Deforestazione, inquinamento, traffico di rifiuti: i satelliti dell’Agenzia Spaziale Europea per scovare i crimini ambientali dallo spazio

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L’Esa ha dato il via a un progetto per la raccolta sistematica delle immagini satellitari e la prevenzione dei reati contro l’ambiente

«Siamo di fronte a una nuova ondata di crimini ambientali». Ne è convinto Lorenzo Colantoni, fotografo, giornalista e senior fellow dell’Istituto Affari Internazionali (Iai). Nei suoi anni di lavoro sul campo, Colantoni ha potuto toccare con mano l’effetto devastante delle attività umane sugli habitat naturali, dalla deforestazione in Amazzonia al mining illegale nei Paesi del sud-est asiatico. In queste settimane, lo Iai ha lanciato con l’Agenzia spaziale europea (Esa) il primo progetto di ricerca sull’uso delle immagini satellitari per contrastare i crimini ambientali a livello globale. L’obiettivo è comprendere quali usi si siano rivelati più efficaci e quali ostacoli di tipo non solo tecnico, ma anche politico, giuridico e sociale ha incontrato finora l’applicazione di questa tecnologia. «Vogliamo andare oltre il semplice monitoraggio ambientale e discutere di applicazioni delle immagini satellitari che ci aiutino a portare i colpevoli in tribunale», spiega Colantoni. Il progetto permette anche di valorizzare Copernicus, il programma di osservazione della Terra finanziato dall’Unione europea e che studia, tra le altre cose, i cambiamenti climatici.

Immagini dallo spazio e lavoro sul campo

Il progetto dell’Esa si divide in due fasi. La prima durerà all’incirca un anno e prevede la raccolta di casi studio a livello globale anche tramite missioni sul campo dei ricercatori IAI, fondamentali per comprendere le modalità d’uso, le metodologie criminali e il contesto politico, sociale e ambientale. La seconda fase, dalla durata di circa sei mesi, consisterà invece nell’analisi di tutti i dati e le informazioni raccolte. «Il satellite permette di fare cose che si facevano già prima ma in maniera più economica e più efficace», osserva Colantoni. Assieme alla raccolta di dati, l’Agenzia spaziale europea punta anche a organizzare momenti di incontro per rendere la lotta ai crimini ambientali un tema alla portata di tutti. Oggi, 11 giugno, e domani, 12 giugno, l’Esa e il Jrc – il centro di ricerca della Commissione europea – hanno organizzato un workshop a Roma dedicato ai reati ambientali. Uno dei temi di cui si è discusso è proprio il ruolo che possono giocare le nuove tecnologie, a partire dalle immagini satellitari, per contrastare il fenomeno.

La lotta alla deforestazione (e non solo)

Ci sono decine di esempi a cui potrà essere applicato il nuovo progetto di Esa e Iai. Si va dal Giappone, alle prese da anni con il problema dell’abbandono forestale, ai Paesi del sud-est asiatico, dove la crescente domanda di materiali critici ha portato all’espansione (in alcuni casi anche illegale) delle miniere. E ovviamente c’è l’Europa, dove – rivela Colantoni – «ci sono aree marine protette dove si pesca anche di più che in quelle non protette». Uno dei principali campi di applicazione delle immagini satellitari resta però la lotta alla deforestazione. «Spesso la scomparsa delle foreste non avviene da 0 a 100 nel giro di un giorno. È un processo – spiega il ricercatore – che va avanti per gradi: si inizia con il degrado forestale, poi con l’apertura delle prime infrastrutture e poi con l’incendio o il taglio che distruggono definitivamente tutto». Lorenzo Colantoni lo ha visto con i propri occhi durante un recente viaggio in Indonesia, uno dei Paesi dove la produzione di olio di palma ha portato alla distruzione di intere foreste. L’impiego di immagini satellitari permette di monitorare l’evoluzione della situazione e avvertire le autorità locali, così da intervenire prima che il problema diventi troppo grande.

Gli scambi tra Ue e sud-est asiatico

Una recente testimonianza sui crimini ambientali, che chiama in causa (anche) l’Unione europea, viene da un report a cui ha lavorato proprio Colantoni, insieme al collega ricercatore Alessio Sangiorgio. Il documento si intitola Crimini ambientali tra l’Ue e il sud-est asiatico e ripercorre gli scambi commerciali, sia legali che illegali, tra i due mercati. Negli ultimi anni, scrivono gli autori, la collaborazione tra Bruxelles e i Paesi dell’Asean (Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico) si è intensificata, in particolare per quanto riguarda alcuni settori chiave della transizione ecologica. A questo consolidamento dei legami commerciali si è affiancata anche una crescita delle attività illegali, «in particolare quelle che danneggiano l’ambiente». Tra gli esempi citati dal report c’è l’esportazione di olio di palma verso l’Unione europea, in buona parte associato anche a pratiche di deforestazione, ma anche l’importazione illegale di rifiuti provenienti dai Paesi Ue.

La stretta europea e il problema dell’enforcement

Secondo le stime della Commissione europea, i crimini ambientali sono in aumento del 5-7% a livello mondiale e rappresentano ormai la quarta attività criminale più grande al mondo, nonché una delle principali fonti di reddito per la criminalità organizzata. Ed è proprio per far fronte alla crescita di questo fenomeno che negli ultimi anni Bruxelles ha messo a punto una serie di provvedimenti tesi a contrastare i reati contro l’ambiente. Nel 2023, per esempio, è stato approvato lo EUDR, il regolamento pionieristico sulle catene di approvvigionamento attraverso cui l’Ue punta a combattere la deforestazione e la perdita di biodiversità. Il provvedimento richiede alle imprese che esportano o immettono sul mercato europeo olio di palma, bovini, soia, caffè, cacao, legno, gomma, mobili o cioccolato di dimostrare che tali prodotti non contribuiscono alla deforestazione.

A febbraio del 2024, poi, il Parlamento europeo ha approvato la nuova direttiva sui crimini ambientali, che aumenta pene detentive e sanzioni pecuniarie per i trasgressori. Provvedimenti come quelli appena descritti hanno un obiettivo senz’altro ambizioso. Farli rispettare, però, non è una passeggiata. «Tante politiche europee ora hanno bisogno di una forte attenzione all’enforcement. Ultimamente il Green Deal ha tirato fuori alcuni provvedimenti che non sono facili da implementare», spiega Colantoni. Le attività tese ad assicurare il rispetto delle norme sono affidate alle forze di polizia, che però «hanno a disposizione mezzi limitati e un personale non abbastanza specializzato». A dare una mano potrebbero essere proprio iniziative come quella lanciata da Esa e Iai, che punta su un uso più capillare ed efficiente delle immagini satellitari per mappare e contrastare un fenomeno in costante crescita.

In copertina: Immagini multispettrali dall’Amazzonia ecuadoriana (credits ©ESA)

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