Equità

Sono trascorsi quasi dieci anni da quando circa 600 persone persero la vita in due naufragi, il 3 e l’11 Ottobre 2013 al largo di Lampedusa. In quello dell’11 persero la vita almeno 60 minori, tanto che venne definita “la strage dei bambini”. Dal 2016, il 3 ottobre è stata istituita Giornata della memoria e dell’accoglienza, a monito che tali tragedie non si ripetessero. Dal 2014, quasi oltre 26.000 persone sono scomparse nello stesso modo nel Mar Mediterraneo nel tentativo di raggiungere le coste europee, secondo i dati forniti dal progetto Missing Migrants dell’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni (OIM). via Missing Migrants Project L’ultima strage è avvenuta all’alba del 26 Febbraio: decine di corpi sono stati trascinati dalle onde del mare in tempesta sulla spiaggia di Steccato di Cutro, in Calabria, dopo il naufragio di un peschereccio partito da Smirne, in Turchia, con oltre 200 persone a bordo. Sono oltre 60 i morti...

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Come spesso è accaduto in questi anni, il naufragio di Cutro ha riacceso da un giorno all’altro i riflettori sulle stragi nel Mediterraneo, ma non sui contesti autoritari e repressivi dei paesi di transito o di partenza. Secondo la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, la soluzione sarebbe semplice: “Non dovevano partire”, hanno detto, senza prendere in considerazione che il viaggio in mare è solo l’ultimo di una lunga serie di rischi che le persone migranti corrono, buona parte dei quali prima di imbarcarsi. Le dichiarazioni del ministro Piantedosi alla stampa confermano la tendenza della politica italiana a riproporre una formula che ha già dimostrato i suoi limiti, e che si basa sullo stanziamento di più fondi destinati ai paesi di partenza in cambio di una politica di controllo delle frontiere più dura. A dimostrare perché questa ricetta non funziona è uno dei princip...

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Le recenti dimissioni del direttore esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri, rappresentano solo l'ultimo tassello di un mosaico di denunce, inchieste giornalistiche e indagini sull'operato dell'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, accusata di gravissime violazioni dei diritti umani. Il passo indietro del 54enne politico francese, a capo dell'agenzia dal 2015, sarebbe dovuto ai contenuti di un rapporto riservato dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). L'indagine, secondo quanto riferito da una fonte interna di Frontex, “individua precise responsabilità dell’agenzia e di Leggeri per alcuni respingimenti avvenuti in Grecia” e indica “un legame diretto fra la riunione in cui si dovevano decidere i provvedimenti disciplinari e le dimissioni di Leggeri”. Il direttore generale dell'OLAF, Ville Itälä, commentando l'inchiesta con alcuni eurodeputati, avrebbe definito Legge...

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di Andrea Braschayko Alcune settimane fa sono andato da mia nonna, che vive da sola – il resto della famiglia è in Ucraina – in una cittadina vicino Caserta. Come molte donne del suo paese arrivò in Italia rappresentando, con orgoglio e dignità, la povertà dei "selvaggi anni Novanta" post-sovietici che ha costretto una generazione di donne a una vita di caregiving e rimesse. Pur non imparando mai completamente la lingua, mia nonna si mescolò agiatamente tra il provincialismo italiano; qui gli anni Novanta erano, al contrario, ruggenti. Ne era un esempio stereotipato il marito casertano, dolcemente invecchiato a pane e berlusconismo. Per forza di cose abituatasi alle preferenze televisive dell’ormai defunto compagno, circa vent’anni dopo io e mia nonna ci ritroviamo a seguire i dibattiti sulla guerra in Ucraina su una delle reti più viste  in quella casa, e per lei principale fonte informativa dal 24 febbraio. Ero ovvi...

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Irina ha 35 anni ed è originaria di Kropyvnytsky, una cittadina dell’Ucraina centrale. Quindici anni fa, finito il percorso di studi, è arrivata in Italia, a Perugia, per raggiungere sua madre, che era già nel nostro paese dal 2000. «Mia mamma è venuta per bisogno, per lavorare, come hanno fatto tante altre donne ucraine. Da vent’anni assiste anziani e disabili, fa la badante, come dite voi - afferma -. Ha lavorato in tante famiglie, poi, quando ha potuto, ha fatto arrivare noi: prima mio fratello poi me». Un percorso del tutto simile a quello della famiglia del suo compagno, Oleksy. «Anche mia madre ha lasciato la nostra città, Starokostjantyniv, vent’anni fa, prima per lavorare come assistente familiare, poi come operatrice socio-sanitaria. Dopo qualche anno, quando si è stabilizzata, siamo arrivati noi con un ricongiungimento familiare. Ma oggi il nostro pensiero è più che mai in Ucraina». Irina e Ole...

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