Dopo un anno di tentativi l’Italia non sa ancora come liberarsi del granchio blu

Lindipendente

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Martedì 6 agosto il Governo Meloni ha nominato Enrico Caterino, ex prefetto di Rovigo e Ravenna, come commissario straordinario per affrontare l’emergenza legata alla proliferazione del granchio blu nelle acque italiane. Questa decisione risponde alle crescenti preoccupazioni riguardanti il grave impatto economico ed ecologico causato dalla diffusione di questa specie invasiva, in particolare nel Mar Adriatico. Secondo il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, il granchio blu sta minacciando non solo diverse attività economiche, ma anche l’intero ecosistema marino.

L’invasione del granchio blu (chiamato così per via del colore del suo carapace), noto scientificamente come Callinectes sapidus, ha iniziato a destare allarme dal 2020, nonostante nelle nostre acque se ne siano avvistati esemplari già dalla metà degli anni ‘90. Originario delle coste occidentali del continente americano, il granchio blu è arrivato nel Mar Mediterraneo tramite le “zavorre” delle navi transatlantiche, che catturano e utilizzano l’acqua marina – inglobando, nel riempimento, animali e vegetali di ogni tipo – per stabilizzare lo scafo, rilasciandola poi nei porti di attracco. Questo sversamento, che ha probabilmente immesso nei nostri mari gli esemplari di granchio blu, ha permesso al crostaceo di proliferare rapidamente grazie alle condizioni climatiche favorevoli e all’assenza di predatori naturali.

Ma perché il granchio blu rappresenta una minaccia significativa per i pescatori e per l’ecosistema marino italiano?

Principalmente per due motivi: le sue potenti chele sono in grado di tagliare le reti da pesca, creando problemi ai pescatori; si nutre di piccoli pesci e, soprattutto, di cozze e vongole, di cui riesce a frantumare i gusci. Gli allevamenti di questi molluschi sono fondamentali per l’economia di molte zone lagunari italiane, in particolare in Veneto – dove il valore della produzione della pesca e della acquacoltura nel 2022 si è aggirato attorno ai 193 milioni di euro – e in Emilia-Romagna.

Negli anni, per arginare l’invasione, sono stati fatti diversi tentativi . Il Governo ha per esempio incoraggiato gli italiani al consumo del granchio blu, seguendo l’esempio degli Stati Uniti, dove viene comunemente cucinato al vapore o bollito. Sono state posizionate nasse per la cattura, e la Regione Veneto ha autorizzato l’uso di strumenti di pesca più aggressivi. Tuttavia, questi sforzi non sono stati sufficienti. La commercializzazione della specie non è decollata e smaltire le carcasse dei granchi non vendibili comporta costi elevati, rendendo la pesca poco redditizia.

Secondo le ultime direttive, il nuovo commissario, in carica fino al 31 dicembre 2026, avrà a disposizione ulteriori 10 milioni di euro, oltre ai 10 milioni già stanziati dallo Stato a inizio anno per rimborsare le spese sostenute nel 2023 dai pescatori. Questi fondi serviranno per sviluppare e implementare un piano di contenimento. Tuttavia, non è semplice stabilire le modalità di intervento. Gli studi scientifici sulla proliferazione del granchio blu nelle lagune sono iniziati da troppo poco tempo, ed è ancora (probabilmente) presto per sperare in risposte concrete.

[di Gloria Ferrari]

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