Come sono falliti i piani di Putin per ricattare l’Europa sulle forniture di gas e come prepararci al prossimo inverno

ValigiaBlu

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Il round-up settimanale sulla crisi climatica e i dati sui livelli di anidride carbonica nell'atmosfera.

Quando la scorsa estate i prezzi del gas schizzavano incontrollati ogni giorno sui mercati europei, i prezzi delle bollette salivano alle stelle e le difficoltà di approvvigionamento facevano presagire un inverno al freddo, l’Europa sembrava a un passo dalla catastrofe

Perché i prezzi dell’energia in tutto il mondo stanno salendo alle stelle

Erano questi i toni dei principali leader europei. Il ministro dell'economia tedesco, Robert Habeck, metteva in guardia da chiusure industriali “catastrofiche”, catene di approvvigionamento prossime a interrompersi e disoccupazione di massa. Il presidente della Francia, Emmanuel Macron, esortava i cittadini ad abbassare i riscaldamenti. Mentre l'ex presidente russo Dmitry Medvedev, prevedeva un inverno rigido per l’Europa: “Il freddo arriverà presto. Gli europei congeleranno nelle loro case”, affermava lo scorso giugno.

E invece è andata meglio di quanto si potesse immaginare. Gli scenari peggiori non si sono concretizzati. L'Unione Europea è riuscita finora a superare la crisi energetica provocata dall'invasione russa dell'Ucraina e sarà in grado di gestire l'inverno anche se la Russia dovesse interrompere bruscamente tutti i flussi di gas grazie a forniture alternative e anche a un inverno mite. Ma questo non significa che la situazione critica sia definitivamente alle spalle, spiega il think tank Bruegel. Anzi è necessario prepararsi sin da ora per il prossimo inverno e riempire gli impianti di stoccaggio al 90% entro l’1 ottobre 2023, consci che i prossimi due anni l’Europa camminerà sul filo del rasoio, in assenza di un allontanamento strutturale dal gas. La sicurezza energetica, prosegue il think tank, passa per un continuo allontanamento strutturale dal gas e una rapida implementazione di energie rinnovabili, efficienza energetica, pompe di calore e collaborazione con l'industria per accelerare l'adozione di nuovi metodi di produzione a basse emissioni di carbonio.

Come l’Europa è riuscita a superare l’inverno

Nuovi fornitori, nuove infrastrutture per il gas naturale liquefatto (GNL), sostegno a vicenda in caso di mancanza di gas nei diversi paesi e politiche di risparmio energetico. In questo modo, si legge in un’analisi del Guardian, il blocco dei 27 Stati europei è riuscito a sostituire circa l'80% del gas naturale che era solito attingere tramite i gasdotti russi e a ovviare alla progressiva riduzione di fornitura di gas dalla Russia.

"Lo scorso autunno ho temuto che alcuni governi europei avrebbero reagito alla crisi dando priorità alle proprie forniture energetiche e smettendo di condividerle con i vicini, il che sarebbe stato economicamente e politicamente devastante", spiega Simone Tagliapietra, esperto di energia presso il think tank Bruegel di Bruxelles. “Ma l'Europa è riuscita a evitare la tentazione del protezionismo e a mantenere intatto il suo mercato interno”.

È stato questo il caso, ad esempio, dei Paesi Bassi, il più grande produttore di gas naturale dell'UE, che si sono affidati al gas russo per il 15-20% delle loro forniture, dopo aver chiuso l'enorme giacimento di Groningen, raddoppiando al tempo stesso la loro capacità di importazione di GNL con unità di stoccaggio e rigassificazione a Rotterdam e Eemshaven. Le capacità extra sono state utilizzate per soddisfare la domanda interna, ridotta a sua volta del 22% rispetto alle medie degli anni precedenti - e per fornire il gas in eccesso alla Repubblica Ceca, alla Germania e alla Francia. Come per gli altri paesi, i prezzi dell'energia al consumo sono aumentati, ma sono stati sovvenzionati e limitati.

Secondo le stime di Bruegel, nel corso dell'intero 2022, la domanda di gas nell'Unione Europea è stata inferiore del 12% rispetto alla media del periodo 2019-2021. La Germania, tra le più dipendenti del gas russo, lo scorso anno è riuscita a consumare il 14% di gas in meno rispetto alla media tra il 2018 e il 2021. A febbraio i serbatoi di gas saranno pieni all'80%, rispetto al 36% dell'anno scorso. E le ripercussioni sull'industria tedesca non sono state catastrofiche come temeva Habeck. 

I paesi nordici sono riusciti a ridurre il consumo di gas in misura ancora maggiore: la Danimarca ha ridotto la domanda totale - per la produzione di energia, l'industria e il riscaldamento domestico - del 24%, la Svezia del 36% e la Finlandia di ben il 47% (sebbene il gas naturale rappresenti solo il 5% del fabbisogno energetico complessivo).

