razzismo
Deve esistere, da qualche parte, un manuale segreto di come non ci si comporta davanti a episodi di discriminazione, e nell’ambiente del calcio italiano devono averlo letto tutti. L’episodio di Francesco Acerbi e Juan Jesus è purtroppo solo l’ennesima conferma di un sistema che, nonostante i numerosi precedenti, sembra reagire ogni volta come se fosse la prima. Il razzismo nel calcio non riguarda solo l’Italia. La differenza però sta nella risposta La giornata di lunedì 18 marzo è stata esemplare, da questo punto di vista. Mentre la polemica attorno all’epiteto razzista che sarebbe stato rivolto dal difensore dell’Inter all’avversario brasiliano andava avanti dalla sera precedente, nella mattinata l’agente di Acerbi, Federico Pastorello, interveniva al TransferRoom Summit di Roma sostenendo che in realtà non c’era stato alcun insulto razzista, e che la vicenda era stata “riportata male”. Nel pri...
Come spesso è accaduto in questi anni, il naufragio di Cutro ha riacceso da un giorno all’altro i riflettori sulle stragi nel Mediterraneo, ma non sui contesti autoritari e repressivi dei paesi di transito o di partenza. Secondo la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, la soluzione sarebbe semplice: “Non dovevano partire”, hanno detto, senza prendere in considerazione che il viaggio in mare è solo l’ultimo di una lunga serie di rischi che le persone migranti corrono, buona parte dei quali prima di imbarcarsi. Le dichiarazioni del ministro Piantedosi alla stampa confermano la tendenza della politica italiana a riproporre una formula che ha già dimostrato i suoi limiti, e che si basa sullo stanziamento di più fondi destinati ai paesi di partenza in cambio di una politica di controllo delle frontiere più dura. A dimostrare perché questa ricetta non funziona è uno dei princip...
di Oiza Q. Obasuyi La narrazione adottata dalle principali fonti di informazione italiane quando si parla di immigrazione, persone di origine straniera e razzismo tende spesso a dividersi in due tipologie: la banalizzazione del razzismo sistemico da una parte, e dall'altra la criminalizzazione delle persone. Quest'ultima avviene attraverso parole d’ordine come "emergenza" e "sicurezza", che spesso emergono nelle testate giornalistiche mainstream, in particolare quando si parla di sbarchi o di aree urbane con maggior presenza di persone straniere. Tale modo di raccontare i fatti non solo ha un impatto reale sul pubblico, che a sua volta può adottare comportamenti ostili e discriminatori nei confronti di chiunque abbia un retroterra migratorio, ma è sintomo anche della mancanza di una pluralità di voci di varie origini all’interno sia dei media che delle redazioni italiane. Tra criminalizzazione ed emergenza Avere cura di come vengono...
Il conflitto degli ultimi giorni in Ucraina, la cui sovranità è ora ostaggio delle bombe russe, ha costretto centinaia di migliaia di persone a fuggire per cercare riparo nei paesi circostanti. Di fronte alla crisi umanitaria in corso ai suoi confini, l’Unione Europea si è detta pronta a dare una risposta comune, con una serie di azioni volte in primo luogo ad assicurare la sicurezza degli esuli. La prima prevede uno stanziamento a favore degli Stati europei limitrofi: Polonia, Ungheria, Slovacchia e Romania, verso cui sono diretti i profughi. Somme destinate a coprire aiuti umanitari verranno elargite anche all’Ucraina stessa per far fronte agli sfollati interni. Accanto ai contributi economici si discute dell’istituzione di una “piattaforma di solidarietà” europea, per coordinare le operazioni in collaborazione con le agenzie comunitarie, l’Agenzia europea per l’asilo e Frontex, che si occuperà di tutti g...
di Laetitia Leunkeu Gli europei di calcio sono stati, tra le altre cose, una fiera di simboli. Tra questi si è diffusa un’immagine che parla più delle parole che si vorrebbero forzare sulla pelle del suo soggetto: un bambino, nero, immortalato mentre in un momento di gioia sbandiera il tricolore per festeggiare insieme agli altri la vittoria sudata contro gli inglesi. Il suo corpo in breve diventa simbolo politico. Sui profili su cui gira la sua immagine si parla di prova di integrazione, di inclusione, di appartenenza. “Questa è l’Italia!” gridano. Paradossale l’uso strumentale di un bambino, che nel quadro in cui è ritratto e per come viene raccontata l’immagine appare come una anomalia, una irregolarità di un ordine costituito, un vessillo per rivendicare una famigerata normalità. Paradossale quanto esplicativo di una realtà piuttosto deludente. Sì l’Italia è questa. È quella tendenza al...