- |
In tutte le regioni d’Italia in cui sono state effettuate rilevazioni per la ricerca di PFAS, sostanze perfluoroalchiliche prodotte dalle industrie e associate a numerose patologie, essi sono stati trovati. È quanto emerge dai risultati di un recente rapporto pubblicato da Greenpeace, dal titolo “La contaminazione da PFAS in Italia”, che ha registrato la presenza di PFAS nei corsi d’acqua di 16 Regioni italiane, tutte quelle in cui sono state svolte ricerche. L’inchiesta è stata effettuata utilizzando i dati ISPRA, il cui database ospita i risultati delle analisi effettuati dalle ARPA regionali e delle province autonome in Italia nel periodo compreso tra il 2019 e il 2022 sulla presenza di PFAS nei corpi idrici, ovvero fiumi, laghi e acque sotterranee. Secondo tali statistiche, la contaminazione da PFAS è presente nel 17% dei risultati ottenuti dai controlli.
La percentuale di valori positivi ai PFAS è diversa a seconda della regione oggetto di esame, nonché dell’accuratezza delle rilevazioni svolte dagli enti preposti. Nello specifico, le regioni che hanno fatto registrare la presenza più alta di analisi positive rispetto ai controlli effettuati sono la Basilicata (31%), il Veneto (30%) e la Liguria (30%). A sfondare il 10% sono poi Lombardia, Toscana, Lazio, Umbra, Abruzzo e Campania. In alcuni casi, invece, è mancato terreno fertile per sviluppare l’indagine: i dati ISPRA raccontano infatti che, dal 2017 fino al 2022, non vi è stato nessun controllo sui PFAS nei corpi idrici nelle regioni Puglia, Sardegna, Molise e Calabria. La regione in cui la situazione appare più critica è sicuramente il Veneto – colpita dal più grande scandalo sui PFAS degli ultimi anni -, in cui si trovano le più alte concentrazioni di PFOA, molecola che è stata certificata come “cancerogena per gli esseri umani, e PFOS. Uno scenario simile si staglia sul Piemonte, regione in cui sono state rinvenute concentrazioni elevate di PFOA e PFOS nei corpi idrici interessati dagli scarichi dell’azienda chimica Solvay (oggi Syensqo), sotto al cui polo produttivo è presente la falda acquifera più contaminata d’Europa da PFAS e che si trova attualmente alla sbarra davanti al Tribunale di Alessandria per disastro ambientale colposo. A seguire, destano allarme i risultati emersi in Lombardia, dell’Emilia-Romagna e del Lazio. Alla luce di quanto progressivamente si sta attestando sulla presenza dei PFAS, Greenpeace ha chiesto al governo di intervenire con una legge nazionale “che limiti l’uso e la produzione di queste pericolose sostanze”.
I Pfas sono un gruppo che raccoglie oltre 10.000 molecole sintetiche non presenti in natura, utilizzate in vari processi industriali per la fabbricazione di prodotti come le padelle antiaderenti o qualche imballaggio alimentare. Per quanto concerne il Veneto, solo un mese fa un nuovo studio aveva calcolato l’aumento della mortalità dal 1985 al 2018 all’interno dell’“area rossa”, ovvero la zona che comprende 30 comuni e le province di Vicenza, Padova e Verona, dove le sostanze Pfas hanno avvelenato centinaia di migliaia di persone. La ricerca – condotta da scienziati dell’Università degli studi di Padova, sottoposta a revisione paritaria e pubblicata sulla rivista scientifica Enviromental Health – ha attestato come a causa dei PFAS siano morte quasi 4mila persone, con la media di un decesso in più ogni tre giorni. Nel frattempo, si attende che arrivi a sentenza il processo penale istruito sullo scandalo PFAS che vede i dirigenti della Miteni di Trissino (Vicenza) e delle società a essa legate accusati a vario titolo di avvelenamento di acque, inquinamento ambientale, disastro innominato aggravato e bancarotta fraudolenta. Lo scorso 27 maggio, il Tar del Veneto ha sancito che anche il colosso giapponese Mitsubishi Corporation – che alla fine degli anni Ottanta costituì la Miteni, di cui ha detenuto nel corso degli anni tra il 49 e il 90% del capitale sociale – dovrà sobbarcarsi i costi per la bonifica dei veleni disseminati nei pressi dell’ex Miteni. Parallelamente, in Piemonte ha ufficialmente avuto inizio il processo davanti al Gup del Tribunale di Alessandria contro la Solvay, che nella città piemontese ha controllato il sito industriale che produce, tra le altre cose, le sostanze tossiche e persistenti PFAS. Lo scorso 6 maggio, all’udienza preliminare, oltre 250 parti civili si sono costituite davanti al giudice, incluse associazioni ambientaliste e istituzioni.
[di Stefano Baudino]