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- Dal 6 all’8 settembre 2024 in Russia si voterà per rinnovare, tra i vari organi, venti governatori regionali, la Duma di Mosca e i sindaci di due città.
- A San Pietroburgo ha provato a candidarsi alla carica di governatrice una pensionata di 83 anni, sopravvissuta all’assedio di Leningrado.
- Nonostante l’età, Lyudmila Vasileva è un’agguerrita attivista, e continua a protestare apertamente nonostante la feroce repressione.
Lyudmila Vasileva ha 83 anni. È sopravvissuta all’assedio di Leningrado nella Seconda guerra mondiale. E dal 24 febbraio 2022 non ha mai smesso di protestare pubblicamente contro la guerra in Ucraina. Per le sue manifestazioni pacifiste è stata detenuta tre volte ma poi sempre rilasciata. E adesso che la Russia si prepara a tornare alle urne (a inizio settembre si eleggeranno i governatori regionali) Lyudmila Vasileva ha deciso di candidarsi alla carica di governatrice di San Pietroburgo, sfidando la repressione del Cremlino e il candidato filo-governativo Aleksandr Beglov. Con lo slogan “San Pietroburgo città della pace”.
Il grido di pace di Lyudmila Vasileva
“Lo urlo da due anni e continuerò a urlarlo finché ce ne sarà bisogno: no alla guerra!”. Lyudmila Vasileva è la classica “babushka” (nonna) russa senza peli sulla lingua, dai modi inizialmente ruvidi che si ingentiliscono col passare dei minuti. In video collegamento da San Pietroburgo racconta a LifeGate perché ha deciso di candidarsi. “Ho visto cosa succede agli altri candidati non allineati al Cremlino: qualcuno viene bollato come agente straniero e quindi tagliato fuori, qualcun altro viene direttamente imprigionato — dice —. E visto che io sono una veterana di San Pietroburgo, una sopravvissuta all’assedio di Leningrado, spero che mi riservino un trattamento diverso”. In Russia, infatti, la gente nutre ancora molto rispetto per i veterani del secondo conflitto mondiale, soprattutto per coloro che hanno vissuto l’assedio, e qualsiasi rappresaglia contro di lei potrebbe generare un forte scontento.
Lyudmila Vasileva è nata due mesi prima dell’inizio della Grande guerra patriottica, così come i russi si riferiscono alla Seconda guerra mondiale (che per loro è iniziata nel 1941, ndr). Non ha ricordi del lunghissimo assedio di Leningrado (1941-1944) con il quale le forze armate di Hitler cercarono di conquistare l’attuale San Pietroburgo, causando la morte di oltre 750mila persone. Ma sa cosa sono la fame e la guerra. Per questo oggi si batte con tutte le sue forze per mettere fine al conflitto in Ucraina.
Più di una volta è scesa in strada alzando cartelli pacifisti, e finora lo status di “blokadnitsa”, così come vengono chiamati coloro che hanno resistito all’assedio di Leningrado, l’ha sempre “tutelata” dalla repressione delle forze dell’ordine. Racconta che una volta, dopo l’ennesimo arresto, i poliziotti si sono addirittura presentati a casa sua per chiederle scusa. Li ha fatti entrare e hanno bevuto insieme il caffè.
“Di cosa dovrei avere paura? Forse sono loro che hanno paura di me, che hanno paura di toccarmi. Perché io dico le cose a voce alta. E severamente!”, dice, lasciandosi andare a una risata.
Quella di Lyudmila è un’impresa titanica: insieme alla sua squadra (una trentina di persone, più un gruppo di volontari) avrebbe dovuto raccogliere in appena due settimane 76mila firme dei residenti di San Pietroburgo e ottenere il sostegno dei deputati comunali in 84 circoscrizioni su 111. Praticamente una missione impossibile. Infatti, la sua partita si è chiusa domenica 30 giugno con appena 5.500 firme. “Però ho avuto il sostegno di Ekaterina Duntsova e Boris Nadezhdin: sono venuti a trovarmi e anche loro hanno firmato per me”, dice sbattendo le palpebre truccate d’azzurro. E gli occhi le si illuminano. Duntsova e Nadezhdin sono i candidati pacifisti che avevano provato a sfidare Putin alle presidenziali di marzo 2024, ma che erano stati esclusi all’inizio della competizione. Per sostenere Nadezhdin migliaia di persone si erano messe in coda, nonostante il freddo, e quelle immagini avevano fatto il giro del mondo. “Anche da noi si sono formate delle code, certo non così lunghe come quelle di Nadezhdin, ma bisogna capire che San Pietroburgo è una città più piccola”.
