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Il lago Bianco è un bacino naturale, a 2.652 metri di altezza, situato nel Parco nazionale dello Stelvio e all’interno della Riserva naturale statale Tresero-Dosso del Vallon. Già negli anni ’90 il corpo idrico era finito nel mirino dei progetti per l’innevamento artificiale. Anche allora era stato dato il via libera alla posa di diversi chilometri di tubature, ma poi i lavori si sono fermati. Nel 2016 la Società Santa Caterina Impianti, che già prelevava l’acqua dai torrenti Gavia, Frodolfo e Alpe, ha però ufficialmente ottenuto i permessi per estrarre anche da lago Bianco. Così, tre anni fa, il Comune di Bormio ha concesso l’autorizzazione definitiva necessaria per ultimare l’opera di posa dei tubi iniziata il secolo scorso. Oggi, il paesaggio del lago Bianco è già deturpato da un’enorme cratere e varie trivelle. A meno di particolari ostacoli, presto verrà quindi pompata l’acqua nel cieco tentativo di assicurare la stagione ad un settore comunque destinato ad avere vita breve.
Le troppe contraddizioni non sono però passate inosservate, tant’è che diverse associazioni ambientaliste e la società civile si sono da subito opposte alle opere. Nel 2020, è stato creato il comitato Salviamo il lago Bianco, il quale ora – insieme al CAI Lombardia, l’associazione Mountain Wilderness Italia, il Comitato civico Ambiente di Merate e il Comitato Attuare la Costituzione – ha presentato una diffida ufficiale alle istituzioni. Con 46 pagine di documento – indirizzate ai Comuni di Valfurva e Bormio, al Parco dello Stelvio, alla Provincia di Sondrio, alla Regione Lombardia e al ministero dell’Ambiente – chiedono lo stop immediato dei lavori alla luce di diversi illeciti ambientali, amministrativi e procedurali nella realizzazione dell’opera. Ad esempio, a detta delle associazioni, il cantiere si sarebbe esteso su superfici più grandi rispetto a quelle programmate e i lavori non avrebbero ricevuto una valutazione di incidenza.
La strada intrapresa, in sostanza, punta a mitigare un’emergenza a tratti irreversibile con una falsa soluzione altamente impattante in termini di consumi idrici ed energetici. E, tra l’altro, dalla dubbia efficacia: ormai d’inverno, spesso, fa troppo caldo anche per la neve artificiale. Nel caso del lago Bianco c’è poi l’ulteriore aggravante della deturpazione di ecosistemi preziosi e protetti. In generale – come ha sottolineato lo scorso inverno Marco Bussone, Presidente dell’Unione nazionale comuni enti montani – «è necessario aprire una riflessione sul futuro dello sci e in particolare dell’innevamento artificiale alla luce dei cambiamenti climatici dobbiamo capire con scienziati ed esperti di climatologia quanto ha senso investire risorse economiche, statali e regionali, in innevamento artificiale o in nuovi impianti di risalita sotto certe quote altimetriche, in certe valli». Difatti, la domanda da porsi in queste circostanze dovrebbe essere soltanto una: la neve artificiale può essere una risposta che vale più di una toppa? Ovviamente no. Se da un lato è incontrovertibile che la mancanza di neve stia causando danni diretti al settore del turismo invernale, dall’altro, è altrettanto vero che tamponare l’emergenza non fa altro che generare ulteriori impatti e rappresenta esclusivamente uno spreco di risorse.
[di Simone Valeri]