Imballaggi, raggiunta l’intesa sul nuovo regolamento Ue. L’Italia spera ancora in una modifica ma è un miraggio

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Il ministro Pichetto annuncia che «il negoziato è ancora in corso», ma la strada per il governo italiano è tutta in salita. Ecco cosa prevede il nuovo regolamento

È stata trovata un’intesa in Europa sulla contestata proposta di regolamento sul packaging e sui rifiuti da imballaggio (Ppwr). Ieri, 4 marzo, Consiglio Ue e Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio sul provvedimento, che mira a ridurre i rifiuti da imballaggio e renderli più sostenibili. La versione finale del regolamento lascia il governo italiano soddisfatto solo a metà. «Come Italia, siamo riusciti ad attenuare l’obbligo di ricorrere al riuso quando non sussistono delle vere motivazioni ambientali», ha commentato il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto. Allo stesso tempo, il titolare del Mase sostiene che «il negoziato è ancora in corso» e, in attesa del testo definitivo, «il governo italiano continua a portare avanti con forza» la propria posizione. L’accordo raggiunto ieri a Bruxelles tra Parlamento e Consiglio rappresenta di fatto solo un passaggio politico. Ma «è abbastanza raro», spiega a Open un funzionario Ue, «che un accordo provvisorio venga sconfessato nei passaggi successivi».

Cosa prevede il regolamento

Il regolamento discusso ieri dalle istituzioni europee chiede agli Stati membri di ridurre i rifiuti da imballaggio del 5% entro il 2030, del 10% entro il 2035 e del 15% entro il 2040. Dal 1° gennaio 2030, inoltre, saranno vietati in tutta l’Unione europea alcuni formati di imballaggi realizzati in plastica monouso. Qualche esempio? Quelli per frutta e verdura fresca, gli imballaggi per alimenti e bevande consumati in bar e ristoranti, alcune monoporzioni di salse e condimenti oppure i prodotti in miniatura per le toilette degli alberghi. Ci sono però alcune deroghe, chieste dall’Italia e incluse nel testo finale: questi divieti, infatti, non valgono per gli imballaggi realizzati in plastica compostabile e per gli imballaggi compositi. Dal 2030 saranno messe al bando anche le borse in plastica ultraleggere (quelle sotto i 15 micron), che potranno essere utilizzate solo per motivi igienici o come imballaggio primario degli alimenti sfusi.

Il nuovo regolamento prevede inoltre che, entro il 2029, gli Stati membri garantiscano la raccolta differenziata di almeno il 90% delle bottiglie di plastica monouso e dei contenitori per bevande in metallo. Per questi imballaggi, i Paesi dovranno istituire i cosiddetti sistemi di deposito cauzionale (Deposit Return System). Quando il consumatore comprerà una bevanda, dovrà paghare (oltre al prezzo di vendita del prodotto) una piccola cauzione, che gli sarà interamente restituita quando rende la bottiglia vuota in un apposito centro di raccolta. Questo meccanismo è già realtà in alcuni Paesi europei, mentre altri – come Italia e Spagna – dovranno darsi da fare per colmare il ritardo. Per evitare di dover introdurre un sistema di deposito, gli Stati membri dovranno dimostrare di aver raggiunto un tasso di raccolta differenziata superiore all’80% entro il 2026.

Tra le principali novità del provvedimento c’è anche l’obbligo per bar e ristoranti di offrire ai clienti la possibilità di portare con sé i propri contenitori da riempire con bevande o cibi pronti, senza alcun costo aggiuntivo. Lo stesso vale per il consumo dell’acqua del rubinetto, che dovrà essere incentivato dagli Stati membri in tutti i bar, ristoranti e mense.

La battaglia dell’Italia per cambiare il regolamento in extremis

La versione del provvedimento uscita dal Parlamento europeo aveva accolto alcune deroghe chieste, quasi all’unanimità, dagli europarlamentari italiani. Una su tutte: la possibilità di evitare i target sul riutilizzo per tutti gli operatori in grado di dimostrare che «almeno l’85 % in peso dei rifiuti di imballaggio che immettono sul mercato destinati al consumo immediato è raccolto separatamente per il riciclaggio presso il punto di vendita». Nel testo su cui ieri Parlamento e Consiglio Ue hanno trovato l’intesa, di questa deroga è rimasto ben poco. Ed è anche per questo motivo che lo scorso dicembre l’Italia era stato l’unico dei 27 Paesi Ue a votare contro l’adozione del mandato negoziale del Consiglio. Le dichiarazioni rilasciate ieri da Pichetto sembrano lasciar intendere che il governo abbia tutta l’intenzione di provare a inserire alcune modifiche in extremis. Un’impresa che si preannuncia tutt’altro che scontata, soprattutto ora che le istituzioni europee hanno trovato l’intesa sul testo finale del provvedimento. Nelle prossime settimane, il regolamento dovrà essere sottoposto al Coreper e alla commissione ambiente del Parlamento europeo. Dopodiché, salvo incursioni dell’ultimo minuto da parte del governo italiano, andrà adottato formalmente da entrambe le istituzioni.

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