Perché il Kazakistan ha scelto di puntare sul nucleare proprio adesso

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Il Kazakistan, in epoca sovietica martoriato dai testi atomici, ha scelto con un referendum di affidarsi al nucleare. Non convince però l’esito del voto

Il Kazakistan ha deciso di costruire una centrale nucleare. Il 6 ottobre 2024 i cittadini sono stati chiamati a esprimersi tramite un referendum, dove ha prevalso il sì con il 71,12 per cento dei voti. L’impianto dovrebbe sorgere nei prossimi anni sulla sponda meridionale del lago Balkash, nella regione sudorientale del Paese. Il progetto però ha sollevato delle critiche, non solo per i rischi legati alla costruzione di una centrale nucleare, ma anche per le modalità con cui è stata gestita la campagna informativa prima del voto in questo Paese già in passato martoriato dai test nucleari sovietici.

I test nucleari sovietici in Kazakistan

Il 29 agosto 1949 è una data nera nella storia del Paese. Quel giorno, in risposta alla nuova e distruttiva arma sganciata nel 1945 dagli Stati uniti su Hiroshima e Nagasaki, l’Unione Sovietica testò la prima bomba atomica sovietica proprio tra le steppe del Kazakistan. Da allora quella terra è stata martoriata da centinaia di esplosioni nucleari: in quarant’anni, nella località di Semipalantinsk, oggi Semej, ad appena 70 chilometri da un centro abitato, l’Unione Sovietica condusse più di 450 test nucleari.

Gli esperimenti andarono avanti per decenni nel silenzio più assoluto. La gente iniziò ad ammalarsi di cancro, le donne a partorire bambini con gravi deformazioni e ai medici non fu permesso di diffondere le loro diagnosi. Fu solo con l’ultimo presidente dell’Unione Sovietica, Mikhail Gorbachev, padre della perestrojka e della glasnost, che iniziarono a trapelare le prime informazioni su quanto stava accadendo.

Il poligono nucleare di Semipalatinsk fu chiuso il 29 agosto 1989. Per questo ogni anno, il 29 agosto, si celebra la Giornata internazionale contro gli esperimenti nucleari voluta dalle Nazioni Unite.

Perché il Kazakistan ora vuole il nucleare

Il Kazakistan è uno dei maggiori produttori di uranio: contribuisce a circa il 40 per cento della produzione mondiale e nel 2021 ne ha estratte 22.800 tonnellate, consolidando la sua leadership nel mercato. 

Attualmente tutto l’uranio estratto viene esportato all’estero, principalmente in Cina, Francia, Russia e Canada. Ma essendo seduto su una miniera d’oro, il Kazakistan vede nello sviluppo di una centrale nucleare un investimento per il futuro, oltre che un modo per ridurre la sua dipendenza dai combustibili fossili.

Oggi infatti il 70 per cento della produzione elettrica del Paese è alimentato dal carbone. 

Il Kazakistan è tra i primi dieci paesi al mondo per riserve di carbone e l’anno scorso ne ha prodotte più di 112 milioni di tonnellate (l’1 per cento in meno rispetto al 2022). Ma oltre a essere altamente inquinante, il carbone non è comunque sufficiente per far fronte al fabbisogno interno di elettricità. Il Kazakistan soffre infatti di frequenti interruzioni della corrente, e le sue centrali non sono in grado di sopperire a questa mancanza. 

Da qui la necessità di individuare fonti alternative di energia, un obiettivo che il Kazakistan si è prefissato di raggiungere entro il 2050 per sostituire almeno la metà delle sue attuali fonti di energia.

Con il referendum del 6 ottobre, la popolazione ha scelto di affidarsi al nucleare. Ma molti esperti si dicono scettici in merito alla reale affidabilità del risultato del voto.

Un referendum sul nucleare dall’esito poco convincente

Il Kazakistan è un Paese dove l’indipendenza della stampa e la libertà di espressione sono fortemente limitate. L’organizzazione non governativa internazionale Freedom House lo ha classificato come un Paese “non libero” e Human Rights Watch scrive che in Kazakistan “la libertà di parola e il diritto alla protesta pacifica sono soppressi”.

In questo contesto, la campagna informativa prima del voto è stata dominata quasi esclusivamente dai vantaggi derivanti dalla costruzione di una centrale nucleare, il cui costo è stimato attorno ai 10-12 miliardi di dollari. “I giornalisti che prima del voto hanno cercato di condurre dei sondaggi indipendenti sono stati zittiti e multati — ha commentato il politologo kazako Dosym Satpaev —. Non ci sono reali indicatori che ci permettano di capire davvero qual è l’opinione della popolazione in merito alla costruzione di una centrale nucleare. Vediamo solo le cifre ufficiali. Ma potrebbero non essere veritiere”.

Oltre a ciò, gli osservatori hanno segnalato delle irregolarità in alcuni dei diecimila seggi allestiti per il referendum, e due giorni prima del voto le autorità hanno arrestato almeno 26 attivisti che manifestavano la propria contrarietà al progetto. 

I rischi ambientali 

Il progetto, poi, suscita delle perplessità anche per le possibili conseguenze ambientali: la futura centrale nascerà infatti sulle sponde del lago Balkash, il lago più esteso di tutta l’Asia centrale che si sta pericolosamente ritirando. L’attività dell’uomo legata all’irrigazione intensiva dei campi unita ai cambiamenti climatici sta pesantemente riducendo l’apporto di acqua, mettendo a rischio fra le varie cose anche la sussistenza dei tre milioni di abitanti della zona che vivono prevalentemente di pesca. Si stima che nel 2030 il Balkash potrebbe soffrire una carenza di acqua pari a circa 2 miliardi di metri cubi. 

La costruzione di una centrale nucleare e la conseguente necessità di utilizzare l’acqua del lago per il raffreddamento dei reattori potrebbero gravare sull’ecosistema del Balkash, tra l’altro già provato dall’inquinamento delle attività industriali, agricole e minerarie. 

Inoltre, secondo alcuni esperti preoccupano il rischio di corruzione legato a un progetto di questa portata, le carenze normative che comprometterebbero la sicurezza dell’impianto, l’eccessivo debito estero che il Kazakistan potrebbe contrarre e la dipendenza da altri Paesi per la gestione delle infrastrutture.

Chi si contende il progetto

Il presidente del Kazakistan Kassym-Jomart Tokayev ha definito la centrale il “più grande progetto della storia del Kazakistan indipendente”, e ha aggiunto che della costruzione se ne occuperà “un consorzio internazionale composto da aziende globali dotate di tecnologie all’avanguardia”.

In realtà in lizza per la costruzione ci sono già Russia, Cina, Francia e Corea del Sud. E c’è chi è pronto a scommettere che alla fine i lavori verranno affidati al colosso russo dell’energia Rosatom, che tra l’altro controlla ancora adesso un’ampia quota delle riserve di uranio del Kazakistan. 

Se così fosse, la costruzione della nuova centrale nucleare potrebbe ampliare ulteriormente l’influenza di Mosca sul Kazakistan, offrendo al Cremlino nuove risorse economiche che, in teoria, potrebbero essere utilizzate anche per finanziare la guerra in Ucraina.

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