La sua storia
Ultima di cinque fratelli, Lyudmila ha iniziato a lavorare da giovanissima in una centrale radiofonica e dopo la laurea è stata assunta all’Istituto Krylov (oggi Centro di ricerca statale), un istituto specializzato in ricerca marittima e navale. Oggi Lyudmila ha un figlio che vive all’estero e tanti amici che la vanno a trovare quasi ogni giorno. Si alza tutte le mattine presto, fa ginnastica, dà da mangiare ai suoi due gatti e poi esce. Prima dell’invasione andava spesso a teatro. Adesso, invece, da quando i registi e gli attori indipendenti sono finiti tutti in esilio, preferisce guardare YouTube: almeno lì la censura per ora non arriva.
Il suo impegno in politica non è del tutto nuovo: nel 1997 aveva partecipato alle prime elezioni comunali di San Pietroburgo. E alla fine degli anni ’90 aveva sostenuto il politico Egor Gaidar, unendosi al partito “Scelta democratica della Russia”. “All’epoca avevamo un manifesto che diceva: ‘Chi parla molto, fa poco’. Oggi invece il mio slogan è: ‘San Pietroburgo città della pace’”, dice Lyudmila.
A LifeGate racconta di aver ricevuto il sostegno di moltissimi giovani, oltre all’appoggio di tutta l’associazione “Figli della guerra”, composta da persone ormai anziane che hanno vissuto il dramma della Seconda guerra mondiale. “Sono venute a trovarmi e abbiamo brindato insieme alla pace. E abbiamo urlato ‘no alla guerra’. Ma lo abbiamo urlato proprio forte eh!”, dice Lyudmila.
Tra i punti principali del suo programma, oltre alla riconciliazione del suo Paese con l’Ucraina e il resto del mondo, Lyudmila dice di voler migliorare la vita degli abitanti di San Pietroburgo. “Ovvero facendo rispettare i diritti umani, permettendo alla gente di respirare un’aria pulita, e quindi intervenendo sulle problematiche ambientali. E poi bisogna migliorare e sviluppare il trasporto pubblico, creare spazi di dialogo con la gente, per chiedere loro che cosa sognano, cosa vogliono — dice —. Adesso la gente ha paura, non si espone. Una donna è venuta da noi per mettere la firma a mio sostegno ed è scoppiata a piangere. Ci ha ringraziato perché stiamo dando una speranza. Poi si è presentato un ragazzo: ci ha regalato un disegno, fatto da lui, con scritto ‘grazie perché state lottando per il mio futuro’. Oggi in Russia manca la libertà. La gente è terrorizzata, non solo a San Pietroburgo, ma in tutto il Paese”.
Le difficoltà di candidarsi a un’elezione in Russia
Ma cosa significa organizzare una raccolta firme per candidarsi oggi in Russia? “Innanzitutto per noi è stato molto difficile trovare una sede: abbiamo ricevuto più di venti rifiuti — racconta —. Poi le autorità hanno proibito alla stampa locale di darci spazio. A parte qualche rara eccezione, nessuno parla di noi, la gente guarda la televisione e viene messa al corrente solo della candidatura del mio concorrente, Aleksandr Beglov. È difficile che la nostra voce venga ascoltata”.
Dell’opposizione russa in esilio dice di avere impressioni tutto sommato positive. “Mi sembra che Yulia Navalnaya (la vedova dell’oppositore russo Aleksej Navalnyj, ucciso in carcere all’inizio del 2024) stia facendo un buon lavoro, ad esempio incontrando i leader dei Paesi occidentali per difendere gli interessi dei russi, anche di coloro che si trovano all’estero. Dobbiamo capire che la gente come lei non ha lasciato il nostro Paese di sua spontanea volontà: sono stati costretti a farlo. Hanno mandato via le persone migliori”.
A voler essere realisti, le possibilità che il nome di Lyudmila Vasileva venisse inserito nelle liste elettorali erano pressoché nulle. Il regolamento rende praticamente impossibile ai candidati indipendenti partecipare alle elezioni. “Ma noi continueremo a fare quello che stiamo facendo adesso: batterci per la fine della guerra. Credo che come prima cosa il nostro governo dovrebbe chiedere scusa e ritirarsi dall’Ucraina. E con il cessate il fuoco, avviare delle trattative. Questa guerra finirà quando una sola persona, quella stessa persona che l’ha iniziata, si metterà ad ascoltare il suo popolo. E il popolo non vuole la guerra. Bisogna dire alla gente all’estero che qui nessuno vuole la guerra. La nostra città, San Pietroburgo, è stata costruita dagli europei, dagli italiani, il nostro sangue si è mescolato con il vostro. Noi siamo europei e abbiamo valori europei. E continueremo a urlare che è ora di smetterla. Chissà che ci sentano tutti”.