E infine c’è stato l’impegno nel risparmio energetico anche da parte di quei paesi all’inizio più riluttanti, come la Spagna che ha accettato una riduzione del 7-8% del consumo di gas, dopo aver sostenuto che l'obiettivo comune del 15% non era equo nei confronti di chi non dipendeva dal gas russo. A luglio, il governo di coalizione a guida socialista ha annunciato una serie di misure volte a ridurre il consumo energetico del paese e l'uso di petrolio e gas russo. 

La Francia è riuscita a superare un momento di crisi quando, da maggio a ottobre, circa la metà dei suoi 56 reattori è rimasta inattiva a causa di lavori di riparazione, trasformando il paese più grande esportatore di elettricità d'Europa in un importatore netto. Quando i funzionari francesi si erano preparati ormai al piano d’emergenza in caso di interruzioni di corrente a dicembre, la situazione si è stabilizzata. A metà gennaio, il 73% della flotta nucleare francese era di nuovo in funzione, aiutando la Francia a riconquistare il suo posto di primo esportatore di elettricità dell'UE.

Quando le centrali nucleari hanno avuto difficoltà, le fonti rinnovabili sono venute in soccorso. In particolare, la Svezia, con un mix energetico a lungo dominato dal nucleare e dall'idroelettrico, è diventata il più grande esportatore di energia elettrica in Europa nel 2022, vendendo il 20% della sua produzione all'estero, in parte grazie alla rapida crescita dell'eolico onshore, scrive il Guardian. I piani di espansione della produzione di energia rinnovabile sono stati radicalmente accelerati dalla crisi energetica in tutti e tre i Paesi nordici, con l'energia eolica e solare terrestre che dovrebbe più che raddoppiare entro il 2030 e l'eolico destinato a diventare la fonte energetica dominante.

Il contesto economico scandinavo non è estendibile a tutta l’Europa. Sono tanti i paesi (inclusa l’Italia) che hanno preferito la strada di fornitori alternativi di gas e della riapertura di centrali a carbone. La Polonia, ad esempio, che si affida ancora al carbone per gran parte del suo fabbisogno di riscaldamento, ha introdotto una franchigia per il carbone e congelato i prezzi dell'elettricità per le singole famiglie e le imprese. 

Come prepararci al prossimo inverno

Tuttavia, la strada non è ancora in discesa. Supponendo che la Russia continui a erogare gas anche il prossimo anno, seppur limitatamente come adesso, e che le condizioni meteorologiche siano quelle stagionali, l’UE è chiamata a ridurre del 13% la domanda di gas entro l’1 ottobre 2023, oltre il limite attuale del 31 marzo, spiega Simone Tagliapietra in un dettagliato thread su Twitter che sintetizza gli aspetti principali dello studio di Bruegel.

“Due variabili determineranno la facilità con cui l'obiettivo potrà essere essere raggiunto”, osserva Tagliapietra: 1) L'offerta di Gas Naturale Liquefatto e 2) La natura delle riduzioni della domanda.

Per quanto riguarda il GNL, i piani per un rapido dispiegamento di unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione (FSRU) alleggeriranno le preoccupazioni sulla capacità dell'infrastruttura di importazione di GNL. Tuttavia, l'UE continuerà a competere a livello internazionale per i carichi di GNL e rimarrà vulnerabile alle dinamiche globali. Da questo punto di vista, la crescita economica in Cina potrebbe restringere i mercati.

Il modo in cui verrà ridotta la domanda di gas, poi, determinerà le ricadute economiche. Finora, le forti riduzioni della domanda di gas industriale non sono state accompagnate da drastici cali della produzione industriale, suggerendo buone opzioni di sostituzione.

Tuttavia, l'anno scorso nel settore dell'energia elettrica è stato risparmiato pochissimo gas, a causa della debole produzione nucleare e idroelettrica. Il ritorno della produzione nucleare francese potrebbe avere un impatto positivo. 

Infine, le famiglie hanno ridotto la domanda di gas, in parte in conseguenza di temperature più alte rispetto alla norma. Nel 2022 è stato registrato un numero record di pompe di calore, il che suggerisce l'inizio di un abbandono strutturale della domanda di gas per il riscaldamento. 

Il piano dell’Agenzia Internazionale per l’Energia per tagliare le importazioni di gas dalla Russia

E la politica, conclude Tagliapietra, dovrebbe sostenere proprio questo allontanamento strutturale dal gas. Ciò implica consentire una rapida implementazione di energie rinnovabili, efficienza energetica, pompe di calore e collaborazione con l'industria per accelerare l'adozione di nuovi metodi di produzione a basse emissioni di carbonio.

Che cos’è il Green Deal Industrial Plan presentato dall’Unione Europea in risposta al piano per la transizione energetica degli Stati Uniti

La Commissione Europea ha presentato l’1 febbraio il Green Deal Industrial Plan, una serie di proposte e iniziative a sostegno e protezione dell'industria verde dell’Unione Europea. Si tratta, di fatto, di una risposta all'Inflation Reduction Act (IRA) degli Stati Uniti e ai programmi multimilionari per la transizione energetica della Cina. Il nuovo piano punta a semplificare le norme sugli aiuti di Stato per l'introduzione di energie rinnovabili e per la decarbonizzazione dei processi industriali. “Sappiamo che nei prossimi anni si deciderà la forma dell'economia, l'economia a emissioni zero, e la sua collocazione. E noi vogliamo essere una parte importante di questa industria di cui abbiamo bisogno a livello globale”, ha detto la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Ma il piano non ha riscosso il consenso di tutti gli Stati membri, dei partiti e del settore industriale.

