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In seguito ai controlli eseguiti da Arpa Piemonte, che ha certificato il mancato rispetto dei limiti delle emissioni di Pfas nell’ambiente, la provincia di Alessandria ha mandato una doppia diffida a Syensqo – l’ex Solvay – imponendo il fermo delle produzioni per 30 giorni. La decisione è scattata dopo che nelle ultime settimane l’azienda è stata al centro di rilasci di schiume particolarmente gravi nel fiume Bormida e dopo indagini condotte già da anni sfociate in accuse per disastro ambientale colposo e che hanno portato a scoperte tutt’altro che rassicuranti, come il ritrovamento di Pfas nel sangue degli abitanti di Spinetta Marengo. «È tempo di una legge nazionale che vieti l’uso e la produzione di queste sostanze pericolose per tutelare l’ambiente e la salute dei cittadini», ha commentato Greenpeace Italia.
I Pfas sono un gruppo che raccoglie oltre 10.000 molecole sintetiche non presenti in natura, utilizzate in vari processi industriali per la fabbricazione di prodotti come le padelle antiaderenti o qualche imballaggio alimentare. Essendo molecole fortemente stabili, esse non vengono degradate brevemente nell’ambiente e sono state definite “inquinanti eterni”. L’esposizione ai Pfas è stata associata a problemi alla tiroide, diabete, danni al fegato e al sistema immunitario, cancro al rene e ai testicoli e ad impatti negativi sulla fertilità e da novembre 2023 le sostanze sono state riconosciute anche come cancerogene. I Pfas sono già stati rilevati in Veneto – dove la questione è così seria che anche l’Alto Commissariato dell’Onu spedì anni fa una delegazione – nelle acque potabili della Lombardia e del Piemonte.
Si tratta di sostanze certamente non estranee alla Solvey, visto che fin dal 2007 l’azienda è stata identificata come una delle principali fonti di inquinamento da Pfas nel bacino del fiume Po e recentemente – dopo un’autodenuncia – è stata classificata come il sito più inquinato in Europa. Nonostante il possibile impatto negativo dello stabilimento fosse stato ipotizzato già dagli anni Ottanta, ci sono voluti decenni per trovare le sostanze nel sangue dei cittadini e avviare decine di inchieste, tra cui quella sfociata nell’accusa di disastro ambientale colposo a due ex dirigenti Solvey: Stefano Bigini e Andrea Diotto. Inoltre, lo scorso agosto era persino scattato il sequestro preventivo delle due discariche di gessi del Gruppo chimico. Il blitz – il secondo dopo quello del 12 febbraio 2021, che sfociò in una vasta perquisizione per verificare lo sversamento delle sostanze inquinanti – è stato effettuato dai carabinieri del Noe su richiesta della Procura di Alessandria, autorizzata dal Gip, e ha portato al sequestro di alcune vasche perché, secondo gli inquirenti, sebbene non dovessero essere più operative sarebbero state riutilizzate.
Adesso invece, dopo i controlli di Arpa Piemonte che hanno certificato il mancato rispetto dei limiti di emissioni di Pfas nell’ambiente, la provincia di Alessandria ha mandato due nuove diffide, le quali impongono un periodo di stop di 30 giorni alle produzioni dell’azienda: la prima si riferisce alle sostanze scaricate nel fiume Bormida, mentre la seconda riguarda i valori elevati registrati nei suoli interni al polo chimico. Solvey non avrebbe così rispettato l’autorizzazione integrata ambientale, la quale si basa su prescrizioni necessarie a non compromettere irrimediabilmente il territorio dove risiede la comunità limitrofa allo stabilimento, ovvero il sobborgo alessandrino di Spinetta Marengo. Sulla notizia è intervenuto anche Giuseppe Ungherese – responsabile della Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia – che ha accolto con favore il provvedimento auspicando che sia solo il primo di una lunga serie: «Dopo anni di silenzi e inquinamento, finalmente gli enti pubblici adottano un primo provvedimento per tutelare l’ambiente e la salute umana dalla produzione di PFAS da parte di Solvay», ha commentato.
D’altra parte però, il provvedimento potrebbe essere arrivato troppo tardi: l’Arpa Piemonte ha consegnato solo il 5 giugno i dati raccolti il 20 maggio, vale a dire oltre due settimane dopo la rilevazione dei valori anomali dello scarico. «Il tempo fisiologico per elaborare i dati», secondo il Direttore generale Secondo Barbero.
[di Roberto Demaio]