti nel 1998 dal governo di centrosinistra guidato da Romano Prodi con la legge sull’immigrazione Turco-Napolitano, i centri furono inizialmente chiamati CPTA (Centri di Permanenza Temporanea e Assistenza), poi CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) e infi...
<span data-mce-type="bookmark" style="display: inline-block; width: 0px; overflow: hidden; line-height: 0;" class="mce_SELRES_start"></span> Musa Balde aveva 23 anni ed era nato in Guinea: la notte di sabato 22 maggio si è tolto la vita nel Centro di permanenza per i rimpatri (CPR) di Torino, dove da tempo era rinchiuso in isolamento sanitario. Lo scorso 9 maggio, a Ventimiglia, era stato aggredito da tre uomini. Lo hanno pestato con bastoni, calci e pugni all’uscita di un centro commerciale, accusandolo di un tentativo di furto di un telefonino. Musa era stato portato all'ospedale di Bordighera per le conseguenze delle botte che gli avevano procurato lesioni e trauma facciale. Ma Musa era anche, o forse soprattutto, un migrante senza documenti. Su di lui pendeva un provvedimento di espulsione. E per uno strano meccanismo questo suo status andava a cancellare la sua condizione di vittima. Una volta dimesso dall'osp...