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Che cos’è il Green Deal Industrial Plan presentato dall’Unione Europea in risposta al piano per la transizione energetica degli Stati Uniti

Pensare una transizione ecologica con più trasporto pubblico, meno auto e minori attività estrattive

Uno degli aspetti più critici della transizione energetica e dell’elettrificazione del nostro sistema energetico è la domanda di metalli, come il litio, e l’estrazione di minerali con importanti impatti sociali e ambientali. Proiettando al 2050 la domanda odierna di veicoli elettrici, il solo mercato statunitense avrebbe bisogno del triplo della quantità di litio attualmente estratta per l’intero mercato globale. Un rapporto pubblicato su Climate and Community Project mostra come è possibile immaginare una transizione energetica che limiti al tempo stesso la quantità di litio da estrarre, riducendo la dipendenza dalle auto, diminuendo le dimensioni delle batterie dei veicoli elettrici, massimizzando il riciclo del litio e ripensando il sistema dei trasporti delle nostre città.

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Raggiungere le emissioni zero con più trasporto pubblico, meno auto e minori attività estrattive

L'amministrazione Biden vieta l'attività estrattiva nella regione delle Boundary Waters in Minnesota

Con un'importante vittoria per i gruppi ambientalisti, l'amministrazione Biden ha imposto una moratoria di 20 anni sulle nuove attività estrattive in un’area di oltre 100.000 ettari per proteggere le Boundary Waters del Minnesota. La decisione potrebbe bloccare definitivamente il progetto di una miniera di rame-nichel presentata dalla Twin Metals.

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L’amministrazione Biden vieta l’attività estrattiva nella regione delle Boundary Waters in Minnesota

 

L'India prevede investimenti per 4,3 miliardi di dollari nell'energia pulita

Il governo indiano ha annunciato l'impegno a investire 4,3 miliardi di dollari per la transizione energetica del paese e per il suo obiettivo di emissioni zero nette entro il 2070. L’obiettivo dell'India è diventare leader nella produzione di idrogeno verde e sviluppare progetti solari nella regione del Ladakh, sull'Himalaya. Tuttavia, un'analisi più approfondita del bilancio rivela che circa la stessa cifra è stata stanziata per sostenere l'industria petrolifera, sollevando il timore che la maggior parte della cosiddetta promessa di "transizione" possa in realtà essere spesa per sostenere il settore dei combustibili fossili in India.

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L’India prevede investimenti per 4,3 miliardi di dollari nell’energia pulita

 

Il cambiamento climatico potrebbe rendere alcune zone del Libano "troppo calde" per la produzione di olio d'oliva

Secondo una nuova ricerca pubblicata su Nature Plants, gli ulivi del Libano, storicamente rinomati per l'olio di alta qualità, sono minacciati dal cambiamento climatico. L'aumento delle temperature avrà “effetti nocivi” sulla crescita degli ulivi libanesi e sulla produzione di olio d'oliva entro la metà del secolo, soprattutto nelle regioni meridionali del paese che diventeranno “troppo calde” per una fioritura e una fruttificazione ottimali. Lo studio mette in guardia anche sugli impatti dell’aumento delle temperature sulla produzione di olio di oliva in tutta la regione mediterranea.

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Il cambiamento climatico potrebbe rendere alcune zone del Libano “troppo calde” per la produzione di olio d’oliva

 

L'attività umana e la siccità hanno degradato più di un terzo della Foresta Amazzonica

Secondo uno studio pubblicato su Science, incendi, conversione a uso agricolo dei terreni, disboscamento e carenza d'acqua hanno indebolito 2,5 milioni di chilometri quadrati di foreste. “Anche in uno scenario ottimistico, quando non ci sarà più deforestazione, gli effetti del cambiamento climatico vedranno il degrado della foresta continuare, portando a ulteriori emissioni di carbonio”, ha commentato il dottor David Lapola, principale autore della ricerca. 

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L’attività umana e la siccità hanno degradato più di un terzo della Foresta Amazzonica

Siccità: le analisi satellitari rivelano il calo delle acque sotterranee in tutta l'Europa Centrale

I dati satellitari analizzati dall'Istituto di Geodesia dell’Università della Tecnologia di Graz mostrano come dal 2018 stiano calando le acque sotterranee in tutta l’Europa centrale a causa della siccità. Gli effetti sono stati evidenti la scorsa estate: non solo numerose specie acquatiche hanno perso il loro habitat e i terreni secchi hanno causato molti problemi all'agricoltura, ma si è aggravata anche la carenza di energia in Europa.

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Siccità: le analisi satellitari rivelano il calo delle acque sotterranee in tutta l’Europa Centrale

Immagine in anteprima: Audriusa (Audrius Meskauskas), CